Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
Nella sua straordinaria e misteriosa memoria, Antonello Garau, disoccupato di 36 anni, tiene “schedate” migliaia di date di nascita, numeri di telefono e targhe di automobili. Succede ad Olbia mentre in America la Nasa studia il cervello di Kim Peek, il genio autistico ispiratore del film “Rain Man” interpretato da Dustin Hoffman. Forse, anche Antonello è affetto dalla cosiddetta “sindrome del saggio”, una disfunzione neurologica rarissima che colpisce le persone affette da autismo. Sicuramente rappresenta un puzzle scientifico anche perché, con il passare degli anni, questo suo “talento” si è ulteriormente sviluppato. Antonello vive a casa dei genitori, non è sposato e non ha un lavoro. In compenso conosce una quantità incredibile di persone. Al primo incontro pone sempre la stessa, fatidica domanda: “Dimmi la tua data di nascita”; una volta ottenuta l’informazione, possono anche passare dieci anni, ma Garau non la dimentica più.E, visto che i compleanni vanno festeggiati, lui si presenta al mattino presto, per porgere personalmente gli auguri ai suoi innumerevoli conoscenti. Di regola, il goloso Antonello viene accolto con una ricca colazione che ama consumare nei bar di Olbia, insieme agli strabiliati ospiti del suo cervello-archivio-banca dati. Questo comprende anche targhe di macchine e numeri telefonici, immagazzinati e ricordati con un sorprendente automatismo da Antonello Garau. Il “Rain Man” di Olbia ama passeggiare con i giornali sotto il braccio. Lo fermano spesso per chiedergli: “Dimmi quando è nato Tizio” o “Dammi il cellulare di Caio”. Antonello si concentra per qualche secondo e non sbaglia mai la risposta che arriva sempre accompagnata da un sorriso e da una dolcissima spiegazione dell’inspiegabile: “Il mio è un dono di natura”.
lunedì, maggio 14, 2007
giovedì, maggio 10, 2007
I cappellini della Regina tra i cavalli al Derby e i cowboys ripuliti alla Casa Bianca
Testo e foto di Giacomo Bondi da Washington per Mara Malda
www.marellagiovannelli.com
Uno dei pochi sogni mai realizzati della Regina Elisabetta era di partecipare al Kentucky Derby, la corsa di cavalli purosangue più importante e celebrata in America.
La scorsa settimana, con la motivazione ufficiale di visitare Jamestown, la prima colonia Britannica in America, in occasione del quattrocentesimo anniversario della sua fondazione, il sogno si è finalmente avverato.
Dopo aver sfoggiato la prima mezza dozzina di cappellini variopinti e farciti di fiori e nastrini durante i festeggiamenti organizzati a Jamestown e Richmond, capitale della Virginia, finalmente sabato pomeriggio la Regina ed il Principe Filippo sono arrivati all'ippodromo di Churchill Downs a Louisville, Kentucky, per gustarsi il Derby.
Poiché ogni medaglia ha il suo rovescio, Elisabetta e Filippo hanno però dovuto sorbirsi, lunedì sera, alla Casa Bianca, la cena di stato di George Bush. Hanno quindi trascorso la serata tra chiassosi venditori di automobili e cowboys texani ripuliti alla meglio per l'occasione.
E’ questa, infatti, la categoria di persone, habituées della residenza Presidenziale, con le quali George e Laura Bush si sentono maggiormente a loro agio.
La Regina, portando alla cena un entourage, non di Lords e dignitari, ma di segretarie e dame di compagnia (non chiassose), ha dato dimostrazione di grande savoir faire facendosi accompagnare da un seguito adeguato ai signori Bush ed ai loro ospiti.
Avendo esaurito il repertorio di cappellini la coppia è finalmente ritornata nell’amata Londra.
www.marellagiovannelli.com
Uno dei pochi sogni mai realizzati della Regina Elisabetta era di partecipare al Kentucky Derby, la corsa di cavalli purosangue più importante e celebrata in America.
La scorsa settimana, con la motivazione ufficiale di visitare Jamestown, la prima colonia Britannica in America, in occasione del quattrocentesimo anniversario della sua fondazione, il sogno si è finalmente avverato.
Dopo aver sfoggiato la prima mezza dozzina di cappellini variopinti e farciti di fiori e nastrini durante i festeggiamenti organizzati a Jamestown e Richmond, capitale della Virginia, finalmente sabato pomeriggio la Regina ed il Principe Filippo sono arrivati all'ippodromo di Churchill Downs a Louisville, Kentucky, per gustarsi il Derby.
Poiché ogni medaglia ha il suo rovescio, Elisabetta e Filippo hanno però dovuto sorbirsi, lunedì sera, alla Casa Bianca, la cena di stato di George Bush. Hanno quindi trascorso la serata tra chiassosi venditori di automobili e cowboys texani ripuliti alla meglio per l'occasione.
E’ questa, infatti, la categoria di persone, habituées della residenza Presidenziale, con le quali George e Laura Bush si sentono maggiormente a loro agio.
La Regina, portando alla cena un entourage, non di Lords e dignitari, ma di segretarie e dame di compagnia (non chiassose), ha dato dimostrazione di grande savoir faire facendosi accompagnare da un seguito adeguato ai signori Bush ed ai loro ospiti.
Avendo esaurito il repertorio di cappellini la coppia è finalmente ritornata nell’amata Londra.
I cappellini della Regina tra i cavalli al Derby e i cowboys ripuliti alla Casa Bianca
Testo e foto di Giacomo Bondi da Washington per Mara Malda www.marellagiovannelli.com
Uno dei pochi sogni mai realizzati della Regina Elisabetta era di partecipare al Kentucky Derby, la corsa di cavalli purosangue più importante e celebrata in America.
La scorsa settimana, con la motivazione ufficiale di visitare Jamestown, la prima colonia Britannica in America, in occasione del quattrocentesimo anniversario della sua fondazione, il sogno si è finalmente avverato.
Dopo aver sfoggiato la prima mezza dozzina di cappellini variopinti e farciti di fiori e nastrini durante i festeggiamenti organizzati a Jamestown e Richmond, capitale della Virginia, finalmente sabato pomeriggio la Regina ed il Principe Filippo sono arrivati all'ippodromo di Churchill Downs a Louisville, Kentucky, per gustarsi il Derby.
Poiché ogni medaglia ha il suo rovescio, Elisabetta e Filippo hanno però dovuto sorbirsi, lunedì sera, alla Casa Bianca, la cena di stato di George Bush. Hanno quindi trascorso la serata tra chiassosi venditori di automobili e cowboys texani ripuliti alla meglio per l'occasione.
E’ questa, infatti, la categoria di persone, habituées della residenza Presidenziale, con le quali George e Laura Bush si sentono maggiormente a loro agio.
La Regina, portando alla cena un entourage, non di Lords e dignitari, ma di segretarie e dame di compagnia (non chiassose), ha dato dimostrazione di grande savoir faire facendosi accompagnare da un seguito adeguato ai signori Bush ed ai loro ospiti.
Avendo esaurito il repertorio di cappellini la coppia è finalmente ritornata nell’amata Londra.
Uno dei pochi sogni mai realizzati della Regina Elisabetta era di partecipare al Kentucky Derby, la corsa di cavalli purosangue più importante e celebrata in America.
La scorsa settimana, con la motivazione ufficiale di visitare Jamestown, la prima colonia Britannica in America, in occasione del quattrocentesimo anniversario della sua fondazione, il sogno si è finalmente avverato.
Dopo aver sfoggiato la prima mezza dozzina di cappellini variopinti e farciti di fiori e nastrini durante i festeggiamenti organizzati a Jamestown e Richmond, capitale della Virginia, finalmente sabato pomeriggio la Regina ed il Principe Filippo sono arrivati all'ippodromo di Churchill Downs a Louisville, Kentucky, per gustarsi il Derby.
Poiché ogni medaglia ha il suo rovescio, Elisabetta e Filippo hanno però dovuto sorbirsi, lunedì sera, alla Casa Bianca, la cena di stato di George Bush. Hanno quindi trascorso la serata tra chiassosi venditori di automobili e cowboys texani ripuliti alla meglio per l'occasione.
E’ questa, infatti, la categoria di persone, habituées della residenza Presidenziale, con le quali George e Laura Bush si sentono maggiormente a loro agio.
La Regina, portando alla cena un entourage, non di Lords e dignitari, ma di segretarie e dame di compagnia (non chiassose), ha dato dimostrazione di grande savoir faire facendosi accompagnare da un seguito adeguato ai signori Bush ed ai loro ospiti.
Avendo esaurito il repertorio di cappellini la coppia è finalmente ritornata nell’amata Londra.
mercoledì, maggio 09, 2007
Il richiamo della tradizione nella Festa di una chiesetta affacciata su due mari
Foto e testo di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com
Un richiamo irresistibile, che sembra tramandarsi di generazione in generazione, è quello della Festa alla chiesetta di Nostra Signora del Monte, affacciata su due mari, in cima ad una cresta isolata e panoramica.
Anche quest’anno, il Comitato organizzatore ha coinvolto le vicine comunità di Marinella, Rudalza, Porto Rotondo, Olbia e Golfo Aranci, facendo rivivere, nelle giornate del 5 e 6 maggio, una tradizione antica e molto sentita.
Le celebrazioni sacre si sono alternate ai momenti di aggregazione e convivialità nello spirito tipico delle sagre campestri. Oggi come ieri, le stesse famiglie si ritrovano sotto le stesse cumbessias, strutture caratteristiche dei santuari campestri sardi.
Infatti, ogni nucleo familiare, ha il suo vano chiuso, “ereditato” dagli avi. Ai forestieri e agli ospiti, curiosi e piacevolmente stupiti, vengono offerte specialità casalinghe preparate sul posto o tirate fuori dai grandi cesti portati da casa.
La disposizione planimetrica delle cumbessias, legate alla tradizione delle feste lunghe come i “novenari”, richiama sorprendentemente i recinti sacri della cultura nuragica dell’età del ferro.
Mentre assaggiamo uno squisito formaggio di capra (ricetta segreta e non reperibile sul mercato), un gruppo di giovani rudalzini segue la cottura del maialino sullo sfondo di Capo Figari. La stessa cosa, fatta a suo tempo, dai loro padri, dai nonni e dai bisnonni che raggiungevano la chiesetta con il carro a buoi.
Sono decisamente cambiati i tempi, i mezzi di trasporto, l’abbigliamento dei partecipanti ma, l’atmosfera è sempre quella: si respira devozione popolare e senso innato di ospitalità, attitudine particolare per la musica e il ballo, orgoglio della propria identità e delle proprie radici.
Parliamo con gli anziani presenti alla festa; per loro è un appuntamento sacro ed irrinunciabile. Precisano che “dal 1798 i rudalzini, per le loro pratiche di pietà, si recavano alla chiesetta della Madonna del Monte, fatta edificare come ex-voto dal comandante di un veliero scampato ad un naufragio nel Golfo di Marinella” e proseguono nel loro racconto:
“Questa chiesetta era per noi un punto di ritrovo molto importante. Ci si andava con i carri a buoi o a piedi per la novena di maggio. Trascorrevamo lì, tra le cumbessias, la chiesetta e il grande esterno dalla vista mozzafiato, nove giorni e nove notti.
Ci portavamo dietro i materassi, le coperte e le cose più belle del corredo, oltre al vino di proprietà e al cibo, per il nostro uso e da offrire. A quei tempi, ogni famiglia aveva la sua vigna e produceva il suo vino; una volta alla settimana, a turno, le famiglie ammazzavano una bestia e dividevano la carne.
C'era una grande cultura del pane e della pasta che si preparavano in tutti i modi e in tutte le occasioni. Specialità del posto erano la zuppa gallurese, la cacciagione cucinata in vari modi e tantissimi tipi di dolci, anche molto fantasiosi e decorati. In occasione della Festa, per il pranzo nelle cumbessias alla Madonna del Monte, si portavano le cose più buone e, anche oggi, si è mantenuta questa tradizione”.
Un richiamo irresistibile, che sembra tramandarsi di generazione in generazione, è quello della Festa alla chiesetta di Nostra Signora del Monte, affacciata su due mari, in cima ad una cresta isolata e panoramica.
Anche quest’anno, il Comitato organizzatore ha coinvolto le vicine comunità di Marinella, Rudalza, Porto Rotondo, Olbia e Golfo Aranci, facendo rivivere, nelle giornate del 5 e 6 maggio, una tradizione antica e molto sentita.
Le celebrazioni sacre si sono alternate ai momenti di aggregazione e convivialità nello spirito tipico delle sagre campestri. Oggi come ieri, le stesse famiglie si ritrovano sotto le stesse cumbessias, strutture caratteristiche dei santuari campestri sardi.
Infatti, ogni nucleo familiare, ha il suo vano chiuso, “ereditato” dagli avi. Ai forestieri e agli ospiti, curiosi e piacevolmente stupiti, vengono offerte specialità casalinghe preparate sul posto o tirate fuori dai grandi cesti portati da casa.
La disposizione planimetrica delle cumbessias, legate alla tradizione delle feste lunghe come i “novenari”, richiama sorprendentemente i recinti sacri della cultura nuragica dell’età del ferro.
Mentre assaggiamo uno squisito formaggio di capra (ricetta segreta e non reperibile sul mercato), un gruppo di giovani rudalzini segue la cottura del maialino sullo sfondo di Capo Figari. La stessa cosa, fatta a suo tempo, dai loro padri, dai nonni e dai bisnonni che raggiungevano la chiesetta con il carro a buoi.
Sono decisamente cambiati i tempi, i mezzi di trasporto, l’abbigliamento dei partecipanti ma, l’atmosfera è sempre quella: si respira devozione popolare e senso innato di ospitalità, attitudine particolare per la musica e il ballo, orgoglio della propria identità e delle proprie radici.
Parliamo con gli anziani presenti alla festa; per loro è un appuntamento sacro ed irrinunciabile. Precisano che “dal 1798 i rudalzini, per le loro pratiche di pietà, si recavano alla chiesetta della Madonna del Monte, fatta edificare come ex-voto dal comandante di un veliero scampato ad un naufragio nel Golfo di Marinella” e proseguono nel loro racconto:
“Questa chiesetta era per noi un punto di ritrovo molto importante. Ci si andava con i carri a buoi o a piedi per la novena di maggio. Trascorrevamo lì, tra le cumbessias, la chiesetta e il grande esterno dalla vista mozzafiato, nove giorni e nove notti.
Ci portavamo dietro i materassi, le coperte e le cose più belle del corredo, oltre al vino di proprietà e al cibo, per il nostro uso e da offrire. A quei tempi, ogni famiglia aveva la sua vigna e produceva il suo vino; una volta alla settimana, a turno, le famiglie ammazzavano una bestia e dividevano la carne.
C'era una grande cultura del pane e della pasta che si preparavano in tutti i modi e in tutte le occasioni. Specialità del posto erano la zuppa gallurese, la cacciagione cucinata in vari modi e tantissimi tipi di dolci, anche molto fantasiosi e decorati. In occasione della Festa, per il pranzo nelle cumbessias alla Madonna del Monte, si portavano le cose più buone e, anche oggi, si è mantenuta questa tradizione”.
martedì, maggio 01, 2007
Cibi estremi: stranezze & schifezze fanno audience alla BBC
Testo di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
Specializzato in “cibi estremi”, Stefan Gates è un gastronauta inglese, documentarista della BBC e food writer non convenzionale.Dotato di uno stomaco di ferro e di una curiosità voracemente onnivora, Gates gira il mondo con spirito pionieristico. La sua missione-passione lo ha portato in Cina, India, Afghanistan e Corea del Sud. In questi paesi ha sperimentato alimenti fuori dall’ordinario e le sue innumerevoli esperienze gli hanno consentito di promuovere al rango di delikatessen, bestiole, insetti e una varietà di organi compreso il pene dello yak. Nel sito www.thegastronaut.com, Stefan Gates, autore del programma televisivo “Cooking in the Danger Zone”, racconta le sue avventure culinarie tutte documentate da foto e filmati. Da vero gourmet del (dis)gusto, l’eccentrico Gastronauta riesce a mangiare stranezze & schifezze che lui non esita a definire “trascendentali, paradisiache, straordinarie”. I testicoli di maiale al vago sapore di muschio hanno suscitato grande entusiasmo in Stefan Gates, estimatore anche di vermi giganti, scorpioni, larve di bachi da seta, vesciche di carpa, mosche, formiche, rane essiccate gobba di cammello fritta e stufato di cane. I reportages gastronomici di Gates, con ricette incluse, dalle zone di crisi del mondo sono “il piatto forte” della BBC che, ad ogni puntata-pugno nello stomaco, tiene incollati davanti alla TV milioni di inglesi. Il documentario sui costumi alimentari della Sud Corea ha suscitato anche un mare di proteste da parte degli animalisti. Non è piaciuta l’abitudine dei consumatori coreani di prendere le uova dall’interno della gallina senza aspettare la covata e nemmeno quella di cucinare cani allevati e macellati in fattorie a loro riservate. Stefan Gates non ha certo contribuito a calmare gli animi, aggiungendo che la crema di olio di cane è ottima per la pelle mentre il pene di cane alle spezie è una vera squisitezza dal sapore molto delicato.
Specializzato in “cibi estremi”, Stefan Gates è un gastronauta inglese, documentarista della BBC e food writer non convenzionale.Dotato di uno stomaco di ferro e di una curiosità voracemente onnivora, Gates gira il mondo con spirito pionieristico. La sua missione-passione lo ha portato in Cina, India, Afghanistan e Corea del Sud. In questi paesi ha sperimentato alimenti fuori dall’ordinario e le sue innumerevoli esperienze gli hanno consentito di promuovere al rango di delikatessen, bestiole, insetti e una varietà di organi compreso il pene dello yak. Nel sito www.thegastronaut.com, Stefan Gates, autore del programma televisivo “Cooking in the Danger Zone”, racconta le sue avventure culinarie tutte documentate da foto e filmati. Da vero gourmet del (dis)gusto, l’eccentrico Gastronauta riesce a mangiare stranezze & schifezze che lui non esita a definire “trascendentali, paradisiache, straordinarie”. I testicoli di maiale al vago sapore di muschio hanno suscitato grande entusiasmo in Stefan Gates, estimatore anche di vermi giganti, scorpioni, larve di bachi da seta, vesciche di carpa, mosche, formiche, rane essiccate gobba di cammello fritta e stufato di cane. I reportages gastronomici di Gates, con ricette incluse, dalle zone di crisi del mondo sono “il piatto forte” della BBC che, ad ogni puntata-pugno nello stomaco, tiene incollati davanti alla TV milioni di inglesi. Il documentario sui costumi alimentari della Sud Corea ha suscitato anche un mare di proteste da parte degli animalisti. Non è piaciuta l’abitudine dei consumatori coreani di prendere le uova dall’interno della gallina senza aspettare la covata e nemmeno quella di cucinare cani allevati e macellati in fattorie a loro riservate. Stefan Gates non ha certo contribuito a calmare gli animi, aggiungendo che la crema di olio di cane è ottima per la pelle mentre il pene di cane alle spezie è una vera squisitezza dal sapore molto delicato.