Porto Rotondo delle mie brame
di Marella Giovannelli
Porto Rotondo tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta faceva gola a personaggi bene inseriti nella ragnatela vischiosa formata da interessi mafiosi e camorristici, trame occulte, speculazioni protette dalla P2 e dai servizi segreti deviati. Divenne un punto d’incontro per tanti ambigui trafficanti, finanzieri, faccendieri ed aspiranti tali. Il giudice istruttore Otello Lupacchini, a suo tempo, ha riaperto il fascicolo sulle vacanze estive di Roberto Calvi e le sue frequentazioni a Porto Rotondo nel 1981. Solo in parte sono stati chiariti i misteri degli incontri, delle alleanze e delle strategie criminali in vacanza nell’esclusivo villaggio turistico. Molti dei residenti e degli operatori di Porto Rotondo ricordano fatti e curiosità legati a quelle presenze, allora molto poco inquietanti. Ci hanno anche permesso di ritrovarne le tracce, senza voler entrare nella ingarbugliata matassa dei relativi casi giudiziari. Dalla fine degli anni Sessanta, proprietario di gran parte dei terreni di Porto Rotondo era il finanziere italo-svizzero Ravello legato all’imprenditore di Torralba Flavio Carboni e a Domenico Balducci, uomo di fiducia di Pippo Calò, in stretto contatto con il piduista Francesco Pazienza, faccendiere in odore di servizi segreti. Florent Lay Ravello, fiutati i tempi bui, si dileguò e vendette la sua splendida villa alla fine degli anni Settanta. Nel 1978 era sbarcato a Porto Rotondo il costruttore siciliano Luigi Faldetta; al suo seguito, gran parte delle maestranze edili e due inseparabili amici. Uno era Domenico Balducci, l’altro un signore distinto che sembrava un generale in pensione. Si presentava come l’antiquario Mario Agliarolo ed era un ottimo cliente dei ristoranti e dei locali notturni oltre che delle varie agenzie e centri servizi. Pagava solo in contanti e solo anni dopo si è saputo il suo vero nome: Pippo Calò, cassiere di Cosa Nostra. I siciliani, con la loro impresa il cui nome era “Mediterranea” costruirono un residence composto da quattro blocchi di villette a Punta Ira sulla spiaggia preferita dai Furstenberg, dagli Swarovski e dai proprietari dei pneumatici Michelin. Ma Pippo Calò e soci avevano messo le mani anche sull’esclusiva Punta Volpe. Fra le ville di importanti industriali italiani e stranieri e quelle di cantanti e attori famosi, si fecero costruire le residenze estive le famiglie Calò, Balducci e Cercola. In questi ultimi anni le loro proprietà sono state vendute, sempre con molta discrezione, vista la complessità e delicatezza di simili transazioni immobiliari.
Nel 1979 l’impresa “Mediterranea”, amministratore Luigi Faldetta, acquistò da una società toscana rustici e licenze del villaggio di Punta Volpe. Intanto, un punto d’incontro importante per il clan e i vari amici, era diventato Villa Monastero che ha avuto poi , tra i suoi proprietari il costruttore Cabassi, il commercialista di tangentisti di rango Pompeo Locatelli e Paolo Berlusconi che ha ribattezzato la villa “Dolce Drago”. Nell’assoluta privacy del Monastero sul mare di Punta Lada, si incontrarono nel 1981 Roberto Calvi e Flavio Carboni. Secondo i giudici romani che indagano sulle molteplici attività criminose della Banda della Magliana, la villa era frequentata anche da altri esponenti dell’organizzazione malavitosa. Tra gli altri, fanno i nomi di Danilo Abbruciati e di Ernesto Diotiallevi che solo di recente ha venduto la sua casa di Porto Rotondo. Roberto Calvi fu ospitato al Monastero ma frequentava volentieri anche l’hotel Sporting. Nel 1982, i siciliani svendettero la società di Punta Volpe ad un noto impresario del Nord Italia e subito dopo esplose il caso giudiziario che probabilmente salvò Porto Rotondo dal diventare terra di conquista di Cosa Nostra e di delinquenti comuni nobilitati faccendieri. E a Porto Rotondo li ricordano ancora: clienti facoltosi, valigette piene di contanti per ogni pagamento, cortesi, eleganti, disinvolti habituées dei ritrovi alla moda. Sempre attenti a non sconfinare dal loro ristretto e fidato clan che nascondeva attività criminali agganciate a tutti i settori della malavita organizzata. Il clan come tale, ormai è stato smantellato; alcuni morti, altri ammazzati, altri ancora in carcere o in attesa di rientrarvi. A Porto Rotondo ci sono quindi state infiltrazioni legate al malaffare o al crimine organizzato. Impossibili da dimenticare o negare anche se, dagli anni Ottanta ad oggi, si sono susseguite iniziative turistiche ed immobiliari che hanno “ripulito la facciata”. Nel corso degli ultimi anni, la presenza del Premier Berlusconi ha catalizzato sul villaggio l’attenzione dei media nazionali ed internazionali. I suoi frequenti soggiorni, sia estivi che invernali alla Certosa di Punta Lada, hanno notevolmente appannato il ricordo di altre stagioni e altri protagonisti. A metà degli anni Ottanta, ad esempio, nel villaggio
tenevano banco i sofisticati bridge di Lucio Magri che girava in Rolls Royce, insieme a Marta Marzotto, per le stradine del paese; le ruspanti partite a scopa di De Mita con scorta al Country per la figlia Antonia; le partite a tennis di un Claudio Martelli tira-tardi e canterino; le cene radical-chic di de Benedetti e Scalfari. E, oggi come ieri, Porto Rotondo, continua ad accogliere regine di cuori e re di denari, veri potenti e presunti tali, nuovi e vecchi faccendieri.
Nel 1979 l’impresa “Mediterranea”, amministratore Luigi Faldetta, acquistò da una società toscana rustici e licenze del villaggio di Punta Volpe. Intanto, un punto d’incontro importante per il clan e i vari amici, era diventato Villa Monastero che ha avuto poi , tra i suoi proprietari il costruttore Cabassi, il commercialista di tangentisti di rango Pompeo Locatelli e Paolo Berlusconi che ha ribattezzato la villa “Dolce Drago”. Nell’assoluta privacy del Monastero sul mare di Punta Lada, si incontrarono nel 1981 Roberto Calvi e Flavio Carboni. Secondo i giudici romani che indagano sulle molteplici attività criminose della Banda della Magliana, la villa era frequentata anche da altri esponenti dell’organizzazione malavitosa. Tra gli altri, fanno i nomi di Danilo Abbruciati e di Ernesto Diotiallevi che solo di recente ha venduto la sua casa di Porto Rotondo. Roberto Calvi fu ospitato al Monastero ma frequentava volentieri anche l’hotel Sporting. Nel 1982, i siciliani svendettero la società di Punta Volpe ad un noto impresario del Nord Italia e subito dopo esplose il caso giudiziario che probabilmente salvò Porto Rotondo dal diventare terra di conquista di Cosa Nostra e di delinquenti comuni nobilitati faccendieri. E a Porto Rotondo li ricordano ancora: clienti facoltosi, valigette piene di contanti per ogni pagamento, cortesi, eleganti, disinvolti habituées dei ritrovi alla moda. Sempre attenti a non sconfinare dal loro ristretto e fidato clan che nascondeva attività criminali agganciate a tutti i settori della malavita organizzata. Il clan come tale, ormai è stato smantellato; alcuni morti, altri ammazzati, altri ancora in carcere o in attesa di rientrarvi. A Porto Rotondo ci sono quindi state infiltrazioni legate al malaffare o al crimine organizzato. Impossibili da dimenticare o negare anche se, dagli anni Ottanta ad oggi, si sono susseguite iniziative turistiche ed immobiliari che hanno “ripulito la facciata”. Nel corso degli ultimi anni, la presenza del Premier Berlusconi ha catalizzato sul villaggio l’attenzione dei media nazionali ed internazionali. I suoi frequenti soggiorni, sia estivi che invernali alla Certosa di Punta Lada, hanno notevolmente appannato il ricordo di altre stagioni e altri protagonisti. A metà degli anni Ottanta, ad esempio, nel villaggio
tenevano banco i sofisticati bridge di Lucio Magri che girava in Rolls Royce, insieme a Marta Marzotto, per le stradine del paese; le ruspanti partite a scopa di De Mita con scorta al Country per la figlia Antonia; le partite a tennis di un Claudio Martelli tira-tardi e canterino; le cene radical-chic di de Benedetti e Scalfari. E, oggi come ieri, Porto Rotondo, continua ad accogliere regine di cuori e re di denari, veri potenti e presunti tali, nuovi e vecchi faccendieri.