mercoledì, novembre 26, 2008

Operato e felice Dede ex uomo-albero









Del drammatico caso di Dede Koswara mi ero già occupata nel febbraio scorso in un articolo intitolato Verruche, non corteccia e rami: curate l’uomo-albero!(www.marellagiovannelli.com/mara_malda/verruchenoncortecciaeramicurateluomoalbero.php). Allora, le immagini del trentasettenne pescatore indonesiano sfigurato a causa di una rara malattia e il suo appello lanciato in un video diffuso in Rete, avevano sconvolto il mondo. Dede “l’uomo-albero” chiedeva di essere curato per avere la possibilità di condurre di nuovo un’esistenza degna di questo nome. Licenziato dal lavoro e abbandonato dalla moglie, voleva avere un rapporto normale con i figli Entang e Utis, di 16 e 18 anni.
All’età di 15 anni, dopo un incidente e la conseguente asportazione della rotula, la pelle di Dede si è riempita di verruche che, con il tempo, sono cresciute in modo abnorme tanto da impedirgli di lavorare e di prendersi cura dei due figli. Il corpo dell’uomo, soprattutto le mani e i piedi, erano ricoperti da una specie di corteccia formata da accumuli e stratificazioni di porri. A provocare la malattia di Dede, diagnosticata da Anthony Gaspari, dermatologo dell'Università del Maryland, sarebbero stati due fattori: il Papilloma virus e un difetto genetico che ha bloccato il suo sistema immunitario, rendendolo incapace di contenere le escrescenze.
Il clamore internazionale suscitato dalle penose condizioni di Dede, diventato famoso in tutto il mondo come l’uomo-albero, ha spinto il governo indonesiano ad occuparsi del caso. Da febbraio ad oggi le condizioni di Dede sono molto migliorate grazie al trattamento chirurgico al quale è stato sottoposto nell’ospedale Hasan Sadikin nella città indonesiana di Bandung. Prima è stato curato per una grave infezione ai polmoni e poi i medici hanno iniziato i trattamenti specifici sul corpo, sugli arti e sul viso di Dede . Fino ad ora, dopo nove operazioni, gli sono stati asportati chili di verruche e in programma ci sono altri interventi.
“Non potrà essere curato al 100% - hanno dichiarato i medici che lo assistono – ma contiamo di rimuovere il 95% delle escrescenze”. La qualità di vita di Dede è già notevolmente migliorata. Ora può mangiare e vestirsi da solo, camminare senza dolore, scrivere e anche usare il cellulare. Tutte attività che prima non era in grado di svolgere.
I medici hanno anche precisato che le verruche sul corpo di Dede potrebbero ricrescere ma non costituiscono più una minaccia per la sua vita. Ora il pescatore indonesiano ha cominciato a coltivare nuove speranze per il suo futuro. “Ciò che realmente voglio – ha dichiarato Dede uscendo dall’ospedale – è stare meglio per poter trovare un lavoro e poi, magari, anche una ragazza da sposare”.

domenica, novembre 23, 2008

Rivalità stellari tra topi surfisti e scoiattoli in carriera

http://www.marellagiovannelli.com/articoli/sfidestellaritratopisurfistiescoiattoliincarriera.php

Tofu e Fin sono due topi bianchi hawaiani che fanno surf su due tavolette create su misura per loro. Da Laniakea Beach si possono ammirare le evoluzioni in acqua della coppia di roditori che, per niente impressionati dalle onde, mettono in pratica le istruzioni ricevute dal loro allenatore, il quattordicenne Boomer Hodel. I due topi surfisti delle Hawaii seguono anche una dieta speciale che li mantiene in forma. Il giovanissimo addestratore dice che i due ratti amano surfare e si divertono moltissimo. “Quando hanno iniziato cadevano spesso dalle minitavole - spiega Hodel - ma ora il loro equilibrio è ottimo e sono molto più stabili della maggior parte dei surfisti umani.
I topi sono dei nuotatori naturali e hanno uno spirito molto avventuroso. Li faccio surfare 20 minuti per volta e poi li riporto in spiaggia per riscaldarli al sole dopo averli asciugati con un telo”. Tofu e Fin sono stati immortalati dal fotografo hawaiano Clark Little che ha dichiarato: “Ho visto dei ragazzini in spiaggia con due topi e delle minuscole tavolette da surf. Ho deciso di seguirli per vedere cosa facevano e non potevo credere ai miei occhi quando quei topi bianchi hanno cominciato a surfare. Lo facevano proprio bene, velocissimi e sembrano divertirsi molto. Inizialmente ho pensato che era una cosa molto bizzarra ma poi ho notato che entrambi i topi erano perfettamente a loro agio anche in presenza di onde molto alte”.
Lo spettacolare reportage fotografico realizzato da Clark Little sui ratti surfisti hawaiani Tofu e Fin ha un precedente illustre in uno dei video più cliccati su YouTube. Justin Gane, autore del “Radical Rodent”, ha filmato i quattro topolini (Bunsen, Harry, Curly and Chopsticks), addestrati da Shane Willmott del Queensland, impegnati a fare surf in Australia.
Anche in questo caso, il regista loda l’equilibrio dei topi surfisti, il loro grande divertimento e le cure premurose del proprietario-allenatore che “dopo li pulisce sempre con l’acqua dolce e non li mette sul surf quando fa freddo”. Ma oltre alla rivalità tra i topi surfisti hawaiani e quelli australiani, c’è anche quella tra due scoiattoli americani, entrambi vere e proprie star. Hanno siti internet con migliaia di foto e gadgets, fanno tour promozionali, partecipano a programmi televisivi e sono protagonisti di innumerevoli articoli.
Il primo è la nota celebrità “sportiva” Twiggy, the water-skiing squirrel (www.skiingsquirrel.com/) mentre Sugar Bush è una modella-testimonial delle cause più svariate (www.sugarbushsquirrel.com/index.html). Lo scoiattolo Twiggy, abilissimo nello sci d’acqua, con tanto di giubbotto salvagente, grazie all’intraprendenza della sua proprietaria-allenatrice Lou Ann Best, gira l’America con la sua casa mobile per esibirsi in spettacoli sempre affollatissimi.
Era il 1978 quando Lou Ann e Chuck Best trovarono una femmina di scoiattolo scampata ad un uragano. I Best decisero di adottarla e addestrarla. Quello che era iniziato come un gioco, si è trasformato in un vero business. Da allora si sono succedute cinque generazioni di Twiggy, tutte esperte sciatrici d’acqua.
Ma il titolo di “Scoiattolo più fotografato del mondo” spetta a Sugar Bush Squirrel, diventata una vera e propria diva, salvata, allevata e lanciata dalla sua proprietaria-manager Kelly Foxton di Boca Raton, Florida. La signora, già attiva nel mondo dell’intrattenimento, aveva recuperato la scoiattolina dal suo nido poco prima di un taglio d’albero che avrebbe potuto essere fatale per la piccola Sugar Bush.
Cresciuta, a partire da quel momento, per diventare una stella della moda e della pubblicità. I suoi oltre mille completini accessoriati fanno impazzire gli Americani che si ritrovano Sugar Bush Squirrel ovunque e in tutti i panni. Nel suo sito ufficiale si precisa che Sugar ha il suo studio di posa personale dove, da quando è iniziata la sua carrierra di modella, è stata ritratta in più di mille foto.

mercoledì, novembre 19, 2008

Nell’attesa che i posteri decidano si ride per il cucù di Berlusconi


Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez.Marella Giovannelli)


Come sarà ricordato Silvio Berlusconi nei libri di storia del 2050? Statista più o meno illuminato oppure cosa? Nell’attesa che i posteri decidano, dal cilindro del Cavaliere continuano a spuntare amenità ispirate da contesti ufficiali & internazionali, quali corna, finte mitragliate, abbronzate “carinerie” e il recentissimo cucù.
Si consolida quindi la sua fama planetaria di inguaribile gaffeur, battutista ad oltranza e “piacione” impenitente. C’è poi quel saggio detto popolare “Conta fino a dieci e poi parla” che Berlusconi continua allegramente ad ignorare, tracimando spesso e volentieri anche gestualmente oltre che verbalmente.
E’ dunque sempre attuale la frase autoironica che, stando a una fonte rigorosamente anonima, avrebbe pronunciato lo stesso Silvio Berlusconi durante una cena estiva a villa Certosa: "I pensieri mi escono dalla bocca prima ancora di fermarsi nella mia testa”. L’avevo anche riportata in un mio articolo-appello del 25 novembre del 2006, intitolato “Cavaliere, non c’induca in tentazione” (www.marellagiovannelli.com/mara_malda/cavalierenoncinducaintentazione.php).

domenica, novembre 16, 2008

Al Rockefeller Center l’Albero del miracolo e delle coincidenze


Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez. Mara Malda)

Sarà una coincidenza ma, nell’anno del presidente Obama, anche l’albero di Natale più famoso del mondo (quello del Rockefeller Center di New York), è già noto come the “Miracle tree”.
L’abete del miracolo è stato così ribattezzato dal suo proprietario (e donatore) Bob Varanyak che ha raccontato la storia, molto particolare, di questo albero, piantato 77 anni fa a Hamilton, nei pressi della casa di Mary Varanyak, una immigrata ungherese che l’aveva ricevuto in regalo dal suo datore di lavoro.
Crescendo, l’albero ha assunto proporzioni maestose e la sua proprietaria, morta nel 2000 a 99 anni, diceva spesso alla sua famiglia di essere “sicura che, un giorno, il suo abete sarebbe diventato il Christmas tree del Rockefeller Center” .
Oggi il sogno della famiglia Varanyak si è realizzato visto che il loro imponente albero è stato scelto come uno dei principali simboli delle celebrazioni natalizie americane, e non solo.
Bob Varanyak, il figlio di Mary, ricorda che l’abete, ora gigantesco, nel 1931 fece il suo ingresso nella casa della famiglia Varanyak e mostra la foto dello zio Mike Kremper in posa proprio vicino all’alberello.
Per un’altra tanto strana quanto profetica coincidenza, risale proprio al dicembre del 1931 (quando l'America era stretta nella morsa della Grande Depressione) l’inizio della tradizione dell’albero di Natale allestito nel Rockefeller Center che, a New York, era ancora un cantiere fangoso.
Come documentano le foto dell’epoca, in mezzo agli ammassi di ferraglia del piazzale, gli operai che vi lavoravano addobbarono orgogliosamente un piccolo abete, ergendolo a simbolo del loro lavoro e delle loro speranze per il futuro.
Fu infatti davanti alle luci di quell'albero che ricevettero la loro preziosa busta paga. La tradizione ufficiale iniziò però nel 1933 quando, per la prima volta, un abete di venti metri venne illuminato davanti a migliaia di spettatori. Tornando all’albero di quest’anno, evidentemente il suo destino era già segnato.
Bob Varanyak l’aveva messo a dimora nella sua proprietà che è poi l’impresa “verde” di famiglia The Garden Tree King Plant Mart a Trenton e quell’abete era da tutti considerato il patriarca del vivaio.
Lo stesso Bob racconta di essere rimasto senza parole quando i rappresentanti del Rockefeller Center, lo scorso marzo, lo hanno contattato dicendogli di aver individuato l’albero dall’elicottero e di essere interessati a portarlo a New York.
Per la famiglia Varanyak è stata un’emozione incredibile vedere realizzato il sogno di mamma Mary e, da quel giorno, per loro è “l’albero del miracolo”.
Sulla cima dell’abete, decorato con 30.000 luci colorate, verrà sistemata una sfolgorante stella Swarovski composta da 25.000 cristalli.
Bob e suo fratello Bill sono stati felici di donare il colosso verde, pesante più di 7 tonnellate e alto 22 metri. Per loro la tradizionale cerimonia dell’accensione dell’albero di Natale al Rockefeller Center, fissata per il 3 dicembre, sarà molto più di uno spettacolo grazie all’albero-gioiello di famiglia, arrivato proprio dove voleva mamma Mary Varanyak.

venerdì, novembre 14, 2008

Nuova gravidanza per Thomas Beatie: uomo incinto e madre per natura


www.marellagiovannelli.com (sez. Marella Giovannelli)

Journey of a Pregnant Man (Viaggio di un uomo incinto) è il titolo ad effetto del documentario firmato dalla giornalista Barbara Walters e inserito sul sito della Abc News (abcnews.go.com/TheLaw/story?id=6246058&page=1).
Il video ruota intorno all’intervista esclusiva rilasciata alla Walters dal transgender americano Thomas Beatie che, dopo aver dato alla luce la sua prima figlia, Susan, a distanza di pochi mesi, è di nuovo incinto. Fra qualche settimana la pancia dell’aitante Thomas, piccolo commerciante dell’Oregon, comincerà ad arrotondarsi seguendo il corso di una gravidanza che si preannuncia mediatica quanto la prima.
Beatie, che abita in Oregon insieme alla moglie Nancy, ha reso noto che il lieto evento si dovrebbe verificare il prossimo 12 giugno. Barbara Walters, con indiscussa abilità, ha affrontato e raccontato la storia complessa dei due, diventati genitori dopo 10 anni di matrimonio. La loro prima bambina, Susan, è nata lo scorso luglio entrando direttamente nella storia dopo essere uscita dalla pancia non di mamma Nancy ma di papà Thomas.
Il quale, però, fino a qualche anno fa, si chiamava Tracy Lagondino ed era una bellissima ragazza che viveva alle Hawaii. Ma la sua femminilità era solo esteriore, si sentiva un maschio ingabbiato in un corpo di donna. Tracy, che aveva allacciato una relazione lesbica con Nancy, ha voluto rinascere come Thomas, passando attraverso la somministrazione di massicce dosi di testosterone e un intervento chirurgico con il quale si è fatta rimuovere il seno decidendo, però, di conservare l'apparato genitale femminile per poter un giorno avere un figlio.
E lo ha fatto quando Nancy, diventata nel frattempo sua moglie secondo la legge, è stata operata per una grave endometriosi perdendo ogni possibilità di rimanere incinta. Per questa ragione è stato Thomas (che si definisce “un transgender, legalmente maschio e legalmente sposato a Nancy) a sottoporsi, superando molte traversie, all’inseminazione artificiale.
Dopo la nascita della piccola Susan, avvenuta lo scorso 29 giugno, Beatie ha raccontato di non essere tornato ad assumere gli ormoni maschili che di solito prendeva per mantenere barba e baffi, con l’intenzione di rimanere “incinto” una seconda volta. Il copione si preannuncia uguale al precedente con interviste e servizi fotografici più o meno esclusivi per una gravidanza in forte odore di business. Con un equivoco di fondo perché Thomas, uomo e marito secondo la legge, è madre per natura. Secondo alcuni sarebbe quindi più corretto definire i Beatie, una furba e felice coppia di lesbiche che commercialmente cavalcano il fenomeno mediatico dell'Incinto.

sabato, novembre 08, 2008

Una vignetta "parlante" by Artefatti


Berlusconi è più geloso che razzista. Obama gli fa ombra?

giovedì, novembre 06, 2008

Riuscirà Rossano Rubicondi a convincere Ivana Trump?


Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez. Mara Malda)

Ivana Trump ha dichiarato al quotidiano The New York Post di essere sicura che “nothing sexual happened” (non c’è stato sesso) fra il marito Rossano Rubicondi e la modella Belen Rodriguez sull’Isola dei Famosi in Honduras. Ha comunque precisato di non voler aggiungere altro fino a quando non parlerà con lui. In attesa che la furia di Ivana si abbatta sullo “strusciante” Rossano (finito anche su YouTube perché la televisione non bastava) mi torna alla memoria un mio articolo, scritto nell’estate del 2002, ancora inserito nell’archivio di Portorotondoweb (www.portorotondoweb.it/feste2002/scoop_18.htm). Iniziava così:
“Per la serie “Chi se ne frega!” Ivana Trump ha esibito il suo ultimo, discusso accompagnatore Rossano Rubicondi, al gran Galà del Cala di Volpe con Concerto di Zucchero incluso nel salatissimo conto. La coppietta si è sistemata, bene in vista, ad un tavolino tondo, apparecchiato per due. Ivana, ogni tanto, schioccava anche dei teneri bacetti al suo Rossano, assurto neanche tanto tempo fa agli onori della cronaca per un’assai poco edificante ( per non dire squallida) vicenda, rispolverata in questi giorni dagli organi di stampa…”. Sull’argomento merita una rilettura il pezzo firmato dal giornalista Giampiero Cocco, pubblicato su “La Nuova Sardegna” del 14 agosto 2002.



La carriera di un playboy dalla vecchia contessa a Ivana Trump
“Dalla villetta nascosta tra i mirti di Liscia di Vacca di un’anziana nobildonna francese al sontuoso yacht della platinata e spumeggiante Ivana Trump. La carriera di "tombeur de femme" del playboy romano Rossano Rubicondi, aspirante attore nato nel popolare quartiere Nomentano, si consuma tra le baie assolate di Porto Cervo o di Cannes. Con qualche puntatina alle Baleari, tempo permettendo. La Sardegna si conferma però una vetrina "double face" per il play boy romano. Tre anni fa dovette abbandonare precipitosamente l'isola dopo che Francine Eternod, 76 anni, contessa di Pully e amica personale di Marina di Savoia, John, Robert e Ted Kennedy, lo denunciò alla polizia per sequestro di persona, lesioni personali e maltrattamenti. Ieri l'altro il play boy (29 anni) è comparso, raggiante, al fianco della sua ultima conquista, Ivana Trump, ex moglie del magnate newyorkese dell'edilizia, Donald, alla festa che Cristina Ferrari, matita e ago di Fisico, ha dato a Porto Rotondo. La coppia trascorre le vacanze a bordo dello yacth che Ivana Trump ha battezzato con il proprio nome, alla fonda nella baia di Cala di Volpe. L'uscita pubblica di Trump-Rubicondi, coppia dell'estate 2002, non è passata inosservata inseguita com'era dai flash dei paparazzi della Costa e dagli appunti al vetriolo scarabocchiati in tutta fretta sui taccuini degli inviati delle testate scandalistiche italiane. Che conoscono tutto quasi di lei, ex moglie di Donald, il palazzinaro newyorkese che l'ha riempita di dollari al momento del divorzio, mentre ignorano (quasi) tutto del suo nuovo accompagnatore Rossano Rubicondi, già fotografato al fianco di Fiona Campbell, matura mamma della irascibile Naomi. Il pettegolezzo sulla love story della signora Trump si era quasi estinto per mancanza di argomenti quando qualcuno, tra i più informati, s'è ricordato di quella estate di tre anni fa, quando Rossano Rubicondi picchiò a sangue la contessa di Pully. Il "petit garcon", come lo chiamava Francine Eternod, non aveva gradito l'alzata di testa della contessa che aveva sbattuto fuori di casa un gruppo di amici romani da lui invitati per le vacanze in Costa. Per due giorni il caso restò alla ribalta delle cronache nazionali, poi passò nella mani della magistratura gallurese che, lo scorso anno, ha accettato la richiesta di patteggiamento a pochi mesi di reclusione, proposta da Rossano Rubicondi per chiudere quel brutto affare. Per contro la contessa, chiamata a rispondere di diffamazione dopo la denuncia di Rossano Rubicondi, è stata assolta con formula ampia dai giudici del tribunale di Tempio. Rossano Rubicondi si lamentava del fatto che la donna lo aveva definito un "gigolò". «In questo modo mi rovina l'appena intrapresa carriera di attore cinematografico - aveva dichiarato al cronista all'epoca dei fatti -; io accompagnavo la "nonnetta" soltanto per farle una cortesia, per ragioni umanitarie. La portavo a mangiare una pizza a Baja Sardina, a prendere l'ice cream nella piazzetta di Porto Cervo, poi a nanna». Uscire in barca, andare alle feste e passeggiare per lo shopping nella piazzetta di Porto Cervo è uno dei diversivi che Rossano Rubicondi non disdegna, anche perché viaggiare al fianco della Trump è ben diverso che farsi vedere o addirittura fotografare mano nella mano con "la nonnetta". Come nella politica, anche nel mondo del jet set tutto è relativo, e cambiare partito o donna rientra nelle strategie di quanti si impegnano in queste faticose imprese. E Ivana Trump? Per lei il passato non conta, guarda al futuro”.

domenica, novembre 02, 2008

Olbia, il passato ritrovato: dai cassetti alla tv e al web


Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez.Marella Giovannelli)


“Le piccole storie di Olbia” era il titolo di una trasmissione televisiva di Marella Giovannelli andata in onda nel 1990 su Cinquestelle Sardegna. Il programma, articolato in cinque puntate da 25 minuti ciascuna, è stato un “viaggio” nella memoria collettiva della nostra comunità in un arco di tempo ben preciso: dal 1920 al 1950.
Il lavoro, basato su una lunga ricerca svolta tra le famiglie olbiesi, ha portato alla luce testimonianze, usi, costumi, aneddoti e piccole storie documentate da centinaia di foto d’epoca, gentilmente concesse dagli stessi cittadini, entusiasti di far parte di un lavoro che li ha coinvolti tutti.
Il testo delle prime puntate è inserito nella sezione di www.marellagiovannelli.com/ riservata alle pubblicazioni in formato PDF e nel sito ufficiale del Comune di Olbia (www.comune.olbia.ot.it/) che curo da sette anni come giornalista.
Nel 1921 D. H. Lawrence nel suo “Sea and Sardinia” descrive così Terranova: “ ...Ed ecco un porto magico, chiuso dalla terra, un bacino scintillante circondato da alberature di navi e dalla scura terra... una baia solenne, misteriosa... con i colli raggruppati intorno, azzurro-cupa e invernale nel bagliore dorato del crepuscolo, ancora accerchiava la grande baia dove l'acqua riluceva come uno specchio.
Passata una ferrovia, dalla strada piatta sempre più buia entrammo di corsa in una piatta città di case scure abbandonate da Dio, sulla paludosa estremità della baia. Più che una città pareva un accampamento. Ma era Terranova- Pausania…"
Risale invece al 1833 la testimonianza di un altro viaggiatore famoso, il francese Paul Valery, autore del “Voyage en Corse, à l’ile d’Elbe et en Sardaigne”:
“Il villaggio marittimo di Terranova, insalubre, spopolato, non ha duemila abitanti, occupa il sito dell'antica e celebre Olbia. L'aspetto delle case è quello delle grandi fattorie, allineate e bianche. Vi fui ricevuto molto bene dal signor Puccio, un sardo pieno di spirito, d’intelligenza e di capacità, che, dopo una vita avventurosa trascorsa in viaggi, è tornato a coltivare i campi.... Dal punto detto Cucotto (Su Cuguttu), dov'era l'antico arsenale, si gode la più bella vista del golfo.
Nella campagna, la chiesa di San Simplicio, che risale ai Pisani, è press'a poco abbandonata, e vi si celebra Messa solo due volte all'anno; nel mese di maggio, per la festa del Santo, e nel mese di Settembre, anniversario della consacrazione.
Quando v'entrai, la chiesa era una vera uccelliera: v'erano tanti uccelli che facevano uno schiamazzo spaventevole coi loro gridi e con lo sbattere delle ali, mentre cercavano d'uscire dalle finestre lunghe e strette…
Una cisterna cinta di granito, scavata nella roccia, e del tempo della chiesa, fornisce un'acqua abbondante e freschissima. Dalla chiesa di San Simplicio si gode una vista superba della pianura coronata da colline di forme diverse, collo sfondo dell'isola di Tavolara. Lì vicino vi sono le tracce di una strada romana.
Tutto questo deserto spira antichità: si vedono gli avanzi di muri e d'un acquedotto, e si può immaginare l'estensione della città antica che il console Lucio Cornelio Scipione non aveva osato attaccare, e per poterla assediare fu costretto a tornare in Italia per cercare rinforzi alla sua armata. Questa bella pianura di Terranova, un tempo così fiorente da contare fin dodici città e settanta comuni, così felicemente situata in riva al mare, riparata dalle montagne e favorita da un bel clima, potrebbe nutrire più di cinquantamila abitanti, possedendo ancora tutti gli elementi della sua antica prosperità... “.