domenica, luglio 31, 2011
Marella Giovannelli racconta la metamorfosi della Costa nel libro "Fotograffiati"
L'Unione Sarda 31-07-2011. (Caterina De Roberto)
«Così ho ucciso Mara Malda». Dal salotto Marzotto con Dario Bellezza alle feste di Lele Mora
Quattro anni fa ha detto basta. Stop coi lelemora e i briatori. Stop con Mara Malda, alter ego gossiparo di Marella Giovannelli. Solida famiglia borghese alle spalle e laurea in un cassetto, un marito, due figli, (e un fratello sindaco), ha giocato con la vita smeralda trasformando in un lavoro - a tempo determinato - la posizione privilegiata nei salotti. Poi il rigetto annunciato sul "Corriere della sera". Nel frattempo ha scritto poesie, seguito l'ufficio stampa del Comune, è stata preziosa spalla mediatica del fratello Gianni in campagna elettorale. Ora torna sul luogo del delitto col volume "Fotograffiati" edito da Taphros, con prefazione di Bachisio Bandinu, che sarà presentato a Porto Cervo.
Perchè l'ha fatto?
«Per conservare la memoria».
Graffiati: in che senso?
«Sono foto irriverenti mai prese in posa. Magari in un vertice, piuttosto che a una festa, mi attraeva una particolare situazione, un'espressione buffa e io scattavo nello spirito di Mara Malda. L'idea è nata a giugno e l'abbiamo realizzato a tempo di record grazie anche al mio editore Dario Maiore che è stato straordinario. Il libro è autofinanziato: neppure un euro di contributo».
Feste raccontate da dentro: che differenza fa?
«Tanta. Io ero invitata, c'era una situazione di relax, di confidenza. E non ho mai tradito la fiducia, sono foto ironiche ma mai offensive. Quelle vintage sono di un periodo nel quale tutto era molto più spontaneo. In quelle di Orgosolo, per esempio, ci sono Milva e Marta Marzotto a un pranzo con i pastori. Una giornata bellissima».
Quando è scomparsa Mara Malda?
«Nel 2007. Ero stanca delle feste al Billionaire col tappeto rosso e dell'ostentazione del lusso sfrenato, del superfluo, dei corpi. La Sardegna era solo un palcoscenico, un mezzo di promozione e noi sardi per primi avevamo la responsabilità di dire basta».
La ricchezza ha sempre fatto parte della Costa Smeralda. Cosa era cambiato?
«L'ostentazione. All'inizio le feste si facevano tra amici, per divertirsi. Poi sono diventate uno strumento di promozione. Si chiamava Lele Mora e si portavano gli ospiti a pagamento. Non c'era più il piacere di incontrarsi. Una gara insensata a chi aveva speso di più o aveva più ospiti».
Anche l'erotismo è ingrediente base di un paradiso delle vacanze. Che differenza c'è?
«Nessuna di queste feste era minimamente erotica e neppure trasgressiva. A quella delle drag queen c'erano improbabili pensionati sessantenni. Non ho mai visto neppure un bacio appassionato. La passione è un'altra cosa, è un sentimento vero. Dove ci si mostra per fare business non può esserci erotismo».
Grandi amori in Costa?
«Quelli veri sono segreti».
Cosa la lega a Porto Rotondo?
«È il luogo in cui sono cresciuti i miei figli, in cui incontro gli stessi amici da 35 anni. Luigino Donà dalle Rose è straordinario nel mantenere questo senso di comunità e questo culto per il bello e per l'arte. Vai a casa sua e incontri gente come Ceroli».
In principio era Marta Marzotto.
«Lei è incredibile, è una donna spugna, assorbe esperienze e conoscenze e le trasmette. Andare a casa di Marta voleva dire conversare con Dario Bellezza».
Cosa è rimasto dell'esperienza della campagna elettorale?
«Ne sono uscita con le spalle più larghe».
Quanto contano i legami familiari?
«Sono fondamentali. Ho la fortuna di avere un compagno, mio marito Gianni Marzi, che dal 1977 mi sta accanto rispettando profondamente il mio modo di essere. Lui dà un senso a tutto quello che ho fatto».
Caterina De Roberto