Testo e foto di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com
“C’era una volta Rebeccu con le sue casette scavate nella roccia calcarea, le stradine di pietra e in terra battuta...” Ai turisti che scenderanno dai pullman, per i quali è già pronto un enorme parcheggio all’ingresso del paese, bisognerà descriverlo l’incanto perduto del borgo medioevale.
E' in corso la mutazione di Rebeccu che, da minuscolo e vero villaggio-fantasma si sta trasformando in qualcosa di finto, evocativo di un set cinematografico. In ogni angolo fervono i lavori di restauro e valorizzazione, perchè, grazie ad un finanziamento dell’Unione Europea e al Comune di Bonorva che ha acquistato parte del villaggio, è stato possibile, dopo anni da attesa, far partire una serie di cantieri.
Tutti attualmente impegnati nella riqualificazione delle vecchie case, della chiesa e dei selciati. Forse un giudizio, oggi, può essere prematuro ma quello che già si vede colpisce per la mancanza di un “segno” unitario; l’abbondanza di intonaco e cemento; la sostituzione dei vecchi coppi con tegole nuove o invecchiate; l’abbinamento scoordinato delle pavimentazioni; la forzatura di alcuni interventi e l’impressione generale di “artefatto” che se ne ricava.
Ipotizzabile il risultato finale: una finzione ad uso turistico-commerciale, la cui anima “rubata” dagli uomini, dovrà essere spiegata ad altri uomini. Eppure la magia di Rebeccu era grande; si sperava non dovesse finire mai.
Nel Medioevo, era il centro più popoloso della regione e il capoluogo della curatoria di Costaval nel Giudicato di Torres. Sempre più spopolato, arrivò a contare sei famiglie residenti negli anni Cinquanta e un solo abitante nel gennaio 2007.
Dal 1977, nella piazzetta di Rebeccu, è aperto il ristorante “Su Lumarzu”, piccolo ed accogliente tempio della cucina tipica, che prende il nome da una vicina fonte nuragica.
Il paesino, abbarbicato su una collina che domina la magnifica pianura di Santa Lucia, avrebbe dovuto, grazie ai lavori in corso, recuperare la sua antica bellezza e suggestione insieme ai segni di un’antica civiltà contadina.
A Rebeccu si tramandano diverse leggende come quella sulla principessa Donoria che, scacciata dal padre, re del borgo, nell’abbandonare il villaggio sentenziò, con una maledizione, “Rebeccu, Rebecchei, dae trinta domos non bessei”. (Rebeccu non supererai le trenta case). Secondo un’altra leggenda, il matrimonio tra Eleonora d’Arborea e Brancaleone fu celebrato a Rebeccu, nel “Castello”, una rupe che ancora oggi sovrasta il piccolo borgo. Dai circa centocinquanta abitanti del 1875, il paese è calato sempre di più fino a contarne uno solo: Cicito Solinas che vive in una casetta dove, purtroppo, si sprecano statuine dei nani e infissi di alluminio.
Tziu Cicito vive con Nerina e Pedro, due merli indiani di sei e quindici anni rinchiusi in una grande gabbia di teck. Singolare è la storia di un ritrovamento fatto da Cicito Solinas proprio a Rebeccu, nella terrazza del ristorante.
Sul campanello di una bicicletta appartenuta a Giommaria Delogu che, prima di lui, abitava nella casa al centro del paese, Solinas ha riconosciuto un marchio a lui ben noto. Quella vecchia bici era stata fabbricata nella fabbrica di suo padre, a Bonorva.
Dal belvedere di Rebeccu, il panorama sulla piana di Santa Lucia è un “racconto” fatto di paesaggi meravigliosi e ricco di storia, documentata da centinaia di siti archeologici di estremo interesse, monumenti e fontane nuragiche, resti di strade romane, testimonianze di occupazioni puniche e aragonesi.
La poesia, invece, si ritrova ancora nei ruderi del cimitero sconsacrato e speriamo che, almeno questo, venga risparmiato da un restauro sconsiderato.