“Tutta la mia storia, i miei fatti mi vengono dietro in punta di piedi. Credono che io non me ne accorga. Però se mi giro si nascondono, non ci sono più. Quando cammino, sento la loro presenza e i loro passi poco distanti. Vogliono vedere dove li porto, dove andranno a finire. Hanno caratteri, pesi e colori diversi; a volte si fidano di me, a volte no. Io scivolo nei vicoli sperando di perderli. Ma li ritrovo in fondo alla strada, con le braccia conserte, che ridono come pazzi. I fatti sono presuntuosi, pesanti, invadenti. Le emozioni sono leggere e indipendenti. Ti ballano intorno e sono pronte a distrarsi al primo colore”.
Queste parole scritte da Monica Vitti, come chiusura al suo primo libro “Sette sottane, un'autobiografia involontaria”, mi colpirono, a suo tempo, per l'abbandono e la voglia di verità della “persona” e non del personaggio che le aveva pensate e rese pubbliche. In poche righe ho letto fragilità, coraggio e lo stupore incantato dei bambini; un bene perduto o sprecato dalla grande maggioranza degli adulti e che, invece, Monica ha conservato intatto. Ed è ancora lei che scrive:“... Anche i miei occhi vedono poco e reinventano tutto, così non so più cosa è vero e cosa non lo è. Quando h socchiudo, insieme ai fatti, vedo i colori della Sardegna. La tenacia e l'odore del vento che stordisce. E sulla sabbia rosa, i frammenti di corallo, portati dalle onde, che lasciano disegni leggeri e provvisori. Il vento lì è orgoglioso e bizzarro. Ha sempre ragione su tutto ...”.
E dopo “Sette sottane”, pubblicato da Sperling & Kupfer nel 1993, Monica Vitti ha scritto “Il letto è una rosa”, edito da Mondadori nel 1995, dove, ancora una volta, ha messo a nudo la propria anima, parlando degli “spaesamenti che fanno apparire strani e paurosi anche i luoghi familiari; gli incontri e le fantasmagorie che proliferano nella zona sfrangiata tra realtà e sogno; l'insorgere improvviso della fame o di altre forme di avidità; i momenti di sconforto e derelizione; la libertà; la solitudine”. Un mondo stralunato e surreale come quello di Chagall, ravvivato dalla fantasia che sussurra a Monica Vitti un pensiero: “Siamo in fila, in aria, e passiamo in un raggio di luce come granelli di polvere”. La personalità della “donna Vitti” affiora quindi dalla rivelazione che lei stessa, coraggiosa e vera, ha voluto fare della sua anima. L’immagine pubblica del personaggio va, comunque, raccontata per gli amanti del genere.
Monica Vitti ha esordito in teatro, poi è passata al cinema diventando la “musa dell'incomunicabilità” negli indimenticabili film di Michelangelo Antonioni: L'avventura, La notte, L'eclisse e Deserto rosso. In seguito, evidenziando il suo lato brillante, ha dato vita a figure comiche irresistibili in film come La ragazza con la pistola, Ninì Tirabusciò, Dramma della gelosia, L'anatra all'arancia, Amore mio aiutami, Polvere di stelle, Flirt, Teresa la ladra. Nel 1989 ha scritto, diretto ed interpretato Scandalo segreto, sua prima regia cinematografica, ottenendo importanti riconoscimenti, anche internazionali.
Eppure tutto questo spesso si dimentica quando ci si trova insieme a Monica; quella non ufficiale, non pluridecorata, non sul palcoscenico, chiamata a ritirare uno dei tanti prestigiosi premi ricevuti nella sua carriera. Perché ad emergere è sempre l’anima della donna; una donna che spesso ride ed è trascinante nella sua allegria ma non nasconde i suoi “spaesamenti”, la sua malinconia, la sua golosità, la sua insicurezza, il suo desiderio di protezione, la sua paura di essere tradita e delusa, dall'amore, dagli amici, dal pubblico o dai suoi stessi imprevedibili pensieri....
Pubblicato nella Gazzetta di Porto Rotondo del luglio 1997
Queste parole scritte da Monica Vitti, come chiusura al suo primo libro “Sette sottane, un'autobiografia involontaria”, mi colpirono, a suo tempo, per l'abbandono e la voglia di verità della “persona” e non del personaggio che le aveva pensate e rese pubbliche. In poche righe ho letto fragilità, coraggio e lo stupore incantato dei bambini; un bene perduto o sprecato dalla grande maggioranza degli adulti e che, invece, Monica ha conservato intatto. Ed è ancora lei che scrive:“... Anche i miei occhi vedono poco e reinventano tutto, così non so più cosa è vero e cosa non lo è. Quando h socchiudo, insieme ai fatti, vedo i colori della Sardegna. La tenacia e l'odore del vento che stordisce. E sulla sabbia rosa, i frammenti di corallo, portati dalle onde, che lasciano disegni leggeri e provvisori. Il vento lì è orgoglioso e bizzarro. Ha sempre ragione su tutto ...”.
E dopo “Sette sottane”, pubblicato da Sperling & Kupfer nel 1993, Monica Vitti ha scritto “Il letto è una rosa”, edito da Mondadori nel 1995, dove, ancora una volta, ha messo a nudo la propria anima, parlando degli “spaesamenti che fanno apparire strani e paurosi anche i luoghi familiari; gli incontri e le fantasmagorie che proliferano nella zona sfrangiata tra realtà e sogno; l'insorgere improvviso della fame o di altre forme di avidità; i momenti di sconforto e derelizione; la libertà; la solitudine”. Un mondo stralunato e surreale come quello di Chagall, ravvivato dalla fantasia che sussurra a Monica Vitti un pensiero: “Siamo in fila, in aria, e passiamo in un raggio di luce come granelli di polvere”. La personalità della “donna Vitti” affiora quindi dalla rivelazione che lei stessa, coraggiosa e vera, ha voluto fare della sua anima. L’immagine pubblica del personaggio va, comunque, raccontata per gli amanti del genere.
Monica Vitti ha esordito in teatro, poi è passata al cinema diventando la “musa dell'incomunicabilità” negli indimenticabili film di Michelangelo Antonioni: L'avventura, La notte, L'eclisse e Deserto rosso. In seguito, evidenziando il suo lato brillante, ha dato vita a figure comiche irresistibili in film come La ragazza con la pistola, Ninì Tirabusciò, Dramma della gelosia, L'anatra all'arancia, Amore mio aiutami, Polvere di stelle, Flirt, Teresa la ladra. Nel 1989 ha scritto, diretto ed interpretato Scandalo segreto, sua prima regia cinematografica, ottenendo importanti riconoscimenti, anche internazionali.
Eppure tutto questo spesso si dimentica quando ci si trova insieme a Monica; quella non ufficiale, non pluridecorata, non sul palcoscenico, chiamata a ritirare uno dei tanti prestigiosi premi ricevuti nella sua carriera. Perché ad emergere è sempre l’anima della donna; una donna che spesso ride ed è trascinante nella sua allegria ma non nasconde i suoi “spaesamenti”, la sua malinconia, la sua golosità, la sua insicurezza, il suo desiderio di protezione, la sua paura di essere tradita e delusa, dall'amore, dagli amici, dal pubblico o dai suoi stessi imprevedibili pensieri....
Pubblicato nella Gazzetta di Porto Rotondo del luglio 1997