Testo e foto di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com
“Per me era un grande dispiacere sentire in Mario la rabbia per non aver completato alcune opere. Circa un anno fa l’ho chiamato al telefono e gli ho detto: “ Ieri sera mentre Uto Ughi suonava nella chiesa di San Lorenzo ho pensato a te. Vediamoci.” Con questa premessa-promessa Luigi Donà dalle Rose spiega il ritorno operativo a Porto Rotondo di Mario Ceroli, artista ormai conosciuto in tutto il mondo.
Nel villaggio, già ricco di suoi “segni”, il grande scultore abruzzese potrà ora realizzare i suoi sogni e finire una serie di opere. Lo incontriamo a casa Donà dalle Rose in un torrido pomeriggio di luglio. Prima di cominciare la nostra chiacchierata e passare la parola al maestro Ceroli, il conte Luigi, spiega: “Io e Mario siamo fatti allo stesso modo, cervello giovanissimo e un’età che ci siamo divisi in due. Io ho voglia di fare e lui di continuare. Dopo quella telefonata sono andato a trovare Mario Ceroli a Roma e lui, ospitale e generoso come sempre, mi ha portato a vedere i suoi nuovi lavori nella casa-museo di via della Pisana.
Questo suggestivo ex- casale di campagna è stato trasformato da Mario in un luogo di arte e cultura, pieno di opere che si vanno accumulando nel tempo. Nella Casa c’è davvero tanto: 5000 disegni e 650 lavori tra grandi e piccoli più tutti quelli non ancora finiti. Ci sono anche molti bozzetti delle opere realizzate a Porto Rotondo; per fortuna Ceroli non butta mai nulla e allora, con grande emozione, abbiamo rivisto insieme le “incompiute” di Porto Rotondo”.
Con un sorriso che trasmette fiducia, lo stesso Ceroli rivela: “Mi ha entusiasmato l’idea di Donà dalle Rose; ha costituito una Fondazione per dare continuità allo spirito che ha caratterizzato la nascita di Porto Rotondo nel segno dell’arte e della cultura. Il fatto che la chiesa, riacquisita da Luigino, venga conferita alla Fondazione, è un ulteriore stimolo a lavorare ancora per questo villaggio.
Ho quindi accettato di entrare nel gruppo dei soci fondatori e di ultimare diverse opere, da me ideate per Porto Rotondo. La prima è un portone in vetro; a seguire il rosone, pronto sin dal 1984, e la facciata posteriore della chiesa che verrà valorizzata da una bordatura di granito prospiciente un sagrato utilizzabile anche per celebrare le messe all’aperto. Molto bello sarà il campanile in legno, unico al mondo, sia per i materiali usati che per le sue dimensioni”.
Un altro intervento riguarderà l’Anfiteatro. “Mancano ancora quattro altorilievi della cavea esterna - precisa Ceroli -ma i disegni sono già pronti. Da realizzare anche la macchina scenica con tutte le rastrelliere per le luci”. L’entusiasmo di Mario Ceroli parte da una considerazione e poi viaggia a ruota libera: “Per me è una grande occasione ritornare in questo villaggio che mi è molto caro. Qui ho cominciato quarant’anni fa; è stata un’esperienza fondamentale; tutto ciò che ho creato dopo, in Italia e all’estero, è stato consequenziale, compresa un’opera importantissima, ancora top secret, alla quale sto lavorando adesso.
A Porto Rotondo è stato come dirigere un’orchestra, io mi sono sentito un pioniere, un precursore. Perché rinunciare a finire quello che ho iniziato? Credo davvero che la cultura sia il futuro e i monumenti del villaggio: la piazza, la chiesa, il teatro, hanno fatto la storia del posto.
Voglio realizzare anche il progetto dell’Orientale, più nota come piazzetta Rudalza. La vedo come uno spettacolare anfiteatro con una scalinata a mare, unica nel suo genere. Trovo straordinaria l’idea della Fondazione; anche io devo costituire la mia a Roma. In futuro, la Fondazione Ceroli e quella di Porto Rotondo potranno condividere progetti ed iniziative, visto che in questo villaggio c’è gran parte del mio lavoro. Quando sono tornato, qualche giorno fa, ho rivisto, con un’emozione fortissima, la stessa spiaggetta che, quarant’anni fa, mi ispirò per la chiesa. Ero insieme ad Andrea Cascella; io e lui da soli.
C’era un gozzo rovesciato e io feci un disegno sulla sabbia: la chiesa doveva rappresentare quella barca; così nacque l’idea. Non venivo a Porto Rotondo dal 1996; lo scorso anno mi sono trattenuto solo 24 ore; invece questa volta sono tornato con motivazioni diverse e nuovo slancio. Attualmente sto preparando una grande mostra con Mark Rothko e Stanley Kubrick per la riapertura ufficiale, agli inizi di ottobre, del Palazzo delle Esposizioni di Roma che viene restituito stabilmente al pubblico dopo un importante lavoro di ristrutturazione.
Allo stesso tempo sono impegnato nel completamento del portone principale della chiesa di Porto Rotondo che si monterà a settembre. E’ composto da mille lastre di vetro che, intersecandosi tra loro, grazie all’effetto della luce, del colore e dello spessore, creano il disegno della croce. Prende la luce sia dall’esterno che dall’interno; ho immaginato che sia la porta del Paradiso.
Il rosone, già realizzato, è stato fatto a Murano e raffigura il volto di Papa Giovanni Paolo II. Oltre ai sopralluoghi che effettuerò a Porto Rotondo, curerò personalmente il montaggio del portone, del rosone e del campanile che verrà costruito fuori opera, portato qui e montato nell’arco di una settimana. Eseguirò sul posto la macchina scenica del teatro e tutte la parte della figurazione costituita da statue lignee. L’idea di rivedere le opere create tanti anni fa e di poterle completare ha reso ancora più positivo e piacevole questo mio ritorno.
Del mio primo soggiorno a Porto Rotondo conservo ancora ricordi vivissimi come la chiatta che veniva a caricare il carbone e poi, per ripartire, aspettava l’alta marea. Quando intagliavo le statue nella chiesa di San Lorenzo c’era la corsa a farsi ritrarre per finire tra le figure della chiesa.
Ho scolpito un migliaio di personaggi in quattro anni. Porto Rotondo era un posto incantato che ha conservato molto della sua magia. Si lavorava ogni giorno, in un’atmosfera che definirei “rinascimentale”, s’inventava la sera per la mattina dopo. Mi auguro che finalmente, attraverso la Fondazione, si possa ultimare il progetto iniziato quarant’anni fa.
Ma vorrei anche sottolineare il valore sociale, civile e culturale di una simile iniziativa che, partendo da un piccolo villaggio, travalica i confini territoriali per diventare un patrimonio di tutti”.
“Per me era un grande dispiacere sentire in Mario la rabbia per non aver completato alcune opere. Circa un anno fa l’ho chiamato al telefono e gli ho detto: “ Ieri sera mentre Uto Ughi suonava nella chiesa di San Lorenzo ho pensato a te. Vediamoci.” Con questa premessa-promessa Luigi Donà dalle Rose spiega il ritorno operativo a Porto Rotondo di Mario Ceroli, artista ormai conosciuto in tutto il mondo.
Nel villaggio, già ricco di suoi “segni”, il grande scultore abruzzese potrà ora realizzare i suoi sogni e finire una serie di opere. Lo incontriamo a casa Donà dalle Rose in un torrido pomeriggio di luglio. Prima di cominciare la nostra chiacchierata e passare la parola al maestro Ceroli, il conte Luigi, spiega: “Io e Mario siamo fatti allo stesso modo, cervello giovanissimo e un’età che ci siamo divisi in due. Io ho voglia di fare e lui di continuare. Dopo quella telefonata sono andato a trovare Mario Ceroli a Roma e lui, ospitale e generoso come sempre, mi ha portato a vedere i suoi nuovi lavori nella casa-museo di via della Pisana.
Questo suggestivo ex- casale di campagna è stato trasformato da Mario in un luogo di arte e cultura, pieno di opere che si vanno accumulando nel tempo. Nella Casa c’è davvero tanto: 5000 disegni e 650 lavori tra grandi e piccoli più tutti quelli non ancora finiti. Ci sono anche molti bozzetti delle opere realizzate a Porto Rotondo; per fortuna Ceroli non butta mai nulla e allora, con grande emozione, abbiamo rivisto insieme le “incompiute” di Porto Rotondo”.
Con un sorriso che trasmette fiducia, lo stesso Ceroli rivela: “Mi ha entusiasmato l’idea di Donà dalle Rose; ha costituito una Fondazione per dare continuità allo spirito che ha caratterizzato la nascita di Porto Rotondo nel segno dell’arte e della cultura. Il fatto che la chiesa, riacquisita da Luigino, venga conferita alla Fondazione, è un ulteriore stimolo a lavorare ancora per questo villaggio.
Ho quindi accettato di entrare nel gruppo dei soci fondatori e di ultimare diverse opere, da me ideate per Porto Rotondo. La prima è un portone in vetro; a seguire il rosone, pronto sin dal 1984, e la facciata posteriore della chiesa che verrà valorizzata da una bordatura di granito prospiciente un sagrato utilizzabile anche per celebrare le messe all’aperto. Molto bello sarà il campanile in legno, unico al mondo, sia per i materiali usati che per le sue dimensioni”.
Un altro intervento riguarderà l’Anfiteatro. “Mancano ancora quattro altorilievi della cavea esterna - precisa Ceroli -ma i disegni sono già pronti. Da realizzare anche la macchina scenica con tutte le rastrelliere per le luci”. L’entusiasmo di Mario Ceroli parte da una considerazione e poi viaggia a ruota libera: “Per me è una grande occasione ritornare in questo villaggio che mi è molto caro. Qui ho cominciato quarant’anni fa; è stata un’esperienza fondamentale; tutto ciò che ho creato dopo, in Italia e all’estero, è stato consequenziale, compresa un’opera importantissima, ancora top secret, alla quale sto lavorando adesso.
A Porto Rotondo è stato come dirigere un’orchestra, io mi sono sentito un pioniere, un precursore. Perché rinunciare a finire quello che ho iniziato? Credo davvero che la cultura sia il futuro e i monumenti del villaggio: la piazza, la chiesa, il teatro, hanno fatto la storia del posto.
Voglio realizzare anche il progetto dell’Orientale, più nota come piazzetta Rudalza. La vedo come uno spettacolare anfiteatro con una scalinata a mare, unica nel suo genere. Trovo straordinaria l’idea della Fondazione; anche io devo costituire la mia a Roma. In futuro, la Fondazione Ceroli e quella di Porto Rotondo potranno condividere progetti ed iniziative, visto che in questo villaggio c’è gran parte del mio lavoro. Quando sono tornato, qualche giorno fa, ho rivisto, con un’emozione fortissima, la stessa spiaggetta che, quarant’anni fa, mi ispirò per la chiesa. Ero insieme ad Andrea Cascella; io e lui da soli.
C’era un gozzo rovesciato e io feci un disegno sulla sabbia: la chiesa doveva rappresentare quella barca; così nacque l’idea. Non venivo a Porto Rotondo dal 1996; lo scorso anno mi sono trattenuto solo 24 ore; invece questa volta sono tornato con motivazioni diverse e nuovo slancio. Attualmente sto preparando una grande mostra con Mark Rothko e Stanley Kubrick per la riapertura ufficiale, agli inizi di ottobre, del Palazzo delle Esposizioni di Roma che viene restituito stabilmente al pubblico dopo un importante lavoro di ristrutturazione.
Allo stesso tempo sono impegnato nel completamento del portone principale della chiesa di Porto Rotondo che si monterà a settembre. E’ composto da mille lastre di vetro che, intersecandosi tra loro, grazie all’effetto della luce, del colore e dello spessore, creano il disegno della croce. Prende la luce sia dall’esterno che dall’interno; ho immaginato che sia la porta del Paradiso.
Il rosone, già realizzato, è stato fatto a Murano e raffigura il volto di Papa Giovanni Paolo II. Oltre ai sopralluoghi che effettuerò a Porto Rotondo, curerò personalmente il montaggio del portone, del rosone e del campanile che verrà costruito fuori opera, portato qui e montato nell’arco di una settimana. Eseguirò sul posto la macchina scenica del teatro e tutte la parte della figurazione costituita da statue lignee. L’idea di rivedere le opere create tanti anni fa e di poterle completare ha reso ancora più positivo e piacevole questo mio ritorno.
Del mio primo soggiorno a Porto Rotondo conservo ancora ricordi vivissimi come la chiatta che veniva a caricare il carbone e poi, per ripartire, aspettava l’alta marea. Quando intagliavo le statue nella chiesa di San Lorenzo c’era la corsa a farsi ritrarre per finire tra le figure della chiesa.
Ho scolpito un migliaio di personaggi in quattro anni. Porto Rotondo era un posto incantato che ha conservato molto della sua magia. Si lavorava ogni giorno, in un’atmosfera che definirei “rinascimentale”, s’inventava la sera per la mattina dopo. Mi auguro che finalmente, attraverso la Fondazione, si possa ultimare il progetto iniziato quarant’anni fa.
Ma vorrei anche sottolineare il valore sociale, civile e culturale di una simile iniziativa che, partendo da un piccolo villaggio, travalica i confini territoriali per diventare un patrimonio di tutti”.