lunedì, marzo 17, 2008

Chagall, fanciullo cosmico e sognatore di forme ibride in mostra al Man di Nuoro


Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez.Marella Giovannelli)


I mostri, le chimere e le figure ibride di Marc Chagall in esposizione al Museo Man di Nuoro dipingono il microcosmo dello shtetl magistralmente raccontato, in letteratura, da Isaac B.Singer.
La quotidianità pittoresca e mistica allo stesso tempo, dei piccoli villaggi ebraici dell’Europa Orientale, rivive nelle opere del grandissimo artista nato a Vitebsk nel 1887 e morto a Saint-Paul-de-Vence nel 1985.
Molti simboli ebraici chassidici si ritrovano nella pittura onirica e favolistica di Chagall.
Dalle lune calanti che alludono a una sciagura cosmica ai grappoli di stelle che si fanno opache avvicinandosi alla terra, dal violinista che è uno dei classici travestimenti del diavolo agli spettri che si insinuano nella realtà trasfigurandola.
Chagall, fanciullo cosmico e sognatore di forme ibride, è affascinato dalle metamorfosi.
Chimere misteriose, metà uomo e metà bestia, favolosi animali volanti, strumenti musicali con braccia e testa si accompagnano alla donna-gallo, all’uomo-lampione e all’asino-pittore.
I suoi quadri, ricchi di simboli e allegorie, esprimono l’attaccamento alle sue radici, all’ebraismo e alla Bibbia ma, soprattutto, al suo doppio Credo: Amore e Libertà.
Chagall riuscì a rimanere libero anche nei temi religiosi oltre che nella rappresentazione, sempre all’insegna di un’ironica leggerezza, dei miracoli erranti compiuti dai Giusti e dei piccoli e grandi misfatti perpetrati da potenti veri o presunti.

domenica, marzo 16, 2008

Tra dipinti e poesie gira il Giostraio


Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez.Mara Malda)

Parto da un commento (lasciato ieri notte da Erminio Sirianni nel sito http://www.marellagiovannelli.com/) e dalla mia risposta, per cercare di descrivere un incontro tanto informale quanto emozionante, tra “Il giostraio a riposo” di Marella Giovannelli e “Donna Nuovo Millennio”, una mostra di pittura allestita nella Galleria dell’Hotel Melià ad Olbia.
"Memento Audere semper.
Ricordati di osare sempre .... così si può tradurre il motto latino ma anche la tua presentazione. Sono rimasto piacevolmente sorpreso per la forza d'espressione, d'animo, sentimento, etc etc . che ho percepito stasera. Le due lettrici al Melià sono state bravissime ma ti ringrazio per aver dato ad Olbia la tua lettura personale. I tuoi sospiri (veri e sinceri) erano un universo di emozioni che, si sentiva, ti riportavano a quei momenti. Tu, la penna e ... solo tu sai cosa.
Sono certo che molte delle persone presenti ri-inizieranno a scrivere con maggior coraggio e, chi non aveva ancora osato... inizierà a farlo perchè gli hai dato un punto fermo : Il Dolore, La Tristezza, La Sofferenza, Le Paure - tutte con la Maiuscola - si possono e si devono combattere e vincere, la Poesia è un ottimo mezzo…” Erminio Sirianni.
Questa la mia risposta:
“Prima mi ero sempre limitata a leggere al massimo due mie poesie, scelte tra quelle meno intime. Ieri ho voluto superare, non lo scoglio, ma la tempesta di emozioni che mi assale quando rivivo, rileggendoli (anche da sola) i momenti ispiratori dei miei versi. Ci ho provato perchè ho pensato alle donne che mi hanno invitato a presentare “Il giostraio a riposo” nel contesto di una mostra di pittura molto vicina ai temi delle mie poesie. Mi sono detta che queste donne hanno dipinto le violenze subite, gli amori perduti e ritrovati, l'angoscia del tradimento, i loro sogni e i loro incubi. E quindi anche io dovevo riuscire a stabilire con queste mie "compagne di percorso", un rapporto diretto, leggendo personalmente le mie poesie.
Per questo ho voluto condividere il microfono con due donne che non conoscevo fino a qualche giorno fa, al loro debutto con la recitazione di versi; così ho coinvolto Franca Secchi e Silvia Caturano.
Quanto alla giovanissima chitarrista (Ilaria ha solo 14 anni); lei è stata un'altra bella sorpresa: ha preparato degli accordi apposta per Il giostraio, lavorandoci da sola, un paio di giorni. Il suo felice debutto, ieri sera, è stato ulteriore motivo di gioia per me. E' piaciuta moltissimo anche a me l'atmosfera che si è venuta a creare al Melià; mi sono sentita tra amici eppure conoscevo solo alcune delle persone presenti…”
Oltre che Franca, Silvia e Ilaria, devo ringraziare la promotrice dell’incontro, la pittrice messicana Ana Maria Serna, Mauro Orrù che ha coordinato le varie fasi del reading e tutti quelli che hanno partecipato, prima con l’ascolto e poi dando vita a un dibattito. Finite le domande “pubbliche”, è iniziato un altro momento altrettanto interessante. Ad avvicinarmi sono stati alcuni uomini e tante donne che hanno espresso considerazioni significativamente diverse sul “mettersi a nudo” attraverso la poesia.
I primi hanno manifestato pudore e imbarazzo mentre dalle seconde sono arrivati segnali diametralmente opposti, efficamente espressi anche nei quadri esposti al Melià. Il filo conduttore dell’interessante collettiva è la donna nei suoi vari ruoli: figlia, sorella, compagna, lavoratrice, madre. La mostra, pur coinvolgendo artisti di generazioni e tendenze diverse, rappresenta in modo coralmente efficace i conflitti, le contraddizioni e le tensioni dell’universo femminile.
La violenza, fisica e psicologica, è uno dei temi centrali di questa esposizione non convenzionale, per niente “edulcorata”, che colpisce proprio per la forza e il significato profondo del suo messaggio. Le donne del nuovo millennio, esattamente come quelle di ieri, sono troppo spesso vittime all’interno delle loro famiglie e sul posto di lavoro. Non sempre trovano il coraggio di denunciare violenze e soprusi, di ribellarsi a vecchie e nuove schiavitù.
Fra i 35 lavori in mostra al Melià, ci sono anche “visioni” più serene ma la complessità della condizione femminile è il filo rosso che poeticamente lega l’intera esposizione. Nelle tele si ritrovano, intensi, i piaceri e i dolori dell’essere donna, vista come portatrice di una molteplicità di aspetti tra loro non antitetici ma complementari e ricchi di una sensibilità diversa da quella maschile.

domenica, marzo 09, 2008

Il Toto-Ravot impazza in Sardegna


Testo e foto esclusive in www.marellagiovannelli.com (sez.Mara Malda)

C’è, non c’è, è dentro, è fuori: in Sardegna impazza il Toto-Ravot. Ha creato notevole scompiglio una “voce” ripresa e mollata dalla stampa nel giro di 24 ore. Secondo non si sa bene chi, la lista sarda del Popolo della Libertà, avrebbe dovuto includere come candidata alla Camera, voluta dallo stesso Berlusconi, la giovane cantante sassarese Cristina Ravot. L’indiscrezione, gonfiata e sgonfiata a tempo di record, ha lasciato nell’Isola una “coda” tra il velenoso e il curioso. Ma chi è Cristina Ravot? In un articolo, firmato Mara Malda, nell’estate del 2006, su di lei scrivevo:

Un bel pezzo di Sardegna nella Berlusconi Band

C’è anche un bel pezzo di Sardegna nella Berlusconi Band che spesso segue il Cavaliere nelle sue uscite canterine. Lei si chiama Cristina Ravot, “giovane cantante sassarese, voce magnifica e corpo da sballo” come io stessa (deprecabile auto-citazione) ho scritto nell’agosto 2003. A quell’estate risalgono le fotografie qui pubblicate e, già da allora, la mora & sinuosa Ravot aveva le idee chiare. Niente più concorsi da velina (già fatto), massima concentrazione sul canto, studi al Conservatorio di Roma, l’approdo nella Bossa Band di Sandro Deidda e un repertorio swing ritmato e seducente.
Il fisico da pin-up male non fa; la voce è delicatamente melodiosa e Cristina si fa apprezzare nei locali più noti della capitale. Partecipa a concerti e serate (tre anni fa anche al piano bar del Pepero) ma la svolta arriva lo scorso inverno quando viene presentata ad Apicella e, dal Menestrello al Cavaliere, il passo è breve. Cristina Ravot, anche con un tempo da lupi, ben prima di questa, frenetica estate, seguiva il Berlusconi Ensemble per dei fine-settimana canterini alla Certosa. Il gruppo, guidato dal duo Silvio & Mariano, anche in bassa stagione, ha composto, provato e fatto musica nei vari angoli della villa e del parco. Rino Giglio e Loriana Lana hanno scritto le nuove canzoni per il prossimo disco di Apicella e Berlusconi che uscirà a fine settembre. Agosto quindi è tempo di prove ed anteprime (non solo alla Certosa) con la tonica Ravot che, nella sua Sardegna, ora canta “Tempo di rumba” e spesso balla con il Cavaliere.

sabato, marzo 08, 2008

Il Giostraio a riposo presentato a Sassari da Aldo Maria Morace


Testo integrale e foto in www.marellagiovannelli.com

Il Giostraio a riposo di Marella Giovannelli ha fatto tappa a Sassari. La presentazione del libro si è svolta nel salotto letterario della Mondadori Libreria Dessì affidata alle amorevoli cure di Chicca Pulina e Amelia Pigliaru. Ringrazio questa coppia vincente di donne per la loro squisita ospitalità. Prezioso il contributo di Eugenia Tognotti, storica, saggista e opinionista di prestigiose riviste italiane e straniere e dell’apprezzato musicista-cantatutore Mariano Melis che ha accompagnato Maria Antonietta Azzu e Mauro Orrù, nell’intensa e coinvolgente recitazione di una ventina di poesie tratte da “Il giostraio a riposo”.
A presentare il libro è stato Aldo Maria Morace. Ordinario di letteratura italiana, è preside della Facoltà di Lettere dell’Università di Sassari e direttore della Scuola di Dottorato in Scienze dei sistemi culturali. Ha pubblicato saggi su Dante, sui Fioretti, sul Tasso, su Campanella, su Antonio Piazza, sull'Ottocento (Sestini, Berchet, Manzoni, Varese, Guerrazzi, Leopardi, Prati, Mauro, Verga, Capuana, Farina, la novella romantica, il «Conciliatore», il romanticismo calabrese, d’Annunzio) e sul Novecento (Deledda, Pirandello, Tozzi, Alvaro, Montale, Quasimodo, D'Arzo, Seminara, Prisco, Bonaviri, D'Arrigo, Consolo, Satta, Calabrò, Maffia). Ha coordinato diversi progetti nazionali di ricerca, dirige collane di saggistica e di narrativa e la rivista «Crocevia»; è membro dei Comitati per l’Edizione Nazionale dell’Opera Omnia di Tasso, di Capuana e di De Roberto. Questo è un estratto della recensione scritta da Aldo Maria Morace:
“…Il giostraio a riposo si dipana in quattro sezioni: Fuoco, Terra, Acqua, Aria...Stupendamente illustrato e tipograficamente e bello. Titolo ossimorico. Giostraio: imprime il moto, ma è a riposo. Per guardare, per sentire, per meditare. Si è fermato a guardare lo sconcio polipaio in cui è immerso. Nella lirica della Giovannelli l’io poetico parla quasi esclusivamente attraverso i flussi e i ritmi della natura, traduce simbolicamente l'interezza del ciclo vitale nel suo moto e vi vede la porta che apre le plaghe dell'infinito pervenendo ad una scabra e densa e riconoscibile misura di canto pur nel percorrimento di una linea fra le più affascinanti e frequentate della poesia di ogni tempo. Ma se la poesia è concepita come strenua interrogazione ed itinerario esistenziale tra acque e terre, tra eros e decantazione meditativa, mutamento e persistenza sono sottoposti ad inversione: i miti seguono la deriva della corrente, si spostano per effetto della forza assidua che li sostiene e imprime il moto; e l'acqua, l'elemento più fluido ed instabile e fuggitivo, diviene ricordo, entità che conserva le memorie private come quelle dell'umanità....
E' la rivelazione di una voce di poesia, che traduce simbolicamente l'interezza del ciclo vitale nel movimento del mare, che vede in esso una porta aperta alle plaghe dell'infinito, pervenendo ad una sua compiuta dimensione stilistica ed espressiva, con esiti di alta suggestione che vengono ancor più potenziati dalla preziosità della veste editoriale e tipografica e dal rapporto, al tempo stesso osmotico e simbiotico, che si instaura tra i testi delle liriche e le spatolature coloristiche delle tavole di Lino Pes: una sinergia tra Poesia e pittura. Promana dalla raccolta della Giovannelli il fascino di una poesia che si rivela ancora umida di vita. Tutta riverberata sull'io della poetessa, al tempo stesso la raccolta non lo svela, non ne suggerisce contorni privati, cifre umane: l'io parla solo attraverso la natura, attingendo una sua essenziale, captante misura di canto pur nel percorrimento di un tema fra i più affascinanti e frequentati dalla poesia di tutti i tempi, da Omero a Virgilio, da Baudelaire a Rimbaud, da Saba a Montale, per non citare che qualche presenza in quest'ambito…
Aggettivazione mai clamorosa, estremamente oculata, che non sottrae il peso semantico al sostantivo che non lo domina. E' la collocazione, invece, a renderla preziosa, ad eludere la banalità sgranata della sintassi multimediale, anche attraverso l'uso accentuato della costruzione inversa nell'ambito della frase e del verso, con effetti di distillazione e di illimpidimento recitativo… Rime, assonanze e consonanze, che insorgono lì dove si scarica il peso espressivo, e talvolta in collocazione baciata. Una rete di rimandi e di richiami fonici all'interno delle singole liriche tra una lirica e un'altra. Unico movimento musicale giocato stupendamente: in accordo sintonico con i ritmi e le voci della natura, e quasi con il movimento alterno delle onde. Esito a circuito chiuso nell'ambito delle singole liriche (il mare che s'avvolge su se stesso); ma anche rimando continuo da una lirica all'altra fino ad attingere la dimensione compatta del canzoniere, imperniata su una trepida dialettica tra smarrimento e sogno, tra dilatarsi dell'ombra e ritrovata percezione mallarmeana dell'azzurro, tra placidità notturna e improvvisa irruenza ventosa, fra dilagare dei giorni ed epifania dell'esistere; e sempre con coerenza tonale, concentrando ogni elemento, ogni linea, ogni rimando, naturalistico e simbolico, nell'alveo onniassorbente dei quattro elementi naturali. Il dato fisico si fonde con la tonalità dell'anima. Referente naturale che diviene dato simbolico...
E' una frustrazione che segna la progressione dell'ombra. Ma ancora può aprirsi il margine del miracolo, l'epifania di un'immagine vitale sottratta, montalianamente, al frantume dell'inesistenza. E le parole del tempo riportano alla memoria giorni lunghi di amare discordanze, come sempre nella Giovannelli mai drammatizzate, ma rese sempre con gli accenti attenuati che dà il pudore del dolore. La lirica s'affolta di presenze spoglie, smorte: una spirale di malinconia dolorosa innesca un movimento onniassorbente di fuga: fuga dei giorni, della luna, dei gabbiani. E' un universo in fuga rapinosa, cui si contrappone il lamento muto delle cose sciupate e rapprese. Quasi ad esorcizzare il sovrastare dell'ombra, lo smarrimento della luce, l'io poetico inastaura lo spazio raccolto di un giardino, si circoscrive nelle sue valve verdi per risuscitare la presenza della luce attraverso la dimensione salvifica del ricordo. E se il vento iroso cancella l'impronta del ricordo, se l'ombra sembra accerchiare e fagocitare l'irenico lucore del raggio lunare, poi il miracolo d'esistere tornerà ad infiltrarsi nel muro desolato della roccia, nello spessore del silenzio che condanna alla sterilità la terra desolata, attraverso la rapinosità dell'eros.
I silenzi incantati dell'autunno risuonano con vibrazione sommessa e densa, quasi un infiltrarsi del torpore, un lento vanire della memoria dei giorni. Vi s'instaura un ritmo rallentato, pausato, come il trasmutarsi pigro della luce. “Silenzio” e “solitudine” sono, d'altronde, parole chiave, autentici mot clé nell'universo poetico della Giovannelli: l'ombra della sera accampa solitudine di vento; e la solitudine promana dall'oblio delle voci che si sono spente, con un rarefarsi estremo, ma non compiaciuto delle presenze umane, quasi un'oblazione dolorosa che paga la ricchezza gelosa dell'interiorità. Notti ed albe sono le ore topiche della poesia della Giovannelli. Per ascoltare le voci del silenzio, per attingere una percezione depurata del cosmo: una percettività sensoriale acutissima, magicamente dilatata, crea un rimando speculare tra tra micro e macrocosmo...

giovedì, marzo 06, 2008

Cristoforo Colombo scopritore dell’America? Lui no, il sanlurese Christoval Colón si

Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez.Mara Malda)


Imperdibile sull’Unione Sarda di oggi l’articolo del giornalista Emiliano Farina che ha intervistato la scrittrice spagnola Marisa Azuara in trasferta a Sanluri, capoluogo del Medio Campidano, per presentare il suo libro sulle presunte origini sarde del vero scopritore dell’America: Christoval Colón. Il quale, sempre secondo la sempre più suggestiva tesi dell’Azuara, sarebbe una persona completamente diversa dal Cristoforo Colombo universalmente noto. Una riflessione merita anche il commento del giornalista alla fine dell’intervista che pubblichiamo integralmente:
Due Colombo per una sola America
di Emiliano Farina
La storia e i suoi misteri: non è stato Cristoforo Colombo a scoprire l'America ma un'altra persona, Christoval Colón. Ossia non il figlio di un lanaiolo genovese come attestano i documenti storici, ma un (presunto) nobile sardo-aragonese nato nel castello di Sanluri. Due persone distinte vissute nella stessa epoca ma nate in anni diversi: il primo intorno al 1451 e il secondo nel 1436. È questo lo scenario dipinto dalla studiosa spagnola Marisa Azuara (autrice del libro Christoval Colón. Más grande que la leyenda con cui sta tentando di riscrivere la biografia del Grande scopritore) che martedì ha presentato la sua tesi nel capoluogo del Medio Campidano. Le circa duecento persone stipate nella sala dell'ex Monte granatico l'aspettano con impazienza. La verità storica è un argomento di secondo piano perché sul tavolo c'è un colpo da mille e una notte legato all'apertura di suggestivi scenari turistici. E dunque la platea è tutta per questa signora venuta dalla Spagna a comunicare la nuova verità.
Perché tutti la chiamano professoressa? «Non lo so».
Che lavoro fa? «Mi sono sempre occupata di turismo. Fino a otto anni fa ero la direttrice commerciale di un Tour operator».
E poi? «Un lutto in famiglia. Ho mollato tutto e da allora mi dedico soltanto all'attività di scrittrice».
Com'è nata l'idea del libro-rivelazione? Le risposte dell'Azuara sono due e diverse. Nelle chiacchiere prima del convegno spiega che «è nata come fiction e poi, man mano che ho scoperto i documenti l'ho trasformato in un saggio storico». Al cronista, invece, risponde diversamente: «Una famiglia di origini siciliane, i De Ena, mi ha incaricata di studiare il loro albero genealogico. Ho iniziato così».
Com'è possibile riscrivere le origini di Colombo “dimenticandosi” di centinaia di documenti che attestano la sua genovesità, da tempo accreditata in quasi tutto il mondo? «Il Cristoforo Colombo, figlio di Domenico, cui fanno riferimento quei documenti non è colui che ha scoperto l'America. Il vero scopritore è Christoval Colón, nato a Sanluri e di madre aragonese. Sono due persone distinte, non confondiamole».
Che metodo ha seguito? «Quello del saggio storico».
Anche le note a margine, discorsive e con scarsi riferimenti ai documenti, seguono lo schema della ricerca storica? «Certamente».
Cosa si aspetta dal suo lavoro? «Che gli storici ufficiali verifichino le mie conclusioni e riprendano gli studi sulle vere origini di Colombo. Fino ad ora nessuno di loro si è espresso negativamente sulla mia teoria».
Non è esatto: colombisti e medievalisti delle Università di Cagliari e Sassari hanno già detto che la sua tesi non ha alcun fondamento storico. La definiscono un'opera di fantasia. «Le mie conclusioni si basano sugli studi di storici spagnoli ma soprattutto sulla ricostruzione genealogica tracciata dall'associazione araldica della Sardegna, esattamente dal presidente Enrico Tola Grixoni. E anche su uno studio di Antonello Mattone, dell'Università di Sassari».
*** La signora Azuara non è interessata al tema dell'intervista e preferisce restituirsi a un pubblico che per lei ha soltanto applausi e ammirazione. Quando l'unica voce fuori dal coro (il ricercatore indipendente sanlurese Gianni Mereu) prova a riportare il discorso sul confronto documentale viene invitato a chiuderla lì: «Non è questa l'occasione per confutare la tesi». Il resto sono operatori culturali con l'acquolina in bocca e un'amministrazione comunale fiduciosa di scoprire un'America purché sia. L'assessore alla Cultura, Antonello Mancosu: «Ci crediamo molto e vogliamo investirci». Il sindaco Alessandro Collu è più cauto: «Speriamo che la teoria venga confermata. E smettiamola di darci sempre addosso, magari scopriamo che Colombo è nato davvero a Sanluri». Magari.

mercoledì, marzo 05, 2008

Mai pensato di sfrattare Chiara Vigo, Sacerdotessa-Ambasciatrice del bisso


Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez. Marella Giovannelli)


"Buongiorno a tutti, mi chiamo Chiara Vigo e abito nell'Isola di Sant'Antioco a Sud-Ovest della Sardegna. Da anni cerco di difendere un'Arte millenaria dagli attacchi del vivere attuale. I Maestri sono stanchi." Nome e cognome "Chiara Vigo". Professione "Maestro di Bisso Marino". Hobbies "Essere e Tessere il filo dell'Acqua". Pensi di partecipare attivamente al gruppo?
"Penso di poter offrire la mia rete di comunicazione mondiale. Se serve! " Questo “profilo”, pubblicato nello spazio riservato al Gruppo d'incontro Beppe Grillo di Cagliari (beppegrillo.meetup.com/31/members/5333412/), è in Rete dal 13 ottobre 2007 ma, già da molti anni, la “sacerdotessa” del bisso, proclama al mondo la sua fatica. Oggi, alla storia di Chiara Vigo dedica ampio spazio il quotidiano “La Nuova Sardegna” con un articolo, firmato da Felice Testa.
Il titolo “La regina del bisso è stata sfrattata” ha però fatto infuriare il Sindaco di Sant’Antioco Mario Corongiu che, molto seccato, replica: “Nessuno ha mai avuto intenzione di sfrattare la signora Chiara Vigo, non capisco perché si vogliano far credere simili falsità”. In effetti, tralasciando il titolo, da qualche frase del lungo pezzo, si intuisce una verità diversa dal lancio iniziale. Nell’articolo si precisa che “il contratto di comodato d’uso gratuito della sala del Montegranatico è scaduto il 31 dicembre 2007 e non è stato rinnovato.” Una trentina di righe dopo si legge anche la dichiarazione del Sindaco di Sant’Antioco che “ fa appello alla lentezza dei tempi tecnici” e ribadisce: “Nessuno vuole cacciare la signora Vigo dal Montegranatico. Insieme al suo contratto ne sono scaduti altri quattro o cinque e verranno tutti rinnovati, ma i tempi burocratici non sono velocissimi”.
Dissolta la sfratto-bufala, resta comunque di grande impatto mediatico la vicenda umana, con risvolti “sacerdotali” di Chiara Vigo che si definisce “Maestro di Bisso Marino”. Ospite di numerosi convegni e manifestazioni in Italia e all’estero, lei continua a raccontare con dovizia di particolari carismatici la sua “missione”, a cominciare dalla descrizione del giuramento fatto alla nonna. Quel vincolo sacro obbliga Chiara Vigo a non sfruttare la ricchezza del mare. “La Penelope del bisso”, nel 2001, attirò l’attenzione di Panorama che le dedicò il seguente trafiletto: “Tessitrice sarda, unica in Europa ed una delle poche al mondo, che ancora tesse la cosiddetta “seta di mare”, ovvero il bisso, un filamento che secernono alcuni molluschi, le nacchere, che si trovano nei fondali dell'Isola di Sant'Antioco.
E' un'arte complessa, che richiede maestria e pazienza: Chiara Vigo, definita unica erede di Berenice, infatti, tinge il suo bisso con erba che raccoglie durante il periodo di luna nuova, che stende solo quando tira il libeccio e che tratta con il latte di capra. Lo fila solo con un fuso di canna e lo tesse su un pesantissimo telaio in legno, ripetendo all'infinito gesti di certosina precisione.” Convinta di dover tutelare in tutti i modi “un’arte destinata a scomparire con l’ultima custode dei suoi segreti”, la tessitrice di Sant’Antioco afferma categorica: “Il bisso lo difendo e lo custodisco io, non si tocca, non serve per il commercio, le mie opere vanno gratuitamente a chi me le chiede. Essere un maestro non vuol dire fare del proprio sapere una merce. Il maestro tesse un filo d’acqua fatto di relazioni con le persone, diffonde la cultura del bisso. Il suo compito è conservare per chi verrà, ciò che già c’era.
Ho appreso l’essenza del bisso da mia nonna paterna, Maria Maddalena Rosina Mereu, detta Leonilde, maestra di tessuto, e ho imparato che il patrimonio delle mie mani non è mio, ma delle persone e dei loro figli…La verità è che rappresento il bisso nel mondo. Si sono occupati di me i media di tutto il mondo, tv giapponesi, la Bbc, la Cnn, il New York Times perché sono la testimone di un mistero antico. Richiamo a Sant’Antioco, nel Sulcis, trentamila turisti l’anno che vengono per sentire parlare del bisso, per vedere il laboratorio. Ho portato il tessuto in giro per i musei e le università di mezzo mondo, perché il Sulcis e la Sardegna vengano conosciute come scrigno di arti millenarie…”. Sporadicamente, qualche voce critica accusa Chiara Vigo di mancanza d’umiltà e umorismo ma lei non pretende di essere anche simpatica.

domenica, marzo 02, 2008

Sanremo è sempre Sanremo tra incubi, polemiche fantasmi e plagi

Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez.Mara Malda)

Il Festival di Sanremo 2008 va in archivio tra gli incubi da auditel, le polemiche per la canzone non originale di Loredana Berté e il fantasma dei Jalisse sulla coppia dei vincitori Giò Di Tonno e Lola Ponce. Qualche freccetta avvelenata mediatica è stata lanciata anche a Mario Venuti per la sua interpretazione (alla Carmen Consoli) del brano “A Ferro e Fuoco” che avrebbe lo stesso attacco di "Sei nell'anima" di Gianna Nannini. Il maestro Vince Tempera ha giustificato questa ed altre somiglianze dichiarando che “dopo un secolo di musica leggera le combinazioni melodiche ed armoniche sono esaurite, è quindi inevitabile che per comporre un motivo orecchiabile si finisca col ripetere frasi musicali già scritte”.
Dalla similitudine per coincidenza, e quindi in buona fede, al plagio vero e proprio, il passo non è certamente breve. L’iter finalizzato all'accertamento di un eventuale plagio richiede una procedura lunga e complessa, ben nota allo stesso Mario Venuti, accusato di plagio dal cantautore sardo Mariano Melis. La causa va avanti da tre anni e la sentenza del giudice Tarantola del Tribunale di Milano è attesa entro il 2008. Intanto, nell’udienza del prossimo 26 marzo, sarà esaminata la perizia depositata lo scorso 28 febbraio dal CTU Alessandro Traverso. Il consulente tecnico ha messo a confronto i ritornelli di “Echi d’infinito”, scritta da Venuti/ Kaballà, presentata da Antonella Ruggiero a Sanremo 2005 e della canzone “Isolaerrante”, scritta da Mariano Melis.
Una della tante “coincidenze” di questo caso musical-giudiziario è che la splendida “Isolaerrante” di Mariano Melis aveva anche partecipato alle selezioni dell'Accademia della Canzone di Sanremo dal 17 al 22 settembre 2001 a Sanremo, presso il Centro Ariston Roof. La circostanza è documentata dal certificato di frequenza rilasciato a Mariano Melis e dai filmati delle esibizioni effettuate in VHS, realizzati e messi in vendita dalla stessa organizzazione “Publimod”. Inoltre la canzone “Isolaerrante” e il relativo videoclip sono disponibili online sin dalla pubblicazione del disco nel 2002; ad esempio nel sito www.tronos.net che si occupa di produzioni e distribuzione di musica e cultura sarda. Facilmente rintracciabile in Rete è anche la sovrapposizione dei ritornelli di “Isolaerrante” (cantata da Mariano Melis) e di “Echi d’infinito” (cantata da Antonella Ruggiero).
La melodia, il ritmo e la progressione armonica degli accordi sono incredibilmente simili. Il ritornello è formato da due frasi melodiche, ognuna composta da 20 note musicali di cui 18 sono assolutamente le stesse. E si ripete, si ripete, si ripete…La somiglianza è stata subito segnalata all’organizzazione del Festival e alla casa discografica ma, non avendo ricevuto alcuna risposta, Mariano Melis ha deciso di procedere per vie legali, assistito dallo studio Berlinguer di Sassari. Un’ulteriore sorpresa-beffa per il cantautore sardo è stato il video-clip di "Echi d’infinito", girato proprio in Sardegna.
La stessa Antonello Ruggiero, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano isolano, ha dichiarato che questa canzone si ispirava alla magica atmosfera della Sardegna. Coincidenza ancora più strana visto che Mario Venuti è siciliano. La straordinaria somiglianza tra i ritornelli di “Echi d’infinito” e “Isolaerrante” trova riscontro anche nella suoneria telefonica che, per sua natura, permette di “individuare e riconoscere una canzone con immediatezza da parte di ascoltatori normali”.