sabato, marzo 08, 2008

Il Giostraio a riposo presentato a Sassari da Aldo Maria Morace


Testo integrale e foto in www.marellagiovannelli.com

Il Giostraio a riposo di Marella Giovannelli ha fatto tappa a Sassari. La presentazione del libro si è svolta nel salotto letterario della Mondadori Libreria Dessì affidata alle amorevoli cure di Chicca Pulina e Amelia Pigliaru. Ringrazio questa coppia vincente di donne per la loro squisita ospitalità. Prezioso il contributo di Eugenia Tognotti, storica, saggista e opinionista di prestigiose riviste italiane e straniere e dell’apprezzato musicista-cantatutore Mariano Melis che ha accompagnato Maria Antonietta Azzu e Mauro Orrù, nell’intensa e coinvolgente recitazione di una ventina di poesie tratte da “Il giostraio a riposo”.
A presentare il libro è stato Aldo Maria Morace. Ordinario di letteratura italiana, è preside della Facoltà di Lettere dell’Università di Sassari e direttore della Scuola di Dottorato in Scienze dei sistemi culturali. Ha pubblicato saggi su Dante, sui Fioretti, sul Tasso, su Campanella, su Antonio Piazza, sull'Ottocento (Sestini, Berchet, Manzoni, Varese, Guerrazzi, Leopardi, Prati, Mauro, Verga, Capuana, Farina, la novella romantica, il «Conciliatore», il romanticismo calabrese, d’Annunzio) e sul Novecento (Deledda, Pirandello, Tozzi, Alvaro, Montale, Quasimodo, D'Arzo, Seminara, Prisco, Bonaviri, D'Arrigo, Consolo, Satta, Calabrò, Maffia). Ha coordinato diversi progetti nazionali di ricerca, dirige collane di saggistica e di narrativa e la rivista «Crocevia»; è membro dei Comitati per l’Edizione Nazionale dell’Opera Omnia di Tasso, di Capuana e di De Roberto. Questo è un estratto della recensione scritta da Aldo Maria Morace:
“…Il giostraio a riposo si dipana in quattro sezioni: Fuoco, Terra, Acqua, Aria...Stupendamente illustrato e tipograficamente e bello. Titolo ossimorico. Giostraio: imprime il moto, ma è a riposo. Per guardare, per sentire, per meditare. Si è fermato a guardare lo sconcio polipaio in cui è immerso. Nella lirica della Giovannelli l’io poetico parla quasi esclusivamente attraverso i flussi e i ritmi della natura, traduce simbolicamente l'interezza del ciclo vitale nel suo moto e vi vede la porta che apre le plaghe dell'infinito pervenendo ad una scabra e densa e riconoscibile misura di canto pur nel percorrimento di una linea fra le più affascinanti e frequentate della poesia di ogni tempo. Ma se la poesia è concepita come strenua interrogazione ed itinerario esistenziale tra acque e terre, tra eros e decantazione meditativa, mutamento e persistenza sono sottoposti ad inversione: i miti seguono la deriva della corrente, si spostano per effetto della forza assidua che li sostiene e imprime il moto; e l'acqua, l'elemento più fluido ed instabile e fuggitivo, diviene ricordo, entità che conserva le memorie private come quelle dell'umanità....
E' la rivelazione di una voce di poesia, che traduce simbolicamente l'interezza del ciclo vitale nel movimento del mare, che vede in esso una porta aperta alle plaghe dell'infinito, pervenendo ad una sua compiuta dimensione stilistica ed espressiva, con esiti di alta suggestione che vengono ancor più potenziati dalla preziosità della veste editoriale e tipografica e dal rapporto, al tempo stesso osmotico e simbiotico, che si instaura tra i testi delle liriche e le spatolature coloristiche delle tavole di Lino Pes: una sinergia tra Poesia e pittura. Promana dalla raccolta della Giovannelli il fascino di una poesia che si rivela ancora umida di vita. Tutta riverberata sull'io della poetessa, al tempo stesso la raccolta non lo svela, non ne suggerisce contorni privati, cifre umane: l'io parla solo attraverso la natura, attingendo una sua essenziale, captante misura di canto pur nel percorrimento di un tema fra i più affascinanti e frequentati dalla poesia di tutti i tempi, da Omero a Virgilio, da Baudelaire a Rimbaud, da Saba a Montale, per non citare che qualche presenza in quest'ambito…
Aggettivazione mai clamorosa, estremamente oculata, che non sottrae il peso semantico al sostantivo che non lo domina. E' la collocazione, invece, a renderla preziosa, ad eludere la banalità sgranata della sintassi multimediale, anche attraverso l'uso accentuato della costruzione inversa nell'ambito della frase e del verso, con effetti di distillazione e di illimpidimento recitativo… Rime, assonanze e consonanze, che insorgono lì dove si scarica il peso espressivo, e talvolta in collocazione baciata. Una rete di rimandi e di richiami fonici all'interno delle singole liriche tra una lirica e un'altra. Unico movimento musicale giocato stupendamente: in accordo sintonico con i ritmi e le voci della natura, e quasi con il movimento alterno delle onde. Esito a circuito chiuso nell'ambito delle singole liriche (il mare che s'avvolge su se stesso); ma anche rimando continuo da una lirica all'altra fino ad attingere la dimensione compatta del canzoniere, imperniata su una trepida dialettica tra smarrimento e sogno, tra dilatarsi dell'ombra e ritrovata percezione mallarmeana dell'azzurro, tra placidità notturna e improvvisa irruenza ventosa, fra dilagare dei giorni ed epifania dell'esistere; e sempre con coerenza tonale, concentrando ogni elemento, ogni linea, ogni rimando, naturalistico e simbolico, nell'alveo onniassorbente dei quattro elementi naturali. Il dato fisico si fonde con la tonalità dell'anima. Referente naturale che diviene dato simbolico...
E' una frustrazione che segna la progressione dell'ombra. Ma ancora può aprirsi il margine del miracolo, l'epifania di un'immagine vitale sottratta, montalianamente, al frantume dell'inesistenza. E le parole del tempo riportano alla memoria giorni lunghi di amare discordanze, come sempre nella Giovannelli mai drammatizzate, ma rese sempre con gli accenti attenuati che dà il pudore del dolore. La lirica s'affolta di presenze spoglie, smorte: una spirale di malinconia dolorosa innesca un movimento onniassorbente di fuga: fuga dei giorni, della luna, dei gabbiani. E' un universo in fuga rapinosa, cui si contrappone il lamento muto delle cose sciupate e rapprese. Quasi ad esorcizzare il sovrastare dell'ombra, lo smarrimento della luce, l'io poetico inastaura lo spazio raccolto di un giardino, si circoscrive nelle sue valve verdi per risuscitare la presenza della luce attraverso la dimensione salvifica del ricordo. E se il vento iroso cancella l'impronta del ricordo, se l'ombra sembra accerchiare e fagocitare l'irenico lucore del raggio lunare, poi il miracolo d'esistere tornerà ad infiltrarsi nel muro desolato della roccia, nello spessore del silenzio che condanna alla sterilità la terra desolata, attraverso la rapinosità dell'eros.
I silenzi incantati dell'autunno risuonano con vibrazione sommessa e densa, quasi un infiltrarsi del torpore, un lento vanire della memoria dei giorni. Vi s'instaura un ritmo rallentato, pausato, come il trasmutarsi pigro della luce. “Silenzio” e “solitudine” sono, d'altronde, parole chiave, autentici mot clé nell'universo poetico della Giovannelli: l'ombra della sera accampa solitudine di vento; e la solitudine promana dall'oblio delle voci che si sono spente, con un rarefarsi estremo, ma non compiaciuto delle presenze umane, quasi un'oblazione dolorosa che paga la ricchezza gelosa dell'interiorità. Notti ed albe sono le ore topiche della poesia della Giovannelli. Per ascoltare le voci del silenzio, per attingere una percezione depurata del cosmo: una percettività sensoriale acutissima, magicamente dilatata, crea un rimando speculare tra tra micro e macrocosmo...