mercoledì, agosto 29, 2007

Dilemma Maramaldo: vince l'invito con sorpresa di Salvatore Niffoi


Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com

Mercoledì 28 agosto ore 15; un caldo infernale, decine di giornalisti assiepati davanti all’ingresso della Certosa di Porto Rotondo dove Silvio Berlusconi ha riunito lo stato maggiore di Forza Italia e una decisione da prendere: “Vado o non vado a Orani?”.
Ho un appuntamento con Salvatore Niffoi che mi parlato di una sorpresa invitandomi a casa sua. Ho risolto il problema dell’accavallamento tra la mia trasferta in Barbagia e il summit in corso in quel di Punta Lada, a poche centinaia di metri da casa mia, affidandomi all’istinto e alla buona educazione.
Andare ad Orani, dove si è attesi è sicuramente più gratificante che aspettare per ore dietro un cancello la conclusione di un vertice blindato.
Arrivata a casa Niffoi ho scoperto che la sorpresa annunciata dall’autore di Redenta Tiria, della Vedova Scalza, di Ritorno a Baraule e di tanti altri splendidi romanzi, non ha niente a che fare con i libri.
Ad aprirmi la porta è stato uno stupefacente Salvatore Niffoi, pittore che ha trascorso l’estate dipingendo. Il grande scrittore sardo, vincitore del Campiello 2006, ha ritrovato il suo vecchio amore per i pennelli, testimoniato dalla quantità di quadri, tutti realizzati da lui, appesi alle pareti del suo appartamento. In questi ultimi anni, lo straordinario successo editoriale ed il turbinio nazionale ed internazionale degli impegni correlati, avevano distratto lo scrittore oranese dalla pittura.
Ora l’ispirazione è tornata a farsi sentire, insieme al desiderio di ritrovare le origini anche attraverso un “amarcord” visivo che Salvatore Niffoi materializza in modo originale, suggestivo e potente. I suoi quadri hanno sfondi di velluto liscio o a coste ma usa anche stracci e garze su cartoncini telati.
Raccontano storie d’infanzia e di paese attraverso l’inserimento di fascine, grano, bottoni, spille da balia, chiodi, orologi rotti, mollette per stendere i panni, stecchini, saponette, pettini e figurine di argilla essiccate al sole.
Anni fa, il Niffoi pittore utilizzava, come logo, una piccola mongolfiera, simbolo di libertà. Ora attinge a una sua personalissima riserva che contiene materiali e cose “di famiglia”, oggetti umili ma ognuno dei quali ha una piccola storia da raccontare. Come le valvole usate da suo nonno, guardiano di miniera, per costruire televisori e i fili dei condensatori che, nelle tele di Niffoi, sembrano collegare il passato al futuro.
I colori scelti dallo scrittore sardo per i quadri colpiscono per la loro intensità e l’armonia cromatica delle composizioni che, spesso, hanno riferimenti scaramantici. Niffoi Karrone (così firma le sue tele) è riuscito a stregarmi, prima con i suoi romanzi e ora con i suoi quadri. Tornata da Orani, con la testa ancora piena di colori, racconti e magia, sono arrivata in una Porto Rotondo notturna ma crepitante e illuminata a giorno dai fuochi d’artificio-cannonate sparati da Berlusconi nel dopocena-dopovertice alla Certosa.

martedì, agosto 28, 2007

Woody Allen a cena allo Sporting di Porto Rotondo


Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com

Woody Allen, prima di andare a Venezia per il Festival del Cinema, ha fatto tappa in Costa Smeralda. Ad invitare il grande regista americano è stata l’amica “storica” Adriana Chiesa. Suo marito, il compianto Carlo Di Palma, collaboratore di Woody Allen in diversi film, aveva più volte chiesto all’attore-regista di visitare la Gallura e, soprattutto, Porto Rotondo. Da qualche anno, Carlo Di Palma non c’è più, ma la sua Adriana non ha mai smesso di parlare a Woody Allen della Sardegna e della sua bellezza.
Impegnato a Barcellona dove sta girando il suo nuovo film, il regista atteso a Venezia per la presentazione fuori concorso di "Cassandra’s Dream", ha finalmente accettato l’invito della presidente della società di vendite internazionali "Adriana Chiesa Enterprises" che, da molti anni, trascorre le sue vacanze all’Hotel Sporting di Porto Rotondo. Woody Allen, con moglie e figli al seguito, dopo aver lasciato i bagagli al Cala di Volpe, ha raggiunto lo Sporting portorotondino per una cena illuminata dalla luna piena; tavolo apparecchiato per nove nel patio con piscina al centro.
A Woody Allen abbiamo chiesto una prima impressione sulla Costa Smeralda e dintorni. Immediata la sua risposta:“Wonderful, molto pittoresca, ideale per girarci un film.” Ha poi accettato, gentilissimo e sorridente, di farsi fotografare, prima da solo, poi con Adriana Chiesa e, infine, con il Direttore dello Sporting Guido Gunnella.

venerdì, agosto 24, 2007

Tipi d' estate: Marella Giovannelli, secondo il Corriere della Sera 22 agosto 2007


Tratto dal Corriere della Sera


Mara Malda, la regina del gossip. E lo scoop del culatello

MILANO - Era la regina del gossip sardo. Nel senso che non c' era pettegolezzo, notizia succulenta, primizia amorosa culturale e salottiera che non passasse per le sue orecchie. E lei, solo lei, decideva se farli arrivare al grande pubblico. Oppure no, «perché, alla fine, saranno pure affari loro». Da vent' anni non manca un appuntamento mondano, alto e basso che sia. Tutti conosce, tutti ha incontrato e raccontato. Da vent' anni osserva la sua terra diventare meta di personaggi e personacci. Solo che da un po' di tempo in qua i secondi prevalgono sui primi. E allora, Mara Malda ha deciso di dire basta, almeno con il pettegolezzo, per «una clamorosa indigestione di ciliege: non ci sarà più il gossip nella mia estate, colpita da orticaria al solo pensiero di scrivere ancora delle saghe lelemoriche, briatoriane, venturiche o certosine». Perché la signora bionda e riccia, olbiese di nascita, veneto-pugliese di origine, che a Porto Rotondo ha piazzato residenza, vita e carriera, di quei luoghi è la voce più accreditata e ascoltata. E la più cercata, perché se c' è un aneddoto da riferire il suo cellulare è il primo (a volte l' unico) a squillare. Come quella volta che a Villa Certosa si erano persi il culatello per Putin: «Mi chiamarono dalla cucina e mi raccontarono che Berlusconi aveva fatto spedire da Parma un culatello apposta per il suo ospite, solo che non arrivava! Alla fine, dopo un lunghissimo giro di telefonate hanno scoperto che si era incagliato nell' ufficio postale di Olbia...». In arte si chiama Mara Malda, ma all' anagrafe è Marella Giovannelli. Una doppia identità «a seconda di quello che faccio: se scrivo di gossip sono Mara, se faccio cose più serie torno Marella». È Marella Giovannelli quando scrive poesie gustandosi il mare dalla sua villa a Punta Lada dove vive tutto l' anno con il marito. Ma anche articoli sulla Costa Smeralda, mostre, eventi culturali, appuntamenti istituzionali: tutto finisce sul suo sito http://www.marellagiovannelli.com/.
Lei nasce come interprete parlamentare, ma poi diventa giornalista e fotografa. Lascia Roma e torna nella sua isola, «solo qui mi sento a casa», per documentarne tutti gli aspetti, incluso quello mondano. «C' erano le feste di una volta - ricorda -, quelle da Marta Marzotto: apparecchiava tutte le mattine per cento persone, senza inviti, si sapeva solo che all' una a Punta Volpe c' era la colazione, arrivavano da terra, mare, cielo». C' erano artisti, intellettuali, attori, il jet set internazionale, «Inge Feltrinelli, Monica Vitti, Dario Bellezza, Coveri, ho incontrato pure Buzz Aldrin, il secondo a toccare il suolo lunare dopo Armstrong, mi raccontò dell' odore della luna...». Tutto era semplice, allegro, spontaneo: «Ci si incontrava, si chiacchierava, si ballava, era un ozio costruttivo». Mica come la Sardegna degli ultimi tempi. «C' è stato un profondo cambiamento - riflette Mara-Marella -, ora tutto è sponsorizzato, il divertimento è diventato business, si cerca il paparazzo per finire sul giornale, le feste sono solo un postalmarket di carne fresca: e ci si annoia da morire». Perciò Mara Malda non vuole più raccontarle. «Speravo che Vallettopoli avesse spazzato via un po' di questo...». Invece, il Billionaire continua ad essere affollatissimo di aspiranti veline e flaviobriatori, «è un mondo che non mi piace, dove più sei avanzo di "balera" e di galera e più la gente ti mette i tappeti rossi». E quest' anno neanche c' era la Marzotto, «ci è mancata molto», però altre feste ci sono state, «importantissime e blindatissime, quelle di cui non si sa nulla perché i veri vip fanno vita riservata». Come quell' arabo che ogni venerdì ha organizzato un party mascherato sul suo yacht, «impossibile accedervi». Meglio allora tornare alle origini. Artisti e intellettuali. E Marella Giovannelli era all' inaugurazione della nuova galleria d' arte a Porto Cervo, ha accolto lo scultore Mario Ceroli che realizzerà il campanile di Portorotondo, ha partecipato al cocktail per la collezione Halevim all' Hotel Cala di Volpe. «C' è un' altra Sardegna, quella che questi personacci neanche immaginano, per loro è tutto uguale ma intorno c' è un' inversione di tendenza verso la cultura e l' arte, c' è grande voglia di vacanze intelligenti: nel 2006 si è toccato il fondo, il 2007 è stato un anno di transizione. Sento che il 2008 sarà l' anno della rinascita sarda».

Articolo di Claudia Voltattorni

martedì, agosto 21, 2007

Il Farfallario di Berlusconi non è una teca ma una casa-giardino

Testo e foto di Mara Malda per http://www.marellagiovannelli.com/

“Altro che teca: è una meravigliosa Casa-Giardino delle Farfalle, una specie di grande serra con un microclima particolare, orchidee e piante tropicali”. Il Farfallario di Slvio Berlusconi alla Certosa è stato visitato anche da Kristina Mikulskyte, ricercatrice rosacrociana di origini lituane, residente a Milano e in vacanza a Porto Rotondo. Invitata dal Cavaliere, lo scorso 10 agosto, insieme ad alcuni amici, ha trascorso un pomeriggio nella tenuta certosina di Punta Lada che Kristina chiama “il Giardino dell’Alchimista”. La foresta degli ulivi, l’anfiteatro dei cactus, l’orto botanico, il roseto e il palmeto hanno suscitato comprensibile stupore così come i tantissimi leprotti selvatici, residenti abituali del parco di Berlusconi.
Ma, a colpire Kristina, è stato soprattutto il Farfallario che ospita diverse specie, introvabili alle nostre latitudini. Sono farfalle grandi e coloratissime che svolazzano tra fiori e piante in un ambiente che, per temperatura, umidità dell’aria e vegetazione, riproduce quello naturale. “Il Cavaliere non ha tralasciato alcun dettaglio- racconta Kristina- per terra c’è un tappeto di sassolini bianchi e in alcuni angoli sono posizionate piccole strutture dove le farfalle tropicali depongono le uova; bozzoli e crisalidi sono piccoli capolavori”. Kristina definisce Silvio Berlusconi “un naturalista con un amore profondo per le cose animate e quelle inanimate. Per le sue farfalle ha voluto ricostruire l’ambiente originario inserendo piante e fiori che garantiscono il mantenimento dell’equilibrio naturale e il benessere di questi splendidi insetti”.

sabato, agosto 18, 2007

Eleonora Brigliadori incompresa & denunciata

Testo e foto su http://www.marellagiovannelli.com/ (sez.Mara Malda)

Armata di pennello e vernice Eleonora Brigliadori è stata sorpresa da un vigile mentre tinteggiava, non una camera di casa sua, ma uno scoglio sulla spiaggia di Portobello nel Comune di Aglientu. Nel servizio, mandato in onda dall’emittente regionale Cinquestelle (che ringraziamo per la gentile concessione delle immagini filmate da Angelo Mavuli), si distingue la grande macchia azzurra che, nelle intenzioni dell’attrice, dovrebbe rappresentare un Angelo. La Brigliadori, colta in flagranza di reato, è apparsa sorpresa per l’interruzione forzata del suo lavoro. “Voi non avete capito- ha dichiarato agli agenti della Polizia Municipale - che io sto finendo un’opera d’arte per farne dono alla Sardegna”. L’ “incompresa” Brigliadori è stata quindi denunciata per deturpamento e danneggiamento di bene pubblico dagli agenti del corpo forestale regionale e dalla polizia municipale di Aglientu. Il sindaco Pietro Giorgioni ha annunciato che si costituirà parte civile; sul piede di guerra anche il proprietario del terreno che non ha apprezzato l’irresponsabile esperimento di land art su una roccia intatta da millenni. Sullo scoglio deturpato è stato appeso un cartello con la dicitura “Pregasi pulire” ma neanche le mareggiate di queste ore sono servite a rendere meno smagliante l’azzurro-madonna scelto da Eleonora Brigliadori per trasformare la roccia di granito. L’attrice ha difeso ad oltranza il suo operato, con un atteggiamento definito “arrogante” da vari testimoni. Visto che il suo “dono-ricordo” alla Sardegna non è stato né capito, né gradito, ha dichiarato di volersi rivolgere al ministro per i Beni e le Attività culturali, Francesco Rutelli, per evitare che la sua "opera d'arte" venga rimossa dalle rocce di Portobello.
Un paio di anni fa, intervistata sulle filosofie orientali e la medicina alternativa, la Brigliadori, fra l’altro, aveva dichiarato: “…Ogni donna è una madre, con o senza figli, e in sé ha il potere di accogliere e trasformare la realtà tutta. Questa è oggi la vera frenesia della mia attività. Vivere il lavoro come un hobby e i miei interessi profondi come attività centrali che possano contribuire a una riqualificazione della realtà, in senso globale ed etico”. Sempre nello stesso periodo, dal palcoscenico del "Maurizio Costanzo Show", aveva invitato gli italiani a bere la pipì per curare ogni male e mantenersi in salute.

venerdì, agosto 17, 2007

Bufala smeralda con foto-prova


Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
A Porto Rotondo si ride per la bufala sul ciondolo di smeraldi appeso al cordino di caucciù sfoggiato da Silvio Berlusconi alla vigilia di Ferragosto in casa di Anna Betz. Come ho già scritto nell'articolo precedente, si trattava di una croce stilizzata in oro senza neanche l'ombra di uno smeraldo. Ma un'invitata alquanto miope, seduta a notevole distanza dal Cavaliere, ha pensato bene di fare uno scherzetto ad un "comunicatore" che, dall'esterno, sollecitava informazioni sul nuovo look dell'ex-premier. L'ospite, talpa ma spiritosa, si è quindi inventata il ciondolo-smeraldo divulgando, via sms, una bufalotta alla quale hanno abboccato quasi tutti i giornali italiani e stranieri. Con buona pace della croce, d'ispirazione vagamente tribale, con nessuna pietra incastonata o ciondolante sul petto di Berlusconi.

mercoledì, agosto 15, 2007

La Costa dei panzoni cattivi fa più rumore di Berlusconi in festa ma non troppo

Testo e foto (esclusive) di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com

Risveglio ferragostano traumatico per tutti i panzoni della Costa Smeralda. La difesa d’ufficio di Zucchero, firmata da Francesco Merlo su “Repubblica”, ha arroventato i cellulari più dei commenti sul nuovo look sfoggiato da Silvio Berlusconi alla festa in casa di Anna Betz e Sergio Di Cesare.
Sulle prime qualcuno, vedendo il Cavaliere, ha bisbigliato: “Direi che è uno stile alla John Travolta: giacca bianca, camicia blu, comode Hogan ai piedi, cordino in caucciù al collo e croce appesa. Evidentemente ha intenzione di cantare e ballare come lo scorso anno, se non di più”.
E, invece, Berlusconi aveva lasciato a casa, oltre al maglioncino, anche la voglia di danze e coretti. Per evitare equivoci e strumentalizzazioni l’ex-Premier ha scelto di trascorrere un’estate di semi-clausura.
Ogni giorno, in elicottero, parte dalla Certosa di Porto Rotondo per andare a trovare la madre, rimasta a casa per motivi di salute.
“Lei mangia solo con me - ha detto Berlusconi - quindi io faccio su e giù ogni giorno”. Ha poi assistito, praticamente ipnotizzato, a dei fuochi d’artificio che hanno fatto impallidire persino quelli certosini.
Il Cavaliere, in religioso silenzio davanti ai giochi pirotecnici, forse rimuginava su come stupire i quaranta ospiti che, stanotte, festeggeranno il Ferragosto a casa sua, fra l'anfiteatro, la gelateria, il labirinto e colate laviche telecomandate.
Molti volti e corpi noti fra i trecento ospiti di Anna Betz che ha fatto arrivare da Fonni sopraffini porcetti, salumi e formaggi della Barbagia. Silvio Berlusconi, a differenza dello scorso anno, si è concentrato sul cibo sardo e sulla conversazione, evitando palco e microfono.
In compenso ha confermato di voler ripetere un esperimento già fatto qualche mese fa: riaprire i cancelli della Certosa agli studenti di Olbia per delle visite guidate all’orto botanico e ai giardini.
Ma il tam-tam del giorno dopo su “cosa ha fatto il Cavaliere, chi c’era e chi non c’era” , è passato decisamente in secondo piano.
Fanno più discutere le “perle” di Ferragosto inanellate da Francesco Merlo e pubblicate a pagina 19 di Repubblica, con richiamo, naturalmente, in prima.
Trattasi di un articolo (lungo e serio per l’autore ma esilarante per ogni Lettore di buon senso, preferibilmente non schierato) dove si generalizza, stigmatizza e demonizza “l’Italia sardoestiva all’ostrica e champagne”, facendo di tutta un’erba un fascio.
Imperdibile il suo distinguo tra pance e pance. Per il Merlo, forse troppo canterino nel solleone di Ferragosto, : “Zucchero ha smascherato il Paese dei cafoni…ci sono panze e panze….L’artista è grasso perché pensa alla musica mentre i riccastri trimalcioneschi di Porto Cervo ricordano…gli otri gonfiati che camminano”.

lunedì, agosto 13, 2007

Zucchero stravillano recidivo al Cala di Volpe + aggiornamenti


Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com



Zucchero al veleno, ineguagliabile mix di bravura e villania, meriterebbe solo un copia&incolla dell’articolo scritto da Mara Malda nel 2002, all’indomani della sua esibizione al Cala di Volpe. Ma, a distanza di cinque anni, nello stesso scenario, c’è stato addirittura un aggravamento nel numero e nel tipo degli insulti rivolti al pubblico dallo strapagato bluesman. Il quale ha trattato gli ottocentocinquanta strapaganti come le più classiche delle fantozziane merdacce. Alcuni, fra i meno masochisti, hanno anche chiesto la restituzione dei soldi (tanti) sborsati per il concerto. Altri si sono alzati e, inviperiti, hanno “mollato” il tavolo e uno Zucchero imbufalito contro le donne di “una certa età che puzzano come aringhe” . Quest’anno, l’inizio soft dello show, con uno Zucchero solo canterino, aveva malignamente illuso il management Starwood e il pubblico noto & ignoto. Poi è arrivata la precisazione, del tutto superflua, scandita dall’ineffabile Fornaciari: “Sono qui solo per i soldi”, seguita da una raffica di irriferibili insulti “di genere”, decisamente pesanti e rivolti soprattutto alle signore, con protesi e senza. Tra parolacce e considerazioni deliranti, Zucchero è riuscito a indignare praticamente tutti, dai vertici della Colony e della Starwood, alla Santanchè, Swarovski, passando per Ivana Trump, Valeria Marini, i cuochi del Cala di Volpe (crazy Sugar ha insultato persino il cibo peraltro squisito servito a cena) e via elencando. Campione di maleducazione già sperimentata nel 2002, il recidivo Zucchero, cinque anni fa, sempre al Cala di Volpe, aveva esordito con un affettuoso “Sento di trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato”, aumentando progressivamente la dose con inequivocabili appelli del tipo : “Non rompetemi il ca…; muovete il cu…; prendetevi a schiaffi da soli se non siete capaci di divertirvi!…”ed altre amenità del genere. Ieri, Fornaciari, evidentemente ispirato dal contesto Calavolpino, ha fatto anche di peggio, raggiungendo rari picchi di villania, volgarità e maleducazione. Bontà sua e peggio per chi ha deciso di richiamarlo, correndo (e pagando salato) il rischio-insulto nella certezza di una serata con ritorno economico garantito.


P.S n°1 sullo Zucchero avvelenato

Nelle immagini impietose trasmesse dall’emittente regionale Cinquestelle nel notiziario delle 13,30, relativo al concerto avvelenato di Zucchero al Cala di Volpe, si possono sentire gli insulti e, soprattutto, si vedono le bottiglie da lui lanciate dal palcoscenico in mezzo al pubblico che ballava. Una di queste bottiglie, è stata rispedita al mittente mancandolo di poco. E’ scoppiato un tafferuglio sedato da un vigilante e da un vigile fuori servizio che hanno calmato gli animi dei clienti inferociti.

P.S n°2 sullo Zucchero avvelenato

Telefono blu ha annunciato di aver attivato i propri uffici legali in Sardegna a disposizione degli spettatori paganti (”ricchi o poveri che siano”) che intendano chiedere un risarcimento dopo gli insulti al pubblico lanciati dal cantante Zucchero nel concerto per vip da 1.200 euro a persone tenuto domenica sera all’hotel Cala di Volpe, in Costa Smeralda.
“Nel biglietto non erano previsti insulti e lanci di oggetti e la performance di un artista non può trasformarsi - causa lo stesso - in una seppur folkloristica rissa”, afferma Pierre Orsoni, presidente dell’associazione di consumatori, che attribuisce a Zucchero un cachet di 300.000 euro per la serata in cui si e’ scagliato con frasi pesanti in particolare contro una spettatrice che mandava sms dal telefonino durante la sua esibizione. “Telefono blu, che in Sardegna ha un centralino sembra attivo allo 070-668446, ammonisce questi signori che fanno i finti poveri e che magari con le loro canzoni aizzano i giovani o placiano gli stessi, facendo credere che ci sono i buoni e cattivi e che i buoni guarda caso sono sempre loro. “Consiglio a Zucchero una lettura molto educativa, “Le Miserables” di Victor Hugo, per capire chi sono i poveri e i ricchi”.

P.S n°3 Lettera di Maria Cristina Meroni che commenta l'articolo di Giampiero Mughini pubblicato sul quotidiano "Libero" del 14 agosto 2007 intitolato "LA LIBIDINE DEI RICCHI PER L'AUTOLESIONISMO".

"Sono a Porto Rotondo, passo le mie vacanze qui da quarant'anni. C'ero anche l'altra sera, a Porto Rotondo. Non al Cala di Volpe. Perchè forse non tutti i ricchi sono autolesionisti, perchè non tutti i ricchi, come dice Zucchero, "sono morti dentro". Forse più semplicemente parlava solo di se stesso. Forse non tutti i ricchi vengono in Sardegna o vanno in altri posti simili solo per costituire degli agglomerati di gente simile a se stessa. A volte amano semplicemente la natura, o desiderano tornare come le "persone comuni" ai propri amori. Nel silenzio di quella sera dall'altra parte del mare leggevo un buon libro, godendo di una brezza leggera e forse, tanti altri "ricchi", come me, hanno preferito e preferiscono semplicemente guardare il mare e poi, provare una rabbia infinita nei confronti di coloro che fanno sembrare tutta la categoria solo un gruppo di emeriti deficienti. Come sempre nella vita l'appartenenza di nascita dà comunque un diritto di scelta nel suo trascorrerla".

venerdì, agosto 10, 2007

Pinuccio Sciola e le sue pietre sonore a Porto Rotondo

Testo e foto di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com
“Quando non ero e non era il tempo. Quando il caos dominava l’universo. Quando il magma incandescente celava il mistero della mia formazione. Da allora, il mio tempo è rinchiuso in una crosta durissima. Ho vissuto ere geologiche interminabili, immani cataclismi hanno scosso la mia memoria litica. Porto con emozione i primi segni della civiltà dell’uomo. Il mio tempo non ha tempo”. Con queste parole, lo scultore Pinuccio Sciola, artista magmatico e carismatico per eccellenza, presenta la sua “carta d’identità”. Lo incontriamo a casa di Luigi Donà delle Rose che, attraverso la neo costituita Fondazione di Porto Rotondo, è riuscito a coinvolgere Sciola in un progetto straordinario. Via Riccardo Belli e l’area circostante, una delle zone più centrali e trafficate del villaggio, sarà trasformata in un’opera d’arte a cielo aperto. Prima di parlare di questo progetto con lo scultore, sardo di San Sperate, che tutto il mondo ci invidia, lo guardiamo accarezzare una delle sue famose sculture, attraversata da tagli profondi. Sotto le sue mani, la pietra comincia ad emettere suoni liquidi perché, come ci spiega il maestro Sciola, “la pietra è la spina dorsale del mondo. Il calcare non è altro che acqua fossilizzata per cui la memoria della materia è rimasta all’interno della pietra. Se suono il basalto - aggiunge lo scultore - il suono non ricorda più lo scorrere dell’acqua ma il divampare del fuoco”. Vista la semplicità con la quale Pinuccio Sciola spiega il suo “concerto” con la scultura di pietra-strumento musicale, siamo in tre a chiedergli di farci provare. Per noi è un’esperienza del tutto nuova ma, solo uno su tre, è riuscito, al primo tentativo, a far suonare la pietra.
“ Riprovate, non è difficile - ci consola il maestro. Dipende dall’umidità del palmo delle mani, dal tipo di carezza o di pressione che si esercita sulla scultura. I bambini, ad esempio, sono bravissimi a far cantare le pietre”. La propagazione dei suoni è dovuta alle vibrazioni generate dalle pietre, diventate elastiche, una volta penetrate da lame profonde. La lunghezza dei tagli e la loro posizione sulla pietra “memoria dell’universo”, costituiscono le basi dell’intuizione, tanto geniale quanto poetica, di Pinuccio Sciola. Prima o poi riuscirà a realizzare il suo sogno-auspicio: “La Sardegna è la più bella scultura al centro del Mediterraneo e, dentro questa scultura, devono venire tutti gli scultori più bravi del mondo”. Lo ribadisce oggi, forte di un successo internazionale ormai consolidato e coerente con una formazione che lo ha visto cominciare come autodidatta. Il percorso artistico di Pinuccio Sciola è inusuale, fecondo, prestigioso ed imprevedibile. Scherzando, dice di essere “nato da una pietra” e qualcuno lo ha anche definito lo “scultore-scultura”.
“Da piccolissimo ho iniziato impastando il fango - racconta Sciola - e poi mi incantavo a guardare i muratori e gli scalpellini. La mia è una famiglia di contadini; in casa eravamo in dieci: babbo, mamma e otto fratelli. Io, da sempre, sono stato affascinato dalle pietre che ho cominciato a lavorare sin da bambino. Mi colpito il fatto che avessero suoni diversi e, intanto, già da ragazzino, realizzavo sculture di grandi dimensioni. A diciassette anni sono stato chiamato per il servizio militare; nel foglio per la visita di leva io avevo scritto “Per l’arte, la vita”. In quel periodo, alcuni amici organizzarono una mostra delle mie opere alla Rinascente di Cagliari. Vinsi il primo premio: una borsa di studio che per me, in possesso della sola licenza elementare, segnò una svolta. Ebbi, infatti, la possibilità di frequentare per quattro anni il Liceo Artistico diretto da Foiso Fois. Ottenuto il diploma, mi proposero di insegnare al Liceo, con uno stipendio regolare. Davanti a questa offerta mi sono spaventato perché temevo di non avere più tempo sufficiente da dedicare alla scultura. Ci ho pensato due giorni, al terzo sono praticamente scappato e ho cominciato a viaggiare.
Erano i primi anni Sessanta; sono stato a Orvieto, Roma, Venezia, Ravenna, Firenze. Una ragazza tedesca mi indirizzò all’Accademia Internazionale d’Arte di Salisburgo dove, per cinque estati, frequentai i corsi di Kokoschka, Kirchner, Marcuse, Minguzzi e Vedova. Finiti i corsi, ripresi i miei viaggi; anni di fame e gavetta; ho conosciuto tutte le stazioni d’Europa perché era lì che dormivo, per terra, sui cartoni mentre di giorno visitavo i musei. Vinsi un’altra borsa di studio per la Spagna che, per me, significava la possibilità di poter imparare lo spagnolo per poi andare in Messico, paese che mi attirava come una calamita. Ma, in Spagna, sono rimasto folgorato dalle grotte di Altamira; provai una emozione fortissima che ha sicuramente influenzato il mio percorso creativo”. Pinuccio Sciola sospende il racconto del suo passato per lanciare un’idea da realizzare in Sardegna, “una scultura lunga 240 chilometri, una strada dell’arte con inizio a Cagliari e fine a Porto Torres. Un’opera del genere, oltre a valorizzare il patrimonio paesaggistico, costituirebbe un’attrazione culturale e turistica unica al mondo”. Sciola riprende il filo del discorso, riavvia la “macchina del tempo” e lo ritroviamo nel maggio del 1968, a Parigi. Arricchito da stimoli, fermenti e rapporti allacciati a livello internazionale, lo scultore sardo rientra a San Sperate che trasfigura con i suoi murales, facendolo diventare un paese-museo.
Coinvolge l’intera comunità con il suo entusiasmo contagioso che travalica i confini dell’isola. Invita i suoi amici artisti che arrivano a San Sperate da Salisburgo e l’eco delle iniziative di Pinuccio Sciola, in quell’angolo assolato della Sardegna, giunge fino all’Unesco. Positiva conseguenza di tanto interesse: il desiderato viaggio in Messico. “Era il 1973 - ricorda Sciola - appena arrivato, mostrai al Segretario dell’Unesco di Città del Messico, le foto delle mie sculture e lui mi disse - Uomo, tu sei un Maya che ha vissuto lontano da qui -. Sentito il mio cognome, saltò sulla sedia e mi accompagnò a vedere la targa della strada intitolata a un certo Xola che i messicani pronunciano Sciola”. Durante quel soggiorno lo scultore sardo incontra il grande muralista Siqueiros dal quale attinge i segreti e il fascino della cultura pre-colombiana. Emozioni potenti, per lui, anche in Perù dove entra in contatto con la cultura degli Incas.
“I Gesuiti mi invitarono a Kenko e, in uno spunzone di roccia, ho visto il dettaglio di una scanalatura perfettamente coincidente con una delle mie sculture. Avevo con me la foto di questa pietra che impressionò moltissimo anche i miei accompagnatori. A Santiago del Cile mi regalarono un biglietto per l’Isola di Pasqua e qui ebbi un’altra, indimenticabile sorpresa. Mi trovavo con un vecchio polinesiano quando, fra i cumuli di pietra con sopra le famose statue, ho visto un vero e proprio nuraghe che, naturalmente, ho fotografato. Persino il decano degli archeologi sardi, Giovanni Lilliu, al quale mostrai l’immagine, disse che si trattava di uno dei “nostri” nuraghi”. Dopo aver dato vita ad una scuola-laboratorio a San Sperate, Pinuccio Sciola, effettua un entusiasmante viaggio di studio in Africa, attraverso la foresta equatoriale, dall’Uganda fino allo Zaire. Nel suo “nomadismo creativo” tra le capitali europee e non solo, conosce tanti protagonisti dell’arte contemporanea; da Aligi Sassu a Giacomo Manzù, da Fritz Wotruba a Henry Moore. Oggi, le opere di Sciola, sono esposte nei più importanti musei del mondo, abbelliscono piazze, chiese e centri storici. Lui, però, non è schiavo, né dell’ambizione, né della presunzione.
Ha capito che “se si eccede in una o nell’altra, si è tagliati fuori” e, a dimostrazione della sua semplicità, non ha un mercante o un agente. Gestisce la sua attività direttamente, con l’aiuto di un collaboratore, “uno solo ma validissimo”. Su Sciola ormai fioccano i riconoscimenti nazionali ed internazionali. Una delle sue sculture sonore è stata installata da Renzo Piano nell’Auditorium della Musica a Roma. Nel 2004, è stato l’unico artista italiano invitato a partecipare alla mostra “L’elogio della natura”, allestita a Parigi, nel Jardin du Luxemburg. Anche i Semi, le Spighe, le Foglie e i Fiori di pietra, sono un omaggio dello scultore alla Terra, la dea Madre con la quale Pinuccio Sciola ha saputo conservare un “filo” diretto e speciale. A ricordarglielo è anche la suoneria del suo cellulare: il chicchirichì di un gallo. Dopo una splendida mostra di sue grandi opere, allestita a Venezia durante l’inaugurazione della Biennale, alcune sculture sonore di Sciola sono state esposte nel sagrato della Basilica di San Francesco ad Assisi. Il suo “Cantico delle pietre” ha emozionato e commosso il pubblico e i frati francescani che hanno scelto una sua opera da mettere accanto alla tomba del Santo. Ma i successi mietuti oltremare non riescono a tenere lontano lo scultore dalla sua Sardegna più di un certo periodo. La sua stessa vitalità creativa, così strettamente legata alla sua terra, diventa dirompente se il progetto è legato all'isola. “Luigino Donà dalle Rose è venuto a trovarmi a San Sperate - ricorda Pinuccio Sciola – e mi ha proposto un intervento nel centro di Porto Rotondo, in via Riccardo Belli. Sto pensando ad una pavimentazione particolare: un tappeto di pietre con dei segni; negli spazi lungo la strada realizzerei dei piccoli salotti monolitici e una serie di sculture sonore”. Il festival Time in Jazz di Berchidda, ad agosto, avrà come “ospiti d’onore” alcune opere di Pinuccio Sciola che, tra i suoi tanti progetti, ne ha uno in cantiere, anche per piazza Montecitorio a Roma. Eppure lui, con la modestia che solo i veri grandi hanno, dice: “Io non credo di aver aperto nuove strade. Ho trovato il modo di dare a una materia, apparentemente muta, un suono, il suo suono”.

Mario Ceroli ritorna a Porto Rotondo tra segni e sogni


Testo e foto di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com

“Per me era un grande dispiacere sentire in Mario la rabbia per non aver completato alcune opere. Circa un anno fa l’ho chiamato al telefono e gli ho detto: “ Ieri sera mentre Uto Ughi suonava nella chiesa di San Lorenzo ho pensato a te. Vediamoci.” Con questa premessa-promessa Luigi Donà dalle Rose spiega il ritorno operativo a Porto Rotondo di Mario Ceroli, artista ormai conosciuto in tutto il mondo.
Nel villaggio, già ricco di suoi “segni”, il grande scultore abruzzese potrà ora realizzare i suoi sogni e finire una serie di opere. Lo incontriamo a casa Donà dalle Rose in un torrido pomeriggio di luglio. Prima di cominciare la nostra chiacchierata e passare la parola al maestro Ceroli, il conte Luigi, spiega: “Io e Mario siamo fatti allo stesso modo, cervello giovanissimo e un’età che ci siamo divisi in due. Io ho voglia di fare e lui di continuare. Dopo quella telefonata sono andato a trovare Mario Ceroli a Roma e lui, ospitale e generoso come sempre, mi ha portato a vedere i suoi nuovi lavori nella casa-museo di via della Pisana.
Questo suggestivo ex- casale di campagna è stato trasformato da Mario in un luogo di arte e cultura, pieno di opere che si vanno accumulando nel tempo. Nella Casa c’è davvero tanto: 5000 disegni e 650 lavori tra grandi e piccoli più tutti quelli non ancora finiti. Ci sono anche molti bozzetti delle opere realizzate a Porto Rotondo; per fortuna Ceroli non butta mai nulla e allora, con grande emozione, abbiamo rivisto insieme le “incompiute” di Porto Rotondo”.
Con un sorriso che trasmette fiducia, lo stesso Ceroli rivela: “Mi ha entusiasmato l’idea di Donà dalle Rose; ha costituito una Fondazione per dare continuità allo spirito che ha caratterizzato la nascita di Porto Rotondo nel segno dell’arte e della cultura. Il fatto che la chiesa, riacquisita da Luigino, venga conferita alla Fondazione, è un ulteriore stimolo a lavorare ancora per questo villaggio.
Ho quindi accettato di entrare nel gruppo dei soci fondatori e di ultimare diverse opere, da me ideate per Porto Rotondo. La prima è un portone in vetro; a seguire il rosone, pronto sin dal 1984, e la facciata posteriore della chiesa che verrà valorizzata da una bordatura di granito prospiciente un sagrato utilizzabile anche per celebrare le messe all’aperto. Molto bello sarà il campanile in legno, unico al mondo, sia per i materiali usati che per le sue dimensioni”.
Un altro intervento riguarderà l’Anfiteatro. “Mancano ancora quattro altorilievi della cavea esterna - precisa Ceroli -ma i disegni sono già pronti. Da realizzare anche la macchina scenica con tutte le rastrelliere per le luci”. L’entusiasmo di Mario Ceroli parte da una considerazione e poi viaggia a ruota libera: “Per me è una grande occasione ritornare in questo villaggio che mi è molto caro. Qui ho cominciato quarant’anni fa; è stata un’esperienza fondamentale; tutto ciò che ho creato dopo, in Italia e all’estero, è stato consequenziale, compresa un’opera importantissima, ancora top secret, alla quale sto lavorando adesso.
A Porto Rotondo è stato come dirigere un’orchestra, io mi sono sentito un pioniere, un precursore. Perché rinunciare a finire quello che ho iniziato? Credo davvero che la cultura sia il futuro e i monumenti del villaggio: la piazza, la chiesa, il teatro, hanno fatto la storia del posto.
Voglio realizzare anche il progetto dell’Orientale, più nota come piazzetta Rudalza. La vedo come uno spettacolare anfiteatro con una scalinata a mare, unica nel suo genere. Trovo straordinaria l’idea della Fondazione; anche io devo costituire la mia a Roma. In futuro, la Fondazione Ceroli e quella di Porto Rotondo potranno condividere progetti ed iniziative, visto che in questo villaggio c’è gran parte del mio lavoro. Quando sono tornato, qualche giorno fa, ho rivisto, con un’emozione fortissima, la stessa spiaggetta che, quarant’anni fa, mi ispirò per la chiesa. Ero insieme ad Andrea Cascella; io e lui da soli.
C’era un gozzo rovesciato e io feci un disegno sulla sabbia: la chiesa doveva rappresentare quella barca; così nacque l’idea. Non venivo a Porto Rotondo dal 1996; lo scorso anno mi sono trattenuto solo 24 ore; invece questa volta sono tornato con motivazioni diverse e nuovo slancio. Attualmente sto preparando una grande mostra con Mark Rothko e Stanley Kubrick per la riapertura ufficiale, agli inizi di ottobre, del Palazzo delle Esposizioni di Roma che viene restituito stabilmente al pubblico dopo un importante lavoro di ristrutturazione.
Allo stesso tempo sono impegnato nel completamento del portone principale della chiesa di Porto Rotondo che si monterà a settembre. E’ composto da mille lastre di vetro che, intersecandosi tra loro, grazie all’effetto della luce, del colore e dello spessore, creano il disegno della croce. Prende la luce sia dall’esterno che dall’interno; ho immaginato che sia la porta del Paradiso.
Il rosone, già realizzato, è stato fatto a Murano e raffigura il volto di Papa Giovanni Paolo II. Oltre ai sopralluoghi che effettuerò a Porto Rotondo, curerò personalmente il montaggio del portone, del rosone e del campanile che verrà costruito fuori opera, portato qui e montato nell’arco di una settimana. Eseguirò sul posto la macchina scenica del teatro e tutte la parte della figurazione costituita da statue lignee. L’idea di rivedere le opere create tanti anni fa e di poterle completare ha reso ancora più positivo e piacevole questo mio ritorno.
Del mio primo soggiorno a Porto Rotondo conservo ancora ricordi vivissimi come la chiatta che veniva a caricare il carbone e poi, per ripartire, aspettava l’alta marea. Quando intagliavo le statue nella chiesa di San Lorenzo c’era la corsa a farsi ritrarre per finire tra le figure della chiesa.
Ho scolpito un migliaio di personaggi in quattro anni. Porto Rotondo era un posto incantato che ha conservato molto della sua magia. Si lavorava ogni giorno, in un’atmosfera che definirei “rinascimentale”, s’inventava la sera per la mattina dopo. Mi auguro che finalmente, attraverso la Fondazione, si possa ultimare il progetto iniziato quarant’anni fa.
Ma vorrei anche sottolineare il valore sociale, civile e culturale di una simile iniziativa che, partendo da un piccolo villaggio, travalica i confini territoriali per diventare un patrimonio di tutti”.

giovedì, agosto 09, 2007

Voglia d’arte in Costa Smeralda e dintorni

Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com

Evidentemente c’è voglia d’arte in Costa Smeralda e dintorni.
Non si spiega altrimenti il fermento intorno alla Louise Alexander Gallery, inaugurata a luglio, nella nuovissima “Promenade du Port”.
Nella terrazza con vista spettacolare su Porto Cervo e negli spazi interni, progettati dal geniale architetto Savin Couelle, si ritrovano artisti, collezionisti e curiosi.
“Il mondo è tutto ciò che accade sul confine tra luce e ombra”: con questa frase, qualche giorno fa, il pittore romano Marco Tirelli spiegava ad una signora le sue tele.
Prima della “personale” di Tirelli, nella Galleria -cenacolo è stata allestita una collettiva di dipinti e sculture, con opere di Andy Warhol, Keith Harring, Jeff Koons, Jean Michel Basquiat, David Lachapelle, Arman, Calder, Picasso e Braque, tanto per citarne alcuni.
Una singolare esperienza, qualche settimana fa, è stata quella di visitare la Galleria negli intervalli del “pre-Campiello” che si è svolto nel patio della Promenade du Port.
Il vincitore della scorsa edizione Salvatore Niffoi, insieme a Manuela Rafaiani della Colony, ha presentato i finalisti di quest’anno; unico assente Carlo Fruttero, che non ha potuto raggiungere la Costa Smeralda per problemi di salute. Milena Agus, Mariolina Venezia, Romolo Bulgaro e Alessandro Zaccuri hanno parlato dei loro libri davanti a trecento persone.
La più applaudita: Milena Agus, l’autrice cagliaritana che nel suo "Mal di Pietre" (bestseller in Francia) ripercorre la vita e gli amori tardivi della nonna che, dal Campidano, parte per curare il mal di pietre - calcoli renali - e ritorna con il mal d'amore.
E’ piaciuta molto la sua doppia confessione “prima per la pubblicazione dei suoi libri e poi per essere uno dei finalisti al Campiello. La nonna ha difficoltà a vivere fra la realtà e la fantasia. Ho scritto questo libro per le persone che hanno questo problema, perchè io stessa, spesso, mi sento una disadattata”.
Ancora arte, questa volta applicata all’architettura, in un’altra nuovissimo spazio realizzato a Porto Cervo: la Piazza del Principe, disegnata da Jean Claude Le Suisse.
La suggestione del neonato borgo, nel cuore del villaggio, fa quasi dimenticare il fatto che ospiti una selezione di “firme” d’abbigliamento ed accessori. Il “motore” commerciale dell’iniziativa è la bionda neo-Cavaliere del Lavoro Daniela Fargion, amica di Valeria Marini che, nella Piazza del Principe, ha aperto una boutique con le sue “Seduzioni” di seta e merletti.
Intanto, al Cala di Volpe, intenditori ed appassionati d’arte fanno la fila per ammirare le rarità del collezionista Davide Halevim.
Tra le opere esposte: il Mao di Andy Warhol, una spilla con i cavalli creata da Giorgio De Chirico, un diamante giallo taglio cuscino da 42 carati, quadri di Magritte, Picasso, Morandi, Savinio, Fontana, Matisse, Max Ernst, Campigli, Rotella,e poi orologi, arazzi, tappeti ed altri straordinari pezzi d’antiquariato.
Nota a margine della mostra: in una delle boutique del Cala di Volpe vanno a ruba i cuccioli in cincillà. Un morbido cagnolino costa quasi 600 euro; uno di loro è stato acquistato per fare compagnia, non a un bambino, ma ad un “collega” a quattro zampe. Sempre in Costa Smeralda, dall’arte alla beneficenza con una sfilata di Krizia a bordo piscina e 60mila euro raccolti nel corso dell’annuale festa Airc per la ricerca sul cancro. Sandra Mondani e il presentatore- battitore Massimo Giletti hanno coinvolto nella serata, organizzata al Safina, Simona Ventura, Valeria Mazza e Katherine Kelly Lang (la Brooke di Beautiful) arrivata dallo Sporting di Porto Rotondo con l’amica Patrizia Pellegrino. A proposito di Porto Rotondo: lo scultore Mario Ceroli ha fatto un primo sopralluogo con tappa a casa del conte Luigi Donà dalle Rose. I due amici hanno costituito una Fondazione per completare il “nuovo Rinascimento” del villaggio con una serie di opere che vanno dal Campanile, alla piazza Orientale passando per gli arredi della Chiesa e altre sorprese.