Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
“L’intruso in Costa Smeralda” ha archiviato la sua seconda edizione nel pomeriggio di domenica 24 settembre al teatro Le Palme dei Giardini di Porto Cervo. Già dal titolo si capisce che non si tratta di un premio letterario “ortodosso” ma, con qualche aggiustamento, la manifestazione potrebbe anche crescere, giocando proprio sulla sua originalità.
Dei cinque premiati, l’unico scrittore professionista è Giorgio Montefoschi, vincitore (dopo il responso di una giuria popolare) nella sezione Narrativa con "L'idea di perderti" edito da Rizzoli. Per l’organizzatore del Premio, il libraio di Latina Edoardo Castagnina, “trapiantato” ormai da anni in Costa Smeralda, la “Narrativa” è infatti l’eccezione; a rappresentarla sarà sempre un autore noto e amato dal popolo dei lettori.
Montefoschi, quindi, è stato l’Intruso tra gli Intrusi visto che gli altri quattro premiati sono tutti personaggi che operano in vari settori e si sono “intrufolati” nell’editoria scrivendo un libro. Lo scrittore, tra le altre cose, ha raccontato la sua esperienza nel Forum attivato per l’uscita di questo suo ultimo lavoro.
E’ un filo diretto che lo gratifica molto, esemplificato da questo messaggio-tipo “Gentile Giorgio, mi permetto di chiamarla per nome. E' difficile per me trovare le parole per esprimere quello che ho provato leggendo questo suo libro così crudo, passionale, impregnato di vita vera che tocca i mille lati oscuri dell'amore. I suoi libri mi hanno cambiato la vita; le le chiedo: da dove viene l'ispirazione, fin dove è possibile spingersi nel guardare il mondo, scrive di giorno o di notte? un caldo abbraccio. Adele.”
Risposta (sintetica) dell’Autore: “Scrivo di giorno, ogni mattina l'ispirazione viene da un luogo misterioso. La cosa importante è cercare di non anticiparla. Grazie. Giorgio". Sul palcoscenico, presentati da Anita Madaluni tra i fregi, gli stucchi, i putti dell’ex-Bagaglino, sono saliti, oltre a Giorgio Montefoschi, gli altri quattro vincitori.
Il senatore Saverio D’Amelio con Lunga vita ad Andreotti (ed.Laterza) è stato premiato per la Saggistica. Grande amico del protagonista del suo libro, D’Amelio ha concluso il suo discorso-comizio di ringraziamento con un commosso “In alto i calici e...God save Giulio”.
Al tavolo infiorato sul palco hanno preso posto Eliana e Renzo Bongiovanni sponsor-mecenate della catena Baja Hoteks, l’assessore al Turismo del Comune di Arzachena e il libraio-organizzatore Castagnina. Premiati anche due giornalisti: Piercarlo Giorgi con Rincorrendo un sogno africano (Viaggi) e infine Ernesto Massimetti con Buonanotte, Karim (Storia e costume). Intruso ma elegante, il vincitore della sezione Manualistica: Diego Dalla Palma con il suo "La bellezza interiore" (Sperling& Kupfer).
I premiati hanno ricevuto in dono i dipinti di Piccoli e le sculture di Muscas che hanno suggellato il matrimonio tra la Costa Smeralda e la pianura pontina (pontini due vincitori, l’organizzatore Castagnina, la presentatrice Madaluni e il pittore Pietro Piccoli che ha “esportato” anche a Hollywood la sua arte).
“Intrusa” ma suggestiva la storia del carismatico Luigi Muscas. Da ragazzo nelle campagne di Pauli Arbarei, un paesino in provincia di Cagliari, mentre aiutava il nonno a pascolare le pecore, per ripararsi da un forte temporale entrò in una grotta. Si trovò davanti un grosso scheletro di almeno quattro metri. Luigi, dopo averlo osservato con attenzione, incuriosito, corse a riferire la cosa al nonno.
Insieme ritornarono sul posto, anche il vecchio vide lo scheletro e raccontò al nipote di ossa enormi, di altre tombe esistenti in quelle campagne e di un popolo di nobili, vissuto migliaia di anni fa, con dieci dame di corte ed un Re. Da adulto, Luigi Muscas, cominciò a realizzare le sue prime sculture per riprodurre ciò che aveva visto e far conoscere le sue Pietre Antiche.
Nel ricordo del Popolo dei Giganti, quel grande popolo scomparso che ha sempre suscitato in lui un inspiegabile richiamo e che ancora vive nell’esercito dei suoi piccoli guerrieri, idoletti, uomini-bestia e vergini mutanti.
Siti e foto by Marella Giovannelli (Mara Malda)
venerdì, settembre 29, 2006
mercoledì, settembre 27, 2006
Piazza romana davanti al Municipio di Olbia: nuova scoperta a due passi dal porto
Testo e foto di Marella Giovannelli in www.marellagiovannelli.com
Una piazza, a due passi dal porto, sta affiorando dal sottosuolo di Olbia.
Nel corso degli scavi per il rifacimento della rete idrica, è stato riportato alla luce un lastricato di epoca romana. La scoperta è stata definita molto significativa e, secondo l’archeologo Rubens D’Oriano, le dimensioni del bordo meridionale dello slargo fanno pensare più ad una piazza che a una strada.
Purtroppo, parte del lastricato, risulta mancante; forse venne asportato tantissimi anni fa, per consentire il passaggio delle condutture fognarie.
Nelle prossime settimane, sarà possibile avere un quadro più preciso visto che l’impresa continuerà gli scavi nell’area prospiciente il palazzo Municipale di corso Umberto. Questa mattina, tra i lastroni, ancora in ottimo stato e situati mezzo metro sotto l’attuale piano di calpestio, sono affiorati cocci di anfora e un osso.
Gli archeologi della Soprintendenza, coordinati da D’Oriano, non hanno dubbi: questo è l’ennesimo “segno” che attesta l’importanza urbanistica, commerciale e portuale dell’antica Olbia. E’ ancora presto per dire se si è in presenza della piazza principale della città romana ma l’ipotesi non è da escludere. La valorizzazione dell’area, con la sua sistemazione “a vista”, darebbe il giusto risalto alla zona dell’avamporto al centro di un’intensa attività di riqualificazione estesa su tutto il waterfront urbano.
La scoperta di questi giorni riporta alla mente lo straordinario ritrovamento, avvenuto sempre nella zona del porto vecchio di Olbia, tra il luglio del 1999 e il dicembre del 2001. Il bilancio finale di quella campagna di scavi, ha attirato l’attenzione del mondo scientifico e dei media internazionali e nazionali.
In totale sono stati recuperati 24 relitti di navi, di cui due dell'epoca di Nerone, 16 risalenti al periodo dell'invasione vandalica e due, importantissimi, dell'età giudicale. Ritrovati anche tre alberi di nave, di cui uno lungo otto metri; cinque timoni, strutture ed attrezzature di un cantiere navale romano più una eccezionale quantità di materiale archeologico, sistemato in 600 casse, a documentare 25 secoli di storia della città.
Relitti e reperti, ora in fase di restauro, sono i resti, la memoria e la prova di un evento traumatico e drammatico: l’affondamento ad opera dei Vandali di una flotta ormeggiata nell’antico porto di Olbia. E l’antico lastricato, che oggi ha rivisto la luce, costituisce un’ulteriore, preziosa testimonianza di un passato non certo da coprire ma da riscoprire e valorizzare.
Una piazza, a due passi dal porto, sta affiorando dal sottosuolo di Olbia.
Nel corso degli scavi per il rifacimento della rete idrica, è stato riportato alla luce un lastricato di epoca romana. La scoperta è stata definita molto significativa e, secondo l’archeologo Rubens D’Oriano, le dimensioni del bordo meridionale dello slargo fanno pensare più ad una piazza che a una strada.
Purtroppo, parte del lastricato, risulta mancante; forse venne asportato tantissimi anni fa, per consentire il passaggio delle condutture fognarie.
Nelle prossime settimane, sarà possibile avere un quadro più preciso visto che l’impresa continuerà gli scavi nell’area prospiciente il palazzo Municipale di corso Umberto. Questa mattina, tra i lastroni, ancora in ottimo stato e situati mezzo metro sotto l’attuale piano di calpestio, sono affiorati cocci di anfora e un osso.
Gli archeologi della Soprintendenza, coordinati da D’Oriano, non hanno dubbi: questo è l’ennesimo “segno” che attesta l’importanza urbanistica, commerciale e portuale dell’antica Olbia. E’ ancora presto per dire se si è in presenza della piazza principale della città romana ma l’ipotesi non è da escludere. La valorizzazione dell’area, con la sua sistemazione “a vista”, darebbe il giusto risalto alla zona dell’avamporto al centro di un’intensa attività di riqualificazione estesa su tutto il waterfront urbano.
La scoperta di questi giorni riporta alla mente lo straordinario ritrovamento, avvenuto sempre nella zona del porto vecchio di Olbia, tra il luglio del 1999 e il dicembre del 2001. Il bilancio finale di quella campagna di scavi, ha attirato l’attenzione del mondo scientifico e dei media internazionali e nazionali.
In totale sono stati recuperati 24 relitti di navi, di cui due dell'epoca di Nerone, 16 risalenti al periodo dell'invasione vandalica e due, importantissimi, dell'età giudicale. Ritrovati anche tre alberi di nave, di cui uno lungo otto metri; cinque timoni, strutture ed attrezzature di un cantiere navale romano più una eccezionale quantità di materiale archeologico, sistemato in 600 casse, a documentare 25 secoli di storia della città.
Relitti e reperti, ora in fase di restauro, sono i resti, la memoria e la prova di un evento traumatico e drammatico: l’affondamento ad opera dei Vandali di una flotta ormeggiata nell’antico porto di Olbia. E l’antico lastricato, che oggi ha rivisto la luce, costituisce un’ulteriore, preziosa testimonianza di un passato non certo da coprire ma da riscoprire e valorizzare.
martedì, settembre 26, 2006
Non è un folletto, ma un poeta che si aggira nei parchi di Milano
Testo e foto di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com
“Si chiama Lorenzo. Non è un folletto, ma un poeta che si aggira nei parchi di Milano. Se sei fortunata puoi incontrarlo: si avvicina e ti dedica una poesia. Puoi anche decidere di comprare una sua raccolta. Così, all’improvviso dimentichi il caos, i problemi di tutti i giorni e incominci a volare attaccata ad una poesia”.
Questa breve nota firmata “Nonna Angela” mi è stata mostrata dalla stessa autrice che l’aveva inviata a Lorenzo per ringraziarlo dopo averlo casualmente conosciuto ed ascoltato nel parco. Incuriosita ho chiesto ad Angela il numero di telefono del poeta per concordare un incontro durante il mio soggiorno milanese dello scorso giugno. Illuminante il primo impatto con la segreteria telefonica; ad accogliermi è il canto di mille uccellini e una voce festosa che mi dice: “Ciao sono in giro per i boschi lasciami un messaggio dopo il bip”. L’appuntamento con Lorenzo è, naturalmente, sulla panchina di un parco dove io lo aspetto in compagnia di Angela. Dimostra meno di trent’anni e invece ne ha quarantacinque; ha una bellezza forte, armoniosa e serena. Esattamente come la sua storia che sa di favola ma è vita vissuta, ogni giorno, ormai da molti anni.
Lorenzo Mullon, nato a Trieste, racconta:
“Lavoravo a Milano in un’agenzia di pubblicità. Ero stato assunto perchè al presidente della società piacevano le mie poesie e i miei disegni. Per quattro anni mi sono occupato di strategie di marketing; ero ben pagato ma non mi sentivo felice. Ho preso una piccola casa e mi sono licenziato. Per otto anni ho vissuto di pittura fino a che il mio gallerista americano James Skeldon ha chiuso l’attività negli Stati Uniti e si è trasferito in Brasile. Lui aveva lanciato i miei quadri in America dove si vendevano molto bene. Ho passato lunghi periodi specialmente in California mentre in Italia, per qualche tempo, ho organizzato incontri di poesia e musica nelle gallerie d’arte. Ho conosciuto tanti poeti che lamentavano la difficoltà di comunicare la poesia; erano tutti tristi. Ho cominciato a scrivere poesie più semplici dopo quelle più ermetiche e più arrabbiate degli inizi. Realizzai il primo libretto e, nelle prime tre ore, ne vendetti diciotto. Declamando poesie incontro tante persone, stringo amicizie vere e forti ma non ho scoperto niente di nuovo. Sino all’Ottocento erano i poeti che andavano incontro alla gente; spesso erano mendicanti e vagabondi come il grande Mendele Moher Seferim, ebreo che componeva in yiddish. In India e in Giappone erano molto rispettati e ricevuti ovunque”.
Lorenzo mi ripete che la poesia “non è un merito ma un dono”; ogni mattina infila in una morbida sacca di tela, decine di libretti confezionati da lui. In copertina ci sono i suoi disegni. Come nome d’arte ha scelto la sigla El, che significa “verso l’alto”, autore unico delle sue Edizioni Del Parco uscite dal “nido della poesia” che Lorenzo ha allestito nella sua piccola casa milanese. In primavera, estate, autunno e nelle belle giornate d’inverno, è facile trovarlo nei parchi dove ormai tutti lo conoscono. Per il terzo compleanno della casa editrice, un gruppo di insegnanti di lettere ha organizzato una "ciliegiata" per il poeta che spesso viene invitato a recitare i suoi componimenti nelle case e persino sulle barche. Ma Lorenzo preferisce il suo approccio tradizionale: “Io vedo una persona seduta sulla panchina o sull’erba, mi avvicino e chiedo se posso recitare una poesia. In quel momento nasce una comunicazione da cuore a cuore e in un attimo, nella città che corre, la magia della poesia crea un rapporto che dura per sempre.
Io giro molto e trovo sempre persone disposte ad ascoltarmi; in genere superano subito la diffidenza e, già dai primi versi, hanno un’aria più serena. Alla fine chiedono tutti i miei libretti: le giovani mamme, le nonne che accudiscono i nipotini, studenti di tutte le età e poi, impiegati, manager e grandi industriali che mi hanno persino invitato a seguirli in crociera. La poesia ti regala la possibilità di aprire un canale di comunicazione speciale, naturale, autentico e diretto con le persone. Ho un repertorio molto vasto, tanti “cavalli di battaglia” brevi. Come questa: “Per volare come un aquilone l’amore ha bisogno di qualcosa di sottile che lo trattenga e di qualcuno con i piedi per terra.” L’anno scorso Lorenzo ha venduto 2.383 libri a un prezzo “poetico” e quindi, a offerta libera. Dice di aver trovato la felicità, in un mondo dove si comunica molto ma si dialoga poco, perchè, le sue poesie, recitate nel parco, luogo di tutti, sono un antidoto contro la diffidenza e la chiusura, prime cause della solitudine.
“Si chiama Lorenzo. Non è un folletto, ma un poeta che si aggira nei parchi di Milano. Se sei fortunata puoi incontrarlo: si avvicina e ti dedica una poesia. Puoi anche decidere di comprare una sua raccolta. Così, all’improvviso dimentichi il caos, i problemi di tutti i giorni e incominci a volare attaccata ad una poesia”.
Questa breve nota firmata “Nonna Angela” mi è stata mostrata dalla stessa autrice che l’aveva inviata a Lorenzo per ringraziarlo dopo averlo casualmente conosciuto ed ascoltato nel parco. Incuriosita ho chiesto ad Angela il numero di telefono del poeta per concordare un incontro durante il mio soggiorno milanese dello scorso giugno. Illuminante il primo impatto con la segreteria telefonica; ad accogliermi è il canto di mille uccellini e una voce festosa che mi dice: “Ciao sono in giro per i boschi lasciami un messaggio dopo il bip”. L’appuntamento con Lorenzo è, naturalmente, sulla panchina di un parco dove io lo aspetto in compagnia di Angela. Dimostra meno di trent’anni e invece ne ha quarantacinque; ha una bellezza forte, armoniosa e serena. Esattamente come la sua storia che sa di favola ma è vita vissuta, ogni giorno, ormai da molti anni.
Lorenzo Mullon, nato a Trieste, racconta:
“Lavoravo a Milano in un’agenzia di pubblicità. Ero stato assunto perchè al presidente della società piacevano le mie poesie e i miei disegni. Per quattro anni mi sono occupato di strategie di marketing; ero ben pagato ma non mi sentivo felice. Ho preso una piccola casa e mi sono licenziato. Per otto anni ho vissuto di pittura fino a che il mio gallerista americano James Skeldon ha chiuso l’attività negli Stati Uniti e si è trasferito in Brasile. Lui aveva lanciato i miei quadri in America dove si vendevano molto bene. Ho passato lunghi periodi specialmente in California mentre in Italia, per qualche tempo, ho organizzato incontri di poesia e musica nelle gallerie d’arte. Ho conosciuto tanti poeti che lamentavano la difficoltà di comunicare la poesia; erano tutti tristi. Ho cominciato a scrivere poesie più semplici dopo quelle più ermetiche e più arrabbiate degli inizi. Realizzai il primo libretto e, nelle prime tre ore, ne vendetti diciotto. Declamando poesie incontro tante persone, stringo amicizie vere e forti ma non ho scoperto niente di nuovo. Sino all’Ottocento erano i poeti che andavano incontro alla gente; spesso erano mendicanti e vagabondi come il grande Mendele Moher Seferim, ebreo che componeva in yiddish. In India e in Giappone erano molto rispettati e ricevuti ovunque”.
Lorenzo mi ripete che la poesia “non è un merito ma un dono”; ogni mattina infila in una morbida sacca di tela, decine di libretti confezionati da lui. In copertina ci sono i suoi disegni. Come nome d’arte ha scelto la sigla El, che significa “verso l’alto”, autore unico delle sue Edizioni Del Parco uscite dal “nido della poesia” che Lorenzo ha allestito nella sua piccola casa milanese. In primavera, estate, autunno e nelle belle giornate d’inverno, è facile trovarlo nei parchi dove ormai tutti lo conoscono. Per il terzo compleanno della casa editrice, un gruppo di insegnanti di lettere ha organizzato una "ciliegiata" per il poeta che spesso viene invitato a recitare i suoi componimenti nelle case e persino sulle barche. Ma Lorenzo preferisce il suo approccio tradizionale: “Io vedo una persona seduta sulla panchina o sull’erba, mi avvicino e chiedo se posso recitare una poesia. In quel momento nasce una comunicazione da cuore a cuore e in un attimo, nella città che corre, la magia della poesia crea un rapporto che dura per sempre.
Io giro molto e trovo sempre persone disposte ad ascoltarmi; in genere superano subito la diffidenza e, già dai primi versi, hanno un’aria più serena. Alla fine chiedono tutti i miei libretti: le giovani mamme, le nonne che accudiscono i nipotini, studenti di tutte le età e poi, impiegati, manager e grandi industriali che mi hanno persino invitato a seguirli in crociera. La poesia ti regala la possibilità di aprire un canale di comunicazione speciale, naturale, autentico e diretto con le persone. Ho un repertorio molto vasto, tanti “cavalli di battaglia” brevi. Come questa: “Per volare come un aquilone l’amore ha bisogno di qualcosa di sottile che lo trattenga e di qualcuno con i piedi per terra.” L’anno scorso Lorenzo ha venduto 2.383 libri a un prezzo “poetico” e quindi, a offerta libera. Dice di aver trovato la felicità, in un mondo dove si comunica molto ma si dialoga poco, perchè, le sue poesie, recitate nel parco, luogo di tutti, sono un antidoto contro la diffidenza e la chiusura, prime cause della solitudine.
domenica, settembre 24, 2006
Fotografati & ringraziati nel calderone di Mara Malda
Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
La prima estate di www.marellagiovannelli.com non può essere archiviata senza un ringraziamento speciale ai colleghi della stampa.
Il sito è stato citato a destra e a manca e questo, forse, aiuterà Mara Malda, a superare il complesso di vivere in una sorta di Limbo politico.
Qualcuno dice che chi non si schiera è privo di ideali, valori e persino cervello.
Ma la vera libertà (l’unica che dipende da noi e non dovremmo mai perdere) è proprio quella di poter valutare le persone, i loro comportamenti e i fatti di cronaca bianca, rosa o nera, senza essere ingabbiati da schemi e codici di partito.
Quindi, metto nello stesso calderone dei ringraziati & fotografati:
Giommaria Bellu e Francesco Bei di Repubblica, Gianni Santucci e Gianguido Vecchi del Corriere della Sera, Antonella Piperno di Panorama e Giampiero Cocco della Nuova Sardegna. Da loro ho avuto le sorprese più belle.
Un GRAZIE magnum va a Roberto D’Agostino per la vetrina-ribalta su Dagospia e a Pino Careddu per la finestra su Sassari Sera. E, pensando alla prossima estate, saluti e baci a Salvo La Fata e Riccardo Frezza, attualmente in trasferta sull’Isola dei Famosi.
La prima estate di www.marellagiovannelli.com non può essere archiviata senza un ringraziamento speciale ai colleghi della stampa.
Il sito è stato citato a destra e a manca e questo, forse, aiuterà Mara Malda, a superare il complesso di vivere in una sorta di Limbo politico.
Qualcuno dice che chi non si schiera è privo di ideali, valori e persino cervello.
Ma la vera libertà (l’unica che dipende da noi e non dovremmo mai perdere) è proprio quella di poter valutare le persone, i loro comportamenti e i fatti di cronaca bianca, rosa o nera, senza essere ingabbiati da schemi e codici di partito.
Quindi, metto nello stesso calderone dei ringraziati & fotografati:
Giommaria Bellu e Francesco Bei di Repubblica, Gianni Santucci e Gianguido Vecchi del Corriere della Sera, Antonella Piperno di Panorama e Giampiero Cocco della Nuova Sardegna. Da loro ho avuto le sorprese più belle.
Un GRAZIE magnum va a Roberto D’Agostino per la vetrina-ribalta su Dagospia e a Pino Careddu per la finestra su Sassari Sera. E, pensando alla prossima estate, saluti e baci a Salvo La Fata e Riccardo Frezza, attualmente in trasferta sull’Isola dei Famosi.
venerdì, settembre 22, 2006
Freaks: fenomeni da amare
Testo e foto
http://www.marellagiovannelli.com/images/Freaks_fenomeni_da_amare._Testo_e_foto_di_Marella_Giovannelli.pdf
Alcuni erano i cosiddetti freaks, creature deformi che si esibivano nei circhi; altri sono riusciti a vivere senza diventare fenomeni da baraccone, formandosi una famiglia e avendo anche dei figli. Ad accomunare i 25 personaggi di cera provenienti dal Museo di San Pietroburgo, sono essenzialmente due fattori: la loro esistenza reale in tempi più o meno lontani e un aspetto fisico impressionante.
La maggior parte di queste creature è stata oggetto di studi non sempre scientifici, a cominciare da Edward Mordake, nobiluomo inglese con due facce, vissuto nell’Inghilterra vittoriana. Il suo viso “normale” aveva lineamenti delicati e gradevoli ma nella parte posteriore della nuca era ben visibile un secondo volto con espressioni e smorfie, solitamente dispettose e autonome rispetto a quelle del primo.
La sua statua in cera è seduta a un tavolo in compagnia di altri tre personaggi inglesi realmente vissuti tra l’Ottocento e il Novecento: l’uomo rinoceronte, quello con quattro occhi indipendenti uno dall’altro e Bill Dux con tre occhi e due nasi.
Lavoravano nei circhi, al pari della donna Pinguino e di Pasqual Pinon, un messicano con due teste diventato famoso a New York. In America emigrò anche il siciliano Franco Lentini che aveva tre gambe, faceva l’attore ed ebbe tre figli.
Dimensioni da bambola per l’olandese Pauline Muster morta a 19 anni, alla fine dell’Ottocento. Lunga appena 59 centimetri, è stata la donna più minuta mai vissuta sulla faccia della terra. Suo padre la portava in giro esponendola su un tavolino per la strada e facendosi pagare.
Molto colto e mite era l’uomo- lupo, il russo Fedor Petrov nato nel 1897 e morto nel 1935. Il suo aspetto irsuto e feroce nascondeva un’indole dolce, un cuore gentile e un gran cervello.
Singolare anche la storia della donna dal corpo bellissimo e con la faccia di un maiale. Nata in Islanda nel 1794 si sposò, ebbe due figli e fu molto amata.
Anche la donna più brutta del mondo, Grace Magdalene, morta nel 1958, fu moglie e madre.
Jon Eck è forse il personaggio più famoso di quelli raffigurati nell’esposizione itinerante organizzata da Vittorio D’Amico che, anche quest’anno, ha fatto tappa in Sardegna. La statua in cera ritrae infatti “il mezzo uomo” che impersonò se stesso nel drammatico “Freaks” del regista Tod Browning. Foma Ignatiev era invece conosciuto come l’uomo-granchio per le sue mani e i suoi piedi simili a grandi chele.
In mostra anche alcuni personaggi tuttora viventi come l’uomo-ciclope che ha dato il suo assenso per la riproduzione in cera. Sposato, abita in America con moglie e figli lavorando come cameriere. Rappresentato anche il Guinness dei Primati con l’americano Buster Simkus l’uomo più grasso del mondo; quello più alto, Radhouane Charbib che abita in Tunisia, la donna con il collo più lungo, residente in Birmania e la persona con il piede più grande, l’attore Matthew Mc Grory.
Non poteva mancare la statua della donna con il seno più grosso, la pornostar francese Lola Ferrari, deceduta qualche anno fa. Impressionante anche la riproduzione dell’americano Perry dai bulbi oculari enormi e sporgenti che roteava a suo piacimento.
Gli organizzatori della mostra tengono molto a rimarcare la finalità positiva del Museo Itinerante. Nelle schede sistemate accanto ad ogni statua sono sintetizzate le biografie dei personaggi raffigurati. Quasi tutti, malgrado le gravissime deformità, sono riusciti a non farsi sopraffare dalle avversità. Alcuni di loro hanno formato una famiglia e trovato conforto ed affetto, non solo infelicità ed umiliazioni.
Ci sono comunque, tra i visitatori del Museo Itinerante, opinioni contrastanti. Molti sostengono che lo sfruttamento commerciale di queste persone continua ancora oggi, grazie ad iniziative del genere. Secondo altri, dietro ogni statua, c’è una storia piena di umanità e sofferenza, degna di essere conosciuta ed apprezzata.
http://www.marellagiovannelli.com/images/Freaks_fenomeni_da_amare._Testo_e_foto_di_Marella_Giovannelli.pdf
Alcuni erano i cosiddetti freaks, creature deformi che si esibivano nei circhi; altri sono riusciti a vivere senza diventare fenomeni da baraccone, formandosi una famiglia e avendo anche dei figli. Ad accomunare i 25 personaggi di cera provenienti dal Museo di San Pietroburgo, sono essenzialmente due fattori: la loro esistenza reale in tempi più o meno lontani e un aspetto fisico impressionante.
La maggior parte di queste creature è stata oggetto di studi non sempre scientifici, a cominciare da Edward Mordake, nobiluomo inglese con due facce, vissuto nell’Inghilterra vittoriana. Il suo viso “normale” aveva lineamenti delicati e gradevoli ma nella parte posteriore della nuca era ben visibile un secondo volto con espressioni e smorfie, solitamente dispettose e autonome rispetto a quelle del primo.
La sua statua in cera è seduta a un tavolo in compagnia di altri tre personaggi inglesi realmente vissuti tra l’Ottocento e il Novecento: l’uomo rinoceronte, quello con quattro occhi indipendenti uno dall’altro e Bill Dux con tre occhi e due nasi.
Lavoravano nei circhi, al pari della donna Pinguino e di Pasqual Pinon, un messicano con due teste diventato famoso a New York. In America emigrò anche il siciliano Franco Lentini che aveva tre gambe, faceva l’attore ed ebbe tre figli.
Dimensioni da bambola per l’olandese Pauline Muster morta a 19 anni, alla fine dell’Ottocento. Lunga appena 59 centimetri, è stata la donna più minuta mai vissuta sulla faccia della terra. Suo padre la portava in giro esponendola su un tavolino per la strada e facendosi pagare.
Molto colto e mite era l’uomo- lupo, il russo Fedor Petrov nato nel 1897 e morto nel 1935. Il suo aspetto irsuto e feroce nascondeva un’indole dolce, un cuore gentile e un gran cervello.
Singolare anche la storia della donna dal corpo bellissimo e con la faccia di un maiale. Nata in Islanda nel 1794 si sposò, ebbe due figli e fu molto amata.
Anche la donna più brutta del mondo, Grace Magdalene, morta nel 1958, fu moglie e madre.
Jon Eck è forse il personaggio più famoso di quelli raffigurati nell’esposizione itinerante organizzata da Vittorio D’Amico che, anche quest’anno, ha fatto tappa in Sardegna. La statua in cera ritrae infatti “il mezzo uomo” che impersonò se stesso nel drammatico “Freaks” del regista Tod Browning. Foma Ignatiev era invece conosciuto come l’uomo-granchio per le sue mani e i suoi piedi simili a grandi chele.
In mostra anche alcuni personaggi tuttora viventi come l’uomo-ciclope che ha dato il suo assenso per la riproduzione in cera. Sposato, abita in America con moglie e figli lavorando come cameriere. Rappresentato anche il Guinness dei Primati con l’americano Buster Simkus l’uomo più grasso del mondo; quello più alto, Radhouane Charbib che abita in Tunisia, la donna con il collo più lungo, residente in Birmania e la persona con il piede più grande, l’attore Matthew Mc Grory.
Non poteva mancare la statua della donna con il seno più grosso, la pornostar francese Lola Ferrari, deceduta qualche anno fa. Impressionante anche la riproduzione dell’americano Perry dai bulbi oculari enormi e sporgenti che roteava a suo piacimento.
Gli organizzatori della mostra tengono molto a rimarcare la finalità positiva del Museo Itinerante. Nelle schede sistemate accanto ad ogni statua sono sintetizzate le biografie dei personaggi raffigurati. Quasi tutti, malgrado le gravissime deformità, sono riusciti a non farsi sopraffare dalle avversità. Alcuni di loro hanno formato una famiglia e trovato conforto ed affetto, non solo infelicità ed umiliazioni.
Ci sono comunque, tra i visitatori del Museo Itinerante, opinioni contrastanti. Molti sostengono che lo sfruttamento commerciale di queste persone continua ancora oggi, grazie ad iniziative del genere. Secondo altri, dietro ogni statua, c’è una storia piena di umanità e sofferenza, degna di essere conosciuta ed apprezzata.
domenica, settembre 17, 2006
Oriana Fallaci: l’ultimo messaggio
Testo e foto in www.marellagiovannelli.com
Da oggi Oriana Fallaci riposa agli Allori di Firenze, cimitero evangelico multireligioso. Vicino a lei la lapide in memoria dell’amato Alekos Panagoulis, il poeta-eroe della Resistenza greca, le tombe dei suoi familiari e quelle di atei, musulmani, protestanti e cattolici. Io voglio vedere in questa sua ultima scelta un messaggio di tolleranza e pacificazione. E, sempre seguendo il filo della speranza e non quello dell’odio, ho selezionato alcuni brani della lunga intervista rilasciata da Oriana Fallaci, il 16 dicembre 2001, a Lucia Annunziata.
Sulla sua malattia:
“Io sono convinta che il cancro sia un malanno intelligente. E questa storia dell’intelligenza mi è venuta in mente perché, quando mi tolsero quello grosso, dissi: voglio vederlo, mettetelo da parte, è roba mia, voglio vederlo. E due giorni dopo la operazione andai all’ospedale a guardarlo al microscopio. Mi fece un’impressione enorme perché era un sassolino, nient’altro che un sassolino. Bianco, molto pulito, grazioso. Sezionato, invece, appariva una piazza impazzita. C’era qualcosa di vitale e di intelligente in queste cellule che lottavano fra loro. Mi fece pensare a creature di un altro pianeta. Cominciai a chiamarlo Alieno e da allora è cominciato un silenzioso dialogo con lui, una sfida a questo nemico che è in me, una specie di Bin Laden: non si sa mai in che caverna sia. Ogni tanto viene fuori e lì non c’è l’esercito americano. Ci sono solo io. Quando viene fuori, viene fuori per eliminarmi. E allora io gli faccio un discorso. Gli dico: tu esisti perché esisto io, sei un mio parassita, per vivere hai bisogno di me. Se mi ammazzi muori anche tu. Questa sfida è diventata così personale e così umana che ho continuato a fumare come prima e più di prima”.
Sulla vecchiaia:
"La vecchiaia è ovviamente una conquista. L’alternativa, cioè il cimitero, è assai peggiore. Ma la virtù maggiore della vecchiaia è la libertà. Io da giovane non ero libera. Mi battevo per la libertà, sognavo la libertà, ma non ero libera. La libertà che mi circondava dopo il 1945, cioè dopo la fine della Seconda guerra mondiale, era una libertà politica, non psicologica. Non lo era perché ero donna, e perché, appunto, ero giovane. Crescendo sono diventata via via sempre più libera, anche grazie a ciò che mi sono guadagnata con le mie lotte personali e sociali per la libertà. Ma non mi sono mai sentita completamente libera. Ho incominciato a sentirmi più libera via via che sul mio volto sono apparse le rughe. Più segnate erano le rughe, più io mi sentivo libera e meno temevo i giudizi degli altri, le prepotenze degli altri, le incomprensioni. Quando le rughe sono giunte dove sono ora, mi sono sentita completamente libera. Infatti ho incominciato a dire che le mie rughe sono le mie medaglie. La vecchiaia è una catarsi. Non temi più nulla e nessuno: l’unico rischio è che se non hai senso etico, e io ce l’ho, arrivi a pensare che tutto ti sia lecito, tutto ti sia possibile. Sai di più, capisci quando sei vecchio. Hai una conoscenza, cioè un capitale, che in gioventù o nell’età matura non hai. Il cervello si è raffinato, perfezionato e nel medesimo tempo, paradossalmente, si è arricchito di curiosità che prima non avevi. Perché da giovane sei presuntuoso, ti sembra di sapere tutto. Da vecchio, invece, ti accorgi che socraticamente non sai nulla. O troppo poco. Nel medesimo tempo sai che ti resta poco da vivere e allora ti viene una gran fretta di sapere ciò che ancora non sai, di produrre ciò che ancora non hai prodotto e, sorretto da una energia nuova, più giovane di quando eri giovane, cerchi di colmare alla svelta quel vuoto. E studi, leggi, produci per non perdere un minuto di tempo.
Io sono anche convinta che da vecchio sei più intelligente che da giovane. Io, ora, scrivo molto meglio di quanto scrivessi da giovane. Con meno slancio, minore sfacciataggine, sì, ma con maggiore efficacia e andando più in profondità. C’è il problema fisico, è vero. Da vecchi non si possono fare più le cose che si fanno da giovani. Il tuo corpo è come il vecchio motore di una macchina vecchia: le tue gambe non corrono più come correvano da giovani, i tuoi polmoni non respirano più come respiravano da giovani e il tuo cuore, ahimè, ormai fa spesso cilecca".
Sulla maternità:
"Se mi chiedete qual è per me il simbolo della bellezza femminile, io non penso alla Venere di Milo o a Sofia Loren. Penso a una bella donna incinta. C’è qualcosa di potente, di trionfante, di ineguagliabilmente bello in una donna che porta in sé un’altra vita. Una donna deformata da un pancione che chiude un altro essere umano. Una delle statue che mi commuovono di più è quella preistorica di una donna incinta. Una volta la mostrai a un amico: «Guarda che splendore», e lui rispose: «Vuoi dire che orrore». Finì in una rissa.
Sulla maternità mi arrabbio sempre, con poche parole l’ho fatto anche nel piccolo libro quando penso che gli Italiani sono il popolo con la più bassa natalità dell’Occidente. Mi sembra un tradimento, una vigliaccheria verso il proprio Paese, la propria cultura, la propria società, anzi: verso la vita! Avere il privilegio di mettere al mondo un altro essere umano! Lo so che bisogna essere in due per metterlo al mondo: ma il privilegio di tenerlo nel proprio ventre, di nutrirlo col proprio sangue, di custodire la responsabilità della sua venuta al mondo è tutto femminile.
È l’unico modo per restare immortali, capisci, mettere al mondo un altro essere umano. Quando hai messo al mondo un altro essere non muori quando muori, perché attraverso quell’essere che è fatto della tua carne e del tuo sangue tu continui a vivere. Mi pesa, sì, mi pesa non lasciare almeno un figlio, quando morirò. Ed è per questo che ai miei libri mi riferisco sempre con la parola bambini. Il mio bambino, i miei bambini. Ma i miei bambini sono bambini di carta. Non di sangue. E i bambini di carta non partoriscono altri bambini di carta. Sono una ben povera illusione di maternità".
Sul passato:
"Per me ogni oggetto del passato è sacro. Il passato mi incuriosisce più del futuro. E non mi stancherò mai di sostenere che il futuro è un’ipotesi, una congettura, una supposizione. Cioè una non realtà. Tutt’al più, una speranza alla quale tentiamo di dare corpo con i sogni e le fantasie. Il passato invece è una certezza, una concretezza, una realtà stabilita. E poi ogni oggetto sopravvissuto al passato è prezioso perché porta in sé un’illusione di eternità. Perché rappresenta una vittoria sul tempo, che logora e appassisce e uccide. Una sconfitta della morte".
Da oggi Oriana Fallaci riposa agli Allori di Firenze, cimitero evangelico multireligioso. Vicino a lei la lapide in memoria dell’amato Alekos Panagoulis, il poeta-eroe della Resistenza greca, le tombe dei suoi familiari e quelle di atei, musulmani, protestanti e cattolici. Io voglio vedere in questa sua ultima scelta un messaggio di tolleranza e pacificazione. E, sempre seguendo il filo della speranza e non quello dell’odio, ho selezionato alcuni brani della lunga intervista rilasciata da Oriana Fallaci, il 16 dicembre 2001, a Lucia Annunziata.
Sulla sua malattia:
“Io sono convinta che il cancro sia un malanno intelligente. E questa storia dell’intelligenza mi è venuta in mente perché, quando mi tolsero quello grosso, dissi: voglio vederlo, mettetelo da parte, è roba mia, voglio vederlo. E due giorni dopo la operazione andai all’ospedale a guardarlo al microscopio. Mi fece un’impressione enorme perché era un sassolino, nient’altro che un sassolino. Bianco, molto pulito, grazioso. Sezionato, invece, appariva una piazza impazzita. C’era qualcosa di vitale e di intelligente in queste cellule che lottavano fra loro. Mi fece pensare a creature di un altro pianeta. Cominciai a chiamarlo Alieno e da allora è cominciato un silenzioso dialogo con lui, una sfida a questo nemico che è in me, una specie di Bin Laden: non si sa mai in che caverna sia. Ogni tanto viene fuori e lì non c’è l’esercito americano. Ci sono solo io. Quando viene fuori, viene fuori per eliminarmi. E allora io gli faccio un discorso. Gli dico: tu esisti perché esisto io, sei un mio parassita, per vivere hai bisogno di me. Se mi ammazzi muori anche tu. Questa sfida è diventata così personale e così umana che ho continuato a fumare come prima e più di prima”.
Sulla vecchiaia:
"La vecchiaia è ovviamente una conquista. L’alternativa, cioè il cimitero, è assai peggiore. Ma la virtù maggiore della vecchiaia è la libertà. Io da giovane non ero libera. Mi battevo per la libertà, sognavo la libertà, ma non ero libera. La libertà che mi circondava dopo il 1945, cioè dopo la fine della Seconda guerra mondiale, era una libertà politica, non psicologica. Non lo era perché ero donna, e perché, appunto, ero giovane. Crescendo sono diventata via via sempre più libera, anche grazie a ciò che mi sono guadagnata con le mie lotte personali e sociali per la libertà. Ma non mi sono mai sentita completamente libera. Ho incominciato a sentirmi più libera via via che sul mio volto sono apparse le rughe. Più segnate erano le rughe, più io mi sentivo libera e meno temevo i giudizi degli altri, le prepotenze degli altri, le incomprensioni. Quando le rughe sono giunte dove sono ora, mi sono sentita completamente libera. Infatti ho incominciato a dire che le mie rughe sono le mie medaglie. La vecchiaia è una catarsi. Non temi più nulla e nessuno: l’unico rischio è che se non hai senso etico, e io ce l’ho, arrivi a pensare che tutto ti sia lecito, tutto ti sia possibile. Sai di più, capisci quando sei vecchio. Hai una conoscenza, cioè un capitale, che in gioventù o nell’età matura non hai. Il cervello si è raffinato, perfezionato e nel medesimo tempo, paradossalmente, si è arricchito di curiosità che prima non avevi. Perché da giovane sei presuntuoso, ti sembra di sapere tutto. Da vecchio, invece, ti accorgi che socraticamente non sai nulla. O troppo poco. Nel medesimo tempo sai che ti resta poco da vivere e allora ti viene una gran fretta di sapere ciò che ancora non sai, di produrre ciò che ancora non hai prodotto e, sorretto da una energia nuova, più giovane di quando eri giovane, cerchi di colmare alla svelta quel vuoto. E studi, leggi, produci per non perdere un minuto di tempo.
Io sono anche convinta che da vecchio sei più intelligente che da giovane. Io, ora, scrivo molto meglio di quanto scrivessi da giovane. Con meno slancio, minore sfacciataggine, sì, ma con maggiore efficacia e andando più in profondità. C’è il problema fisico, è vero. Da vecchi non si possono fare più le cose che si fanno da giovani. Il tuo corpo è come il vecchio motore di una macchina vecchia: le tue gambe non corrono più come correvano da giovani, i tuoi polmoni non respirano più come respiravano da giovani e il tuo cuore, ahimè, ormai fa spesso cilecca".
Sulla maternità:
"Se mi chiedete qual è per me il simbolo della bellezza femminile, io non penso alla Venere di Milo o a Sofia Loren. Penso a una bella donna incinta. C’è qualcosa di potente, di trionfante, di ineguagliabilmente bello in una donna che porta in sé un’altra vita. Una donna deformata da un pancione che chiude un altro essere umano. Una delle statue che mi commuovono di più è quella preistorica di una donna incinta. Una volta la mostrai a un amico: «Guarda che splendore», e lui rispose: «Vuoi dire che orrore». Finì in una rissa.
Sulla maternità mi arrabbio sempre, con poche parole l’ho fatto anche nel piccolo libro quando penso che gli Italiani sono il popolo con la più bassa natalità dell’Occidente. Mi sembra un tradimento, una vigliaccheria verso il proprio Paese, la propria cultura, la propria società, anzi: verso la vita! Avere il privilegio di mettere al mondo un altro essere umano! Lo so che bisogna essere in due per metterlo al mondo: ma il privilegio di tenerlo nel proprio ventre, di nutrirlo col proprio sangue, di custodire la responsabilità della sua venuta al mondo è tutto femminile.
È l’unico modo per restare immortali, capisci, mettere al mondo un altro essere umano. Quando hai messo al mondo un altro essere non muori quando muori, perché attraverso quell’essere che è fatto della tua carne e del tuo sangue tu continui a vivere. Mi pesa, sì, mi pesa non lasciare almeno un figlio, quando morirò. Ed è per questo che ai miei libri mi riferisco sempre con la parola bambini. Il mio bambino, i miei bambini. Ma i miei bambini sono bambini di carta. Non di sangue. E i bambini di carta non partoriscono altri bambini di carta. Sono una ben povera illusione di maternità".
Sul passato:
"Per me ogni oggetto del passato è sacro. Il passato mi incuriosisce più del futuro. E non mi stancherò mai di sostenere che il futuro è un’ipotesi, una congettura, una supposizione. Cioè una non realtà. Tutt’al più, una speranza alla quale tentiamo di dare corpo con i sogni e le fantasie. Il passato invece è una certezza, una concretezza, una realtà stabilita. E poi ogni oggetto sopravvissuto al passato è prezioso perché porta in sé un’illusione di eternità. Perché rappresenta una vittoria sul tempo, che logora e appassisce e uccide. Una sconfitta della morte".
Tra pesci-robot e sedie-granchio, fermenti artistici settembrini a Porto Rotondo
Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
Fermenti artistici settembrini a Porto Rotondo. A coordinare il cenacolo è sempre Luigi Donà dalle Rose, fondatore del villaggio. Il conte veneziano sembra più che mai deciso a completare il percorso iniziato quarant’anni fa quando chiamò i migliori scultori, pittori e architetti per realizzare piazze, moli, chiesa e teatro.
Oggi ha un forte alleato nel maestro Mario Ceroli, tornato a Porto Rotondo, dopo molti anni. Sembra che, nel rivedere la “sua” chiesa e il “suo” teatro, il grande scultore si sia tanto emozionato da sposare l’idea dell’amico Luigino: costituire una a Fondazione per innalzare il Campanile in legno unico al mondo, sempre nato da un progetto di Mario Ceroli.
A Porto Rotondo, quindi, sponsor cercasi per ultimare “incompiute” sacre & profane. L’elenco comprende quelle all’interno della chiesa (il confessionale, il portone in vetro, il rosone, il leggio per l’altare, il fonte battesimale e il cero pasquale); i quattro altorilievi per il teatro che ancora mancano all’appello e la piazzetta di Rudalza che si chiamerà Maestrale.
Nel segno della novità, invece, è il feeling artistico nato tra il mecenate Luigi Donà e lo scultore francese Emmanuel Chapalain sbarcato a Porto Rotondo con il collega Jean Charles Roux. I pescioni in alluminio a grandezza naturale di Chapalain (corazzati per difendersi dagli umani), appesi nella villa del Conte, hanno conquistato anche Tom Perkins.
Il Paperone americano è stato folgorato da uno squalo-robot che ora troneggia tra i cristalli del suo avveniristico clipper “The Maltese Falcon”. Ma, a casa Donà, in questi giorni, si assiste alla moltiplicazione dei pani e dei pesci tra gli artisti ospiti e i disegni con pinne e branchie (firmati da Emmanuel Chapalain) per i mosaici dei graniti che trasformeranno anche la pavimentazione di via del Molo e quindi del cuore di Porto Rotondo.
Molto ammirate le grandi sedie-granchio di Jean Charles Roux. Provate a Mortorio e in altri luoghi ameni e rocciosi, sono risultate ideali per prendere il sole a bagno-maria e a prova di capitombolo una volta incastrate le zampe d’acciaio tra gli scogli. Una signora, più incline allo shopping che all’arte ha chiesto ed ottenuto di provare la scarpetta di Cenerentola e l’abito metal-fashion di Chapalain ma ha trovato la prima un “po’ scomoda” e il secondo “un po’ duro”. Naturalmente bocciata dallo scultore, la proposta dell’aspirante-cliente: vestito e scarpe su misura, in un metallo appena appena più morbido.
Fermenti artistici settembrini a Porto Rotondo. A coordinare il cenacolo è sempre Luigi Donà dalle Rose, fondatore del villaggio. Il conte veneziano sembra più che mai deciso a completare il percorso iniziato quarant’anni fa quando chiamò i migliori scultori, pittori e architetti per realizzare piazze, moli, chiesa e teatro.
Oggi ha un forte alleato nel maestro Mario Ceroli, tornato a Porto Rotondo, dopo molti anni. Sembra che, nel rivedere la “sua” chiesa e il “suo” teatro, il grande scultore si sia tanto emozionato da sposare l’idea dell’amico Luigino: costituire una a Fondazione per innalzare il Campanile in legno unico al mondo, sempre nato da un progetto di Mario Ceroli.
A Porto Rotondo, quindi, sponsor cercasi per ultimare “incompiute” sacre & profane. L’elenco comprende quelle all’interno della chiesa (il confessionale, il portone in vetro, il rosone, il leggio per l’altare, il fonte battesimale e il cero pasquale); i quattro altorilievi per il teatro che ancora mancano all’appello e la piazzetta di Rudalza che si chiamerà Maestrale.
Nel segno della novità, invece, è il feeling artistico nato tra il mecenate Luigi Donà e lo scultore francese Emmanuel Chapalain sbarcato a Porto Rotondo con il collega Jean Charles Roux. I pescioni in alluminio a grandezza naturale di Chapalain (corazzati per difendersi dagli umani), appesi nella villa del Conte, hanno conquistato anche Tom Perkins.
Il Paperone americano è stato folgorato da uno squalo-robot che ora troneggia tra i cristalli del suo avveniristico clipper “The Maltese Falcon”. Ma, a casa Donà, in questi giorni, si assiste alla moltiplicazione dei pani e dei pesci tra gli artisti ospiti e i disegni con pinne e branchie (firmati da Emmanuel Chapalain) per i mosaici dei graniti che trasformeranno anche la pavimentazione di via del Molo e quindi del cuore di Porto Rotondo.
Molto ammirate le grandi sedie-granchio di Jean Charles Roux. Provate a Mortorio e in altri luoghi ameni e rocciosi, sono risultate ideali per prendere il sole a bagno-maria e a prova di capitombolo una volta incastrate le zampe d’acciaio tra gli scogli. Una signora, più incline allo shopping che all’arte ha chiesto ed ottenuto di provare la scarpetta di Cenerentola e l’abito metal-fashion di Chapalain ma ha trovato la prima un “po’ scomoda” e il secondo “un po’ duro”. Naturalmente bocciata dallo scultore, la proposta dell’aspirante-cliente: vestito e scarpe su misura, in un metallo appena appena più morbido.
venerdì, settembre 15, 2006
Pensieri molesti e immagini di fine estate cap.1
Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
Consapevoli che al peggio non c’è mai fine e chi va con lo zoppo impara a zoppicare Flavio Briatore ed Emilio Fede, definiti “gemelli di perizoma”, fanno ridicola mostra di sé, sul settimanale “Oggi”. Speriamo solo che il duo non si trasformi, l’estate prossima, in un Brio-Trio guidato dal Cavaliere Perizomato. Il pensiero poco stupendo di Berlusconi in micro-slip non interessa i promotori di “Cuori in coro”. Loro contano di ricevere (non a babbo morto) i contributi promessi (dall’ex-Premier e da molti altri) durante la cena organizzata lo scorso 18 agosto da Krizia per dotare l’ospedale olbiese di un’apparecchiatura salva-vita.
L’anno scorso suscitai l’ira funesta di Simona Ventura per una foto non felicissima che le avevo scattato. Mi fece un memorabile “cazziatone” telefonico ed io, in un attacco di coniglite, per evitare la minacciata querela, ho anche provveduto a bloccare la diffusione di quella immagine (da me considerata buffa e da lei dannosa). Pensavo di tenermi a distanza dalla Furiosa Ventura anche questa estate, per evitare complicanze ed effetti collaterali da foto non posate & concordate. A sciogliere il ghiaccio è stata proprio lei con un sorriso extra-white & large accompagnato da un assolutorio: “Non preoccuparti, tutto dimenticato!”.
Beatrice Borromeo “Santorizzata” o Santoro “Beatricizzato?” Nell’attesa di capire meglio influssi & ruoli, è difficile pensare che l’aristo-rivelazione di Anno Zero si accontenti di passare per la brava Recitante di temini pre-confezionati. Beatrice, cervello-munita e dotata di notevole temperamento, sembrava ingessata in un simil-gioco di ruolo che l’ha vista elegantemente prestare volto, nome e voce.
Metti una sera a cena con una coppia di ferro e fuoco. Il “Pro caridade!” di Gianna Orrù, madre-matriarca cagliaritana di Valeria Marini è l’equivalente sardo di “Per la carità!” intercalare un tempo abusato dalla Santanchè. La signora Gianna, parlando della sua Valeria, spara “pro caridade!” a raffica quando il discorso cade sull’ex-Cecchi Gori. Solo al sentirlo nominare s’infervora e parte in quarta mentre la figlia “pro caridade rinsavita dopo quell’incubo”, discretamente si alza e va a farsi un giretto, aspettando che Mamma si plachi.
Consapevoli che al peggio non c’è mai fine e chi va con lo zoppo impara a zoppicare Flavio Briatore ed Emilio Fede, definiti “gemelli di perizoma”, fanno ridicola mostra di sé, sul settimanale “Oggi”. Speriamo solo che il duo non si trasformi, l’estate prossima, in un Brio-Trio guidato dal Cavaliere Perizomato. Il pensiero poco stupendo di Berlusconi in micro-slip non interessa i promotori di “Cuori in coro”. Loro contano di ricevere (non a babbo morto) i contributi promessi (dall’ex-Premier e da molti altri) durante la cena organizzata lo scorso 18 agosto da Krizia per dotare l’ospedale olbiese di un’apparecchiatura salva-vita.
L’anno scorso suscitai l’ira funesta di Simona Ventura per una foto non felicissima che le avevo scattato. Mi fece un memorabile “cazziatone” telefonico ed io, in un attacco di coniglite, per evitare la minacciata querela, ho anche provveduto a bloccare la diffusione di quella immagine (da me considerata buffa e da lei dannosa). Pensavo di tenermi a distanza dalla Furiosa Ventura anche questa estate, per evitare complicanze ed effetti collaterali da foto non posate & concordate. A sciogliere il ghiaccio è stata proprio lei con un sorriso extra-white & large accompagnato da un assolutorio: “Non preoccuparti, tutto dimenticato!”.
Beatrice Borromeo “Santorizzata” o Santoro “Beatricizzato?” Nell’attesa di capire meglio influssi & ruoli, è difficile pensare che l’aristo-rivelazione di Anno Zero si accontenti di passare per la brava Recitante di temini pre-confezionati. Beatrice, cervello-munita e dotata di notevole temperamento, sembrava ingessata in un simil-gioco di ruolo che l’ha vista elegantemente prestare volto, nome e voce.
Metti una sera a cena con una coppia di ferro e fuoco. Il “Pro caridade!” di Gianna Orrù, madre-matriarca cagliaritana di Valeria Marini è l’equivalente sardo di “Per la carità!” intercalare un tempo abusato dalla Santanchè. La signora Gianna, parlando della sua Valeria, spara “pro caridade!” a raffica quando il discorso cade sull’ex-Cecchi Gori. Solo al sentirlo nominare s’infervora e parte in quarta mentre la figlia “pro caridade rinsavita dopo quell’incubo”, discretamente si alza e va a farsi un giretto, aspettando che Mamma si plachi.
giovedì, settembre 14, 2006
Il "caso" Soru visto dai lettori: Giacomo Bondi dall'America ci scrive
Lettera e foto pubblicate in www.marellagiovannelli.com
Vuole Renato Castro trasformare la Sardegna in Cuba?
In questi giorni il premier Prodi, alla guida di una delegazione politico-economica Italiana e' in Cina per discutere rapporti commerciali, sviluppo economico e la presenza di migliaia di aziende Italiane che operano in quella nazione. La stessa Cina, ultima grande nazione comunista, sta vivendo una crescita economica esponenziale rispetto ai paesi del primo mondo. La vive attraverso la privatizzazione delle istituzioni economiche ed una economia di libero mercato basata sulla crescita e sul profitto.
Al contrario, in Sardegna, ogni e qualsiasi profitto viene classificato da alcuni come "speculazione" e conseguentemente demonizzato. Il problema e' che se il capitale non viene remunerato e le iniziative imprenditoriali vengono scoraggiate, capitali ed imprenditori vanno altrove. Chi alla fine ne piange sono i giovani disoccupati che non trovano lavoro e le migliaia di famiglie che ogni anno si aggiungono alla porzione della popolazione che vive in regime di poverta'. Apparentemente il Dr. Soru considera la costituzione della Repubblica Italiana trascurabile (l'avra' mai letta?). Ritiene che, potendo contare sulla maggioranza al Consiglio Regionale puo' approvare una gragnuola di leggi draconiane il cui obiettivo finale e' poco chiaro e desta a dir poco sospetto.
I proprietari di terreni costieri vedono la proprieta' azzerata di valore ed eventualmente soggetta ad esproprio a prezzo di terreno agricolo. Da li' il passo di Fidel Castro di nazionalizzare l'intera proprieta' dell'isola Cubana non e' lontano. Salvo poi elargire speciali permessi per gli "insiders" del regime (vedi la "riqualificazione" delle aree minerarie del Sulcis-Iglesiente).
Il problema rimane che Cuba, un tempo la perla dei Caraibi e' rimasta per decenni la pattumiera dei Caraibi. Le spiagge erano sporche e piene di rifiuti. Gli alberghi, senza manutenzione, andavano a deperire, e la popolazione soffriva in silenzio per paura di rappresaglie che potevano significare imprigionamento e tortura, vivendo in condizioni di vita estremamente inferiori a quelle delle altre isole dei Caraibi. Oggi anche Cuba sta cambiando.
Le altre isole, un tempo colonie e possedimenti di nazioni Europee sono gradatamente diventate indipendenti, si autogovernano e prodigano dal turismo e dallo sfruttamento delle risorse naturali. Alcune di esse sono dei veri paradisi, non solo per i turisti ma anche per le popolazioni locali.
Al contrario, il Presidente della Regione vorrebbe congelare le proprieta' costiere ed annetterle al demanio regionale, da usarsi per scopi "civici", magari parchi pubblici ad uso della popolazione. Ma se la popolazione e' disoccupata ed in stato di poverta' non si puo' neanche permettere di comprarsi due salsicce da arrostire nei "parchi pubblici regionali".
I sardi dovrebbero sollevarsi in protesta ed impedire delle manovre legislative che porterebbero la regione a livelli di vita ulteriormente inferiori rispetto al resto della nazione.
Vuole Renato Castro trasformare la Sardegna in Cuba?
In questi giorni il premier Prodi, alla guida di una delegazione politico-economica Italiana e' in Cina per discutere rapporti commerciali, sviluppo economico e la presenza di migliaia di aziende Italiane che operano in quella nazione. La stessa Cina, ultima grande nazione comunista, sta vivendo una crescita economica esponenziale rispetto ai paesi del primo mondo. La vive attraverso la privatizzazione delle istituzioni economiche ed una economia di libero mercato basata sulla crescita e sul profitto.
Al contrario, in Sardegna, ogni e qualsiasi profitto viene classificato da alcuni come "speculazione" e conseguentemente demonizzato. Il problema e' che se il capitale non viene remunerato e le iniziative imprenditoriali vengono scoraggiate, capitali ed imprenditori vanno altrove. Chi alla fine ne piange sono i giovani disoccupati che non trovano lavoro e le migliaia di famiglie che ogni anno si aggiungono alla porzione della popolazione che vive in regime di poverta'. Apparentemente il Dr. Soru considera la costituzione della Repubblica Italiana trascurabile (l'avra' mai letta?). Ritiene che, potendo contare sulla maggioranza al Consiglio Regionale puo' approvare una gragnuola di leggi draconiane il cui obiettivo finale e' poco chiaro e desta a dir poco sospetto.
I proprietari di terreni costieri vedono la proprieta' azzerata di valore ed eventualmente soggetta ad esproprio a prezzo di terreno agricolo. Da li' il passo di Fidel Castro di nazionalizzare l'intera proprieta' dell'isola Cubana non e' lontano. Salvo poi elargire speciali permessi per gli "insiders" del regime (vedi la "riqualificazione" delle aree minerarie del Sulcis-Iglesiente).
Il problema rimane che Cuba, un tempo la perla dei Caraibi e' rimasta per decenni la pattumiera dei Caraibi. Le spiagge erano sporche e piene di rifiuti. Gli alberghi, senza manutenzione, andavano a deperire, e la popolazione soffriva in silenzio per paura di rappresaglie che potevano significare imprigionamento e tortura, vivendo in condizioni di vita estremamente inferiori a quelle delle altre isole dei Caraibi. Oggi anche Cuba sta cambiando.
Le altre isole, un tempo colonie e possedimenti di nazioni Europee sono gradatamente diventate indipendenti, si autogovernano e prodigano dal turismo e dallo sfruttamento delle risorse naturali. Alcune di esse sono dei veri paradisi, non solo per i turisti ma anche per le popolazioni locali.
Al contrario, il Presidente della Regione vorrebbe congelare le proprieta' costiere ed annetterle al demanio regionale, da usarsi per scopi "civici", magari parchi pubblici ad uso della popolazione. Ma se la popolazione e' disoccupata ed in stato di poverta' non si puo' neanche permettere di comprarsi due salsicce da arrostire nei "parchi pubblici regionali".
I sardi dovrebbero sollevarsi in protesta ed impedire delle manovre legislative che porterebbero la regione a livelli di vita ulteriormente inferiori rispetto al resto della nazione.
lunedì, settembre 11, 2006
Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
Cavaliere-Gaudente:clonato, pentito o travisato ? Il monologo eruttivo di Berlusconi a Gubbio ha spaccato i fan club di Silvio cantanterino, ballerino e grande rianimatore della Gotta Smeralda. Dopo avere letto alcune sue dichiarazioni che smentivano la dolce vita vacanziera appena lasciata alle spalle, alcuni irriducibili sostenitori hanno diffuso teorie più o meno bizzarre. Si parla persino di un sosia del Cavaliere (che intanto lavorava, solo soletto chiuso alla Certosa) sguinzagliato tra Porto Rotondo e Porto Cervo.
Per “briatorizzare” l’immagine dell’ex-Premier (che intanto, muto, ingoiava rospi inenarrabili legato alla poltrona della Certosa) l’opposizione non ha badato a spese. Lele Mora, Emilio Fede, gli staff di Billionaire, Country, Pepero e Next Door, decine di Silvioline, oltre alle inflazionate Letterine e Meteorine, hanno contribuito ad ingannare giornalisti, fotografi e cameramen. Il sosia del Cavaliere, opportunamente indottrinato, ha risparmiato anche sul guardaroba. Ha infatti sfoggiato sempre e solo la “divisa” (pantaloni e camicia blu con maglioncino azzurro- madonna) indossata dal vero Berlusconi le fatidiche sere del 14 e 15 agosto.
Queste due apparizioni, infatti, sono state da Lui certificate come autentiche (il pre-ferragosto da Anna Bettz e la notte successiva alla Certosa). Poi ci sono quelli che, atteggiandosi ad informati, dicono “Silvio si è pentito di essersi lasciato trascinare nella giostrina costaiola, con i gestori delle discoteche che litigavano fra loro pur di averlo. E poi tutti lo tiravano per il bordo della camicia fuori dai pantaloni pur di ottenere un invito a casa sua. Anche molte damazze invidiose e pruriginose non hanno perdonato al Cavaliere (noto esteta) di averle allegramente ignorate”. Più accreditata, invece, sembra la teoria del Silvio Travisato sempre e comunque dai giornalisti, qualsiasi cosa dica e faccia, dallo starnuto alla tosse, passando per i balletti, le cantatine e le dichiarazioni microfonate e registrate. Comunque, in punta di zampette, la solita Talpa Certosina, curiosando tra gli ultimi acquisti fatti dal Cavaliere nella farmacia di Porto Rotondo è quasi stramazzata al suolo. Esattamente come l’attore Keanu Reeves, Berlusconi si cura la pelle del viso con i trattamenti d’urto al Caviale brevettati da La Prairie. Il concentrato anti-età regalerà, per il suo settantesimo compleanno, al Cavaliere-Cavialato una pelle di velluto & seta.
Sempre a Porto Rotondo, la Perini Navi Cup 2006 si è conclusa con il trionfo di “The Maltese Falcon” del magnate americano della Hewlett Packard, Tom Perkins. Il clipper di 88 metri è la barca a vela più lunga del mondo con tre alberi maestri manovrabili elettronicamente da una sola persona. Il prezzo, secondo indiscrezioni, si è aggirato intorno al milione di euro al metro quadro.
Solo undicesimo (su 14 armatori in gara) Ennio Doris Mediolanum sul “Principessa Vaivia” (già dei Berlusconidi) che aveva vinto l’edizione 2004. Blindatissime ( a villa Boldrocchi e allo Yacht Club) per motivi di sicurezza le cene di gala con fuochi d’artificio & terrificanti botti simil-Certosa che, tanto per cambiare, hanno terrorizzato e tenuto svegli i poveri portorotondini.
Domenica, invece, splendide emozioni (finalmente non artificiali) vissute, prima a Oliena in festa per le Cortes Apertas e poi in tutta la Sardegna per il Campiello assegnato al grandissimo Salvatore Niffoi e alla sua “Vedova Scalza”.
Cavaliere-Gaudente:clonato, pentito o travisato ? Il monologo eruttivo di Berlusconi a Gubbio ha spaccato i fan club di Silvio cantanterino, ballerino e grande rianimatore della Gotta Smeralda. Dopo avere letto alcune sue dichiarazioni che smentivano la dolce vita vacanziera appena lasciata alle spalle, alcuni irriducibili sostenitori hanno diffuso teorie più o meno bizzarre. Si parla persino di un sosia del Cavaliere (che intanto lavorava, solo soletto chiuso alla Certosa) sguinzagliato tra Porto Rotondo e Porto Cervo.
Per “briatorizzare” l’immagine dell’ex-Premier (che intanto, muto, ingoiava rospi inenarrabili legato alla poltrona della Certosa) l’opposizione non ha badato a spese. Lele Mora, Emilio Fede, gli staff di Billionaire, Country, Pepero e Next Door, decine di Silvioline, oltre alle inflazionate Letterine e Meteorine, hanno contribuito ad ingannare giornalisti, fotografi e cameramen. Il sosia del Cavaliere, opportunamente indottrinato, ha risparmiato anche sul guardaroba. Ha infatti sfoggiato sempre e solo la “divisa” (pantaloni e camicia blu con maglioncino azzurro- madonna) indossata dal vero Berlusconi le fatidiche sere del 14 e 15 agosto.
Queste due apparizioni, infatti, sono state da Lui certificate come autentiche (il pre-ferragosto da Anna Bettz e la notte successiva alla Certosa). Poi ci sono quelli che, atteggiandosi ad informati, dicono “Silvio si è pentito di essersi lasciato trascinare nella giostrina costaiola, con i gestori delle discoteche che litigavano fra loro pur di averlo. E poi tutti lo tiravano per il bordo della camicia fuori dai pantaloni pur di ottenere un invito a casa sua. Anche molte damazze invidiose e pruriginose non hanno perdonato al Cavaliere (noto esteta) di averle allegramente ignorate”. Più accreditata, invece, sembra la teoria del Silvio Travisato sempre e comunque dai giornalisti, qualsiasi cosa dica e faccia, dallo starnuto alla tosse, passando per i balletti, le cantatine e le dichiarazioni microfonate e registrate. Comunque, in punta di zampette, la solita Talpa Certosina, curiosando tra gli ultimi acquisti fatti dal Cavaliere nella farmacia di Porto Rotondo è quasi stramazzata al suolo. Esattamente come l’attore Keanu Reeves, Berlusconi si cura la pelle del viso con i trattamenti d’urto al Caviale brevettati da La Prairie. Il concentrato anti-età regalerà, per il suo settantesimo compleanno, al Cavaliere-Cavialato una pelle di velluto & seta.
Sempre a Porto Rotondo, la Perini Navi Cup 2006 si è conclusa con il trionfo di “The Maltese Falcon” del magnate americano della Hewlett Packard, Tom Perkins. Il clipper di 88 metri è la barca a vela più lunga del mondo con tre alberi maestri manovrabili elettronicamente da una sola persona. Il prezzo, secondo indiscrezioni, si è aggirato intorno al milione di euro al metro quadro.
Solo undicesimo (su 14 armatori in gara) Ennio Doris Mediolanum sul “Principessa Vaivia” (già dei Berlusconidi) che aveva vinto l’edizione 2004. Blindatissime ( a villa Boldrocchi e allo Yacht Club) per motivi di sicurezza le cene di gala con fuochi d’artificio & terrificanti botti simil-Certosa che, tanto per cambiare, hanno terrorizzato e tenuto svegli i poveri portorotondini.
Domenica, invece, splendide emozioni (finalmente non artificiali) vissute, prima a Oliena in festa per le Cortes Apertas e poi in tutta la Sardegna per il Campiello assegnato al grandissimo Salvatore Niffoi e alla sua “Vedova Scalza”.
giovedì, settembre 07, 2006
La "fuitina" di Berlusconi in farmacia
Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
In attesa di portare la gente in piazza, Silvio Berlusconi si è “portato” di buon mattino nella farmacia di Porto Rotondo. Accompagnato dalla scorta (due sono entrati con lui e due sono rimasti fuori) si è avvicinato al bancone sfoderando una voce ancora molto roca e un naso visibilmente costipato. Per una ventina di minuti si è intrattenuto con i clienti che lo hanno tempestato di domande sullo stato della sua tracheite; sui casini di Casini; sull’incontro con i vertici della Lega; su quanto si è divertito in vacanza; su “chi te lo fa fare Silvio a farti il sangue amaro ma goditi la vita che è meglio!”. Fatti gli acquisti, il Cavaliere si è fatto fotografare con i cellulari da una moltitudine di persone che hanno preso d’assalto la farmacia perchè la notizia della sua presenza in paese si era sparsa a macchia d’olio.
Nel frattempo l’architetto Gianni Gamondi l’aspettava alla Certosa per un consulto urgente sui lavori in corso nel parco. Da ieri, il povero Gamondi, cercava di intercettare quello che lui chiama “Il Dottore” che invece gli era “sgusciato” per andare di persona dal Farmacista. Berlusconi, per la sua “fuitina” da Punta Lada ha parcheggiato alla Certosa anche Umberto Bossi e Paolo Banaiuti. Evidentemente, aveva un impellente bisogno di cambiare aria dopo la cena politica di ieri sera e tanti leghisti al tavolo (oltre a Bossi c’erano pure Castelli, Tremonti, Brancher e persino Calderoli senza museruola).
In attesa di portare la gente in piazza, Silvio Berlusconi si è “portato” di buon mattino nella farmacia di Porto Rotondo. Accompagnato dalla scorta (due sono entrati con lui e due sono rimasti fuori) si è avvicinato al bancone sfoderando una voce ancora molto roca e un naso visibilmente costipato. Per una ventina di minuti si è intrattenuto con i clienti che lo hanno tempestato di domande sullo stato della sua tracheite; sui casini di Casini; sull’incontro con i vertici della Lega; su quanto si è divertito in vacanza; su “chi te lo fa fare Silvio a farti il sangue amaro ma goditi la vita che è meglio!”. Fatti gli acquisti, il Cavaliere si è fatto fotografare con i cellulari da una moltitudine di persone che hanno preso d’assalto la farmacia perchè la notizia della sua presenza in paese si era sparsa a macchia d’olio.
Nel frattempo l’architetto Gianni Gamondi l’aspettava alla Certosa per un consulto urgente sui lavori in corso nel parco. Da ieri, il povero Gamondi, cercava di intercettare quello che lui chiama “Il Dottore” che invece gli era “sgusciato” per andare di persona dal Farmacista. Berlusconi, per la sua “fuitina” da Punta Lada ha parcheggiato alla Certosa anche Umberto Bossi e Paolo Banaiuti. Evidentemente, aveva un impellente bisogno di cambiare aria dopo la cena politica di ieri sera e tanti leghisti al tavolo (oltre a Bossi c’erano pure Castelli, Tremonti, Brancher e persino Calderoli senza museruola).
mercoledì, settembre 06, 2006
Due Madeleine Morès e un mistero da risolvere
Testo e foto di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com
Uguale il nome (Madeleine) e il cognome (Morès); sono nate nello stesso giorno, mese ed anno (il 6 novembre 1924) nel medesimo paese (Tellancourt) in Francia e dagli stessi genitori (Anne-Marie Crochet e Albert Morès). Le due anziane donne, a 82 anni, si sono ritrovate al centro di un caso misterioso, almeno fino a quando non verrà declassato a bizzarro pasticcio anagrafico-giudiziario. Della strana vicenda si comincia a parlare nell’aprile del 2004 quando una delle due Madeleine rientra in Francia da Algeri dove ha vissuto per 37 anni. Sposata e separata da Amar Firas, al suo ritorno in patria va a vivere in casa della figlia a Vittel (Vosges). Lei stessa racconta “di essere caduta per terra” quando, alla sua richiesta del cambio di residenza, ha saputo che “c’era un’altra Madeleine Morès che aveva rinnovato la sua carta d’identità nel 2001”. Senza documenti la Madeleine di Vittel non può ritirare la sua pensione di 514 euro che, da più di vent’anni, viene invece consegnata alla sua omonima, residente a Saint-Etienne. La Madeleine Morès domiciliata a Vittel passa alle vie legali e denuncia per usurpazione di identità la Madeleine Morès di Saint-Etienne.
La gendarmeria apre un’inchiesta e si comincia a scavare nel passato delle due donne. E la storia diventa ancora più complicata: la prima Madeleine (quella di Vittel) rivendica fratelli e sorelle mentre il suo alter-ego sostiene di non aver mai conosciuto la sua famiglia. Abbandonata alla nascita, sarebbe stata allevata da una balia in Lorena. “La vera Madeleine, mia sorella, è quella di Vittel - ribadisce René Morès, 76 anni, che abita a Corte, in Corsica. Sono pronto a fare il test del DNA per provarlo, oppure riesumate il corpo di nostra madre”. Intanto ha tirato fuori una vecchia fotografia in bianco e nero che, secondo lui, potrebbe già costituire una prova dell’usurpazione d’identità.
La sorprendente immagine raffigura abbracciate le due donne protagoniste di questo caso, allora molto giovani. Risale al periodo in cui Madeleine di Vittel (a destra nella foto) viveva dalle suore, a Orléans, in un pensionato per ragazze. Sembrano molto amiche ma, stranamente, oggi, nessuna delle due si ricorda dell’altra. Riferiscono storie familiari diverse eppure simili. Madeleine di Vittel dice di aver trascorso la sua infanzia a Tellancourt e dichiara: “Mia madre è morta nel 1931, quando io avevo 7 anni dando alla luce uno dei miei fratelli. Mio padre ha abbandonato i suoi cinque figli e per questo, da bambini, siamo stati affidati all’Assistenza Pubblica. Adolescente, sono stata accolta dalle Suore, a Orléans e poi mi sono mantenuta lavorando come operaia o domestica in vari alberghi.
L’altra Madeleine, quella che oggi vive a Saint-Etienne, racconta di non aver mai conosciuto la sua famiglia e di essere stata allevata da una nutrice. Anche lei dice di avere sempre svolto lavori umili ma, a differenza della sua omonima, sostiene di non essersi mai sposata e di non avere figli. La Francia si interroga su un doppio mistero: delle due, chi è la falsa Madeleine? Perchè un certo giorno ha scelto di cambiare identità? E nessuna chiarezza è arrivata dal confronto tra le due vecchie signore organizzato nella Loira. Si sono educatamente salutate, con un pizzico di freddezza, dicendosi reciprocamente : "Bonjour, je suis Madeleine Morès, et je ne vous connais pas."
Uguale il nome (Madeleine) e il cognome (Morès); sono nate nello stesso giorno, mese ed anno (il 6 novembre 1924) nel medesimo paese (Tellancourt) in Francia e dagli stessi genitori (Anne-Marie Crochet e Albert Morès). Le due anziane donne, a 82 anni, si sono ritrovate al centro di un caso misterioso, almeno fino a quando non verrà declassato a bizzarro pasticcio anagrafico-giudiziario. Della strana vicenda si comincia a parlare nell’aprile del 2004 quando una delle due Madeleine rientra in Francia da Algeri dove ha vissuto per 37 anni. Sposata e separata da Amar Firas, al suo ritorno in patria va a vivere in casa della figlia a Vittel (Vosges). Lei stessa racconta “di essere caduta per terra” quando, alla sua richiesta del cambio di residenza, ha saputo che “c’era un’altra Madeleine Morès che aveva rinnovato la sua carta d’identità nel 2001”. Senza documenti la Madeleine di Vittel non può ritirare la sua pensione di 514 euro che, da più di vent’anni, viene invece consegnata alla sua omonima, residente a Saint-Etienne. La Madeleine Morès domiciliata a Vittel passa alle vie legali e denuncia per usurpazione di identità la Madeleine Morès di Saint-Etienne.
La gendarmeria apre un’inchiesta e si comincia a scavare nel passato delle due donne. E la storia diventa ancora più complicata: la prima Madeleine (quella di Vittel) rivendica fratelli e sorelle mentre il suo alter-ego sostiene di non aver mai conosciuto la sua famiglia. Abbandonata alla nascita, sarebbe stata allevata da una balia in Lorena. “La vera Madeleine, mia sorella, è quella di Vittel - ribadisce René Morès, 76 anni, che abita a Corte, in Corsica. Sono pronto a fare il test del DNA per provarlo, oppure riesumate il corpo di nostra madre”. Intanto ha tirato fuori una vecchia fotografia in bianco e nero che, secondo lui, potrebbe già costituire una prova dell’usurpazione d’identità.
La sorprendente immagine raffigura abbracciate le due donne protagoniste di questo caso, allora molto giovani. Risale al periodo in cui Madeleine di Vittel (a destra nella foto) viveva dalle suore, a Orléans, in un pensionato per ragazze. Sembrano molto amiche ma, stranamente, oggi, nessuna delle due si ricorda dell’altra. Riferiscono storie familiari diverse eppure simili. Madeleine di Vittel dice di aver trascorso la sua infanzia a Tellancourt e dichiara: “Mia madre è morta nel 1931, quando io avevo 7 anni dando alla luce uno dei miei fratelli. Mio padre ha abbandonato i suoi cinque figli e per questo, da bambini, siamo stati affidati all’Assistenza Pubblica. Adolescente, sono stata accolta dalle Suore, a Orléans e poi mi sono mantenuta lavorando come operaia o domestica in vari alberghi.
L’altra Madeleine, quella che oggi vive a Saint-Etienne, racconta di non aver mai conosciuto la sua famiglia e di essere stata allevata da una nutrice. Anche lei dice di avere sempre svolto lavori umili ma, a differenza della sua omonima, sostiene di non essersi mai sposata e di non avere figli. La Francia si interroga su un doppio mistero: delle due, chi è la falsa Madeleine? Perchè un certo giorno ha scelto di cambiare identità? E nessuna chiarezza è arrivata dal confronto tra le due vecchie signore organizzato nella Loira. Si sono educatamente salutate, con un pizzico di freddezza, dicendosi reciprocamente : "Bonjour, je suis Madeleine Morès, et je ne vous connais pas."
martedì, settembre 05, 2006
Berlusconi a riposo "non diplomatico"
Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
Non è malattia diplomatica ma una forte infiammazione delle prime vie respiratorie. Silvio Berlusconi mai si sarebbe perso il confronto con Rutelli (giura la Talpa certosina) se l'avesse assistito la voce. Invece, gli strapazzi delle ultime settimane, hanno trasformato un banale raffreddore in una brutta tracheite. Il Cavaliere quindi, è stato "messo a riposo" dai medici che lo stanno curando. Le sventagliate di maestrale beccate nel parco e nell'anfiteatro, hanno fatto ammalare anche altri compagni di serate di Berlusconi canterino-gelataio-pizzaiolo-Mago Merlino.
Nomi non se ne fanno perchè la privacy della salute è sacra. Un consiglio al Cavaliere: per qualche giorno si dedichi solo agli incontri con gli amici della coalizione in pellegrinaggio alla Certosa e lasci perdere di andare sù e giù per la sua tenuta di Punta Lada come un leone in gabbia. Quando la voce è troppo roca, la gola duole, gli occhi lacrimano e il naso cola, bisogna accontentarsi di Bonaiuti, Bondi e Cicchitto.
Qualcuno poi si meraviglia anche della misura over-size dei suoi fazzoletti da naso che sembrano tovaglioli. Quando il raffreddato Berlusconi li tira fuori, il concertino per trombe comunque è garantito.
Non è malattia diplomatica ma una forte infiammazione delle prime vie respiratorie. Silvio Berlusconi mai si sarebbe perso il confronto con Rutelli (giura la Talpa certosina) se l'avesse assistito la voce. Invece, gli strapazzi delle ultime settimane, hanno trasformato un banale raffreddore in una brutta tracheite. Il Cavaliere quindi, è stato "messo a riposo" dai medici che lo stanno curando. Le sventagliate di maestrale beccate nel parco e nell'anfiteatro, hanno fatto ammalare anche altri compagni di serate di Berlusconi canterino-gelataio-pizzaiolo-Mago Merlino.
Nomi non se ne fanno perchè la privacy della salute è sacra. Un consiglio al Cavaliere: per qualche giorno si dedichi solo agli incontri con gli amici della coalizione in pellegrinaggio alla Certosa e lasci perdere di andare sù e giù per la sua tenuta di Punta Lada come un leone in gabbia. Quando la voce è troppo roca, la gola duole, gli occhi lacrimano e il naso cola, bisogna accontentarsi di Bonaiuti, Bondi e Cicchitto.
Qualcuno poi si meraviglia anche della misura over-size dei suoi fazzoletti da naso che sembrano tovaglioli. Quando il raffreddato Berlusconi li tira fuori, il concertino per trombe comunque è garantito.
lunedì, settembre 04, 2006
Dal Brio-Silvio a Fede folgorato, oltre la Certosa arriva lo Zillionario
Testo e foto di Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
Per la Perini Navi Cup 2006 che si terrà a Porto Rotondo dal 7 al 10 settembre, è arrivato in rada il “Maltese Falcon” di Tom Perkins, magnate della Hewlett Packard. Il clipper da 88 metri, più che una barca sembra una astronave a vela. E’ il nuovo gioiello della Perini Navi, una meraviglia d’acciaio, con tre alberi rotanti in carbonio di oltre 58 metri. Su ogni albero sono state montate cinque vele quadrate della Doyle Sails. L'intero sistema velico, vera novità, può essere aperto in poco più di sei minuti e manovrato dalla plancia da una sola persona.
Ma, soprattutto, il rivoluzionario sistema permette di virare in soli due minuti. Tom Perkins, per definirsi usa il termine “zillionario” perchè “quando uno è plurimiliardario le parole non esistono più e si inventa”. A bordo ha sedici persone di equipaggio. Gli interni sono in legno, acciaio, cristallo e, per guardare sotto, da un piano all'altro, ha voluto tutto trasparente. Già in porto, sempre per la Perini Navi Cup, anche il rivale da battere: il Principessa Vaivia che, qualche anno fa, è stato ceduto dalla famiglia Berlusconi al banchiere Ennio Doris.
Un premio alla minoranza va riconosciuto: c’è ancora qualcuno, tra i vicini di Berlusconi, a Porto Rotondo e a Marinella, che cerca di godersi le vacanze senza macerarsi nel seguente, ossessivo pensiero:
“La frequentazione tra il “caro Flavio” e il “Silvio carissimo” da occasionale è diventata ormai abituale. Perchè Briatore ha tenuto per 24 ore filate davanti alla Certosa del Cavaliere, il suo inconfondibile Force Blue, ex-rimorchiatore di 63 metri?”
Un caloroso “Ma chi se ne frega!” ha accolto la tapina che ha osato esternare il suddetto pissi-pissi sul Brio-Silvio alla “colazione intelligente” in casa di Giovanni Bollea. Il luminare della neuropsichiatria infantile, trascorre con la moglie Marika, le vacanze estive in una villetta sulla spiaggia di Marinella. I Bollea, in linea d’aria (ma solo in quella) sono vicini al molo e alla grotta dove, circondato dagli astri, Apicella suona per Berlusconi. Ma anche gli effetti speciali vesuviani sono un déjà vu per Marika Carniti, vulcanica designer e scenografa, pioniera degli scenari pompeiani e delle illusioni ottiche. Chiuso quindi l’argomento Berlusconi, si è incredibilmente parlato d’altro e oltre.
La solita tapina ha comunque provato a riandare sul leggero proponendo un succoso: “Ma è vero che Emilio Fede è rimasto folgorato da Anna Bonamigo che tutti chiamano Boba?”. Impossibile, questa volta, arginare commenti e note a margine sul fatto che “la Boba, affermato e bell’avvocato di Treviso, è la migliore amica di Daniela Santanchè. Nei giorni scorsi erano insieme in Costa Smeralda e si sono trovate spesso con Emilio Fede che, tra una partita di carte, un’uscita in barca e una cena al Billionaire, sembrava avere occhi solo per l’affascinante Boba. Per non farsi dimenticare, è arrivato a salutarla persino durante il telegiornale, appena rientrato in città”. Colazione sotto il sole dai Bollea con equivoco telefonico per Gabriella Marazzi che, nella sua casa di Punta Lada, sta ultimando i quadri per la sua prossima mostra milanese. Intitolata “Dei", sarà curata da Vittorio Sgarbi. La pittrice (di razza e temperamento) ha pensato bene di chiamare al cellulare il suo amico Sgarbone e di passargli Giovanni Bollea per un saluto visto che i due si conoscono.
La conversazione, infatti, si è prolungata per una decina di minuti ed ha toccato vari temi. Il colpo di scena è arrivato quando il prof. Bollea ha restituito il telefonino a Gabriella che desiderava definire alcuni dettagli sulla mostra. Solo in quel momento si è scoperto che non di Sgarbi si trattava ma di tutt'altro Vittorio (Dotti di cognome ed avvocato di professione).
Per la Perini Navi Cup 2006 che si terrà a Porto Rotondo dal 7 al 10 settembre, è arrivato in rada il “Maltese Falcon” di Tom Perkins, magnate della Hewlett Packard. Il clipper da 88 metri, più che una barca sembra una astronave a vela. E’ il nuovo gioiello della Perini Navi, una meraviglia d’acciaio, con tre alberi rotanti in carbonio di oltre 58 metri. Su ogni albero sono state montate cinque vele quadrate della Doyle Sails. L'intero sistema velico, vera novità, può essere aperto in poco più di sei minuti e manovrato dalla plancia da una sola persona.
Ma, soprattutto, il rivoluzionario sistema permette di virare in soli due minuti. Tom Perkins, per definirsi usa il termine “zillionario” perchè “quando uno è plurimiliardario le parole non esistono più e si inventa”. A bordo ha sedici persone di equipaggio. Gli interni sono in legno, acciaio, cristallo e, per guardare sotto, da un piano all'altro, ha voluto tutto trasparente. Già in porto, sempre per la Perini Navi Cup, anche il rivale da battere: il Principessa Vaivia che, qualche anno fa, è stato ceduto dalla famiglia Berlusconi al banchiere Ennio Doris.
Un premio alla minoranza va riconosciuto: c’è ancora qualcuno, tra i vicini di Berlusconi, a Porto Rotondo e a Marinella, che cerca di godersi le vacanze senza macerarsi nel seguente, ossessivo pensiero:
“La frequentazione tra il “caro Flavio” e il “Silvio carissimo” da occasionale è diventata ormai abituale. Perchè Briatore ha tenuto per 24 ore filate davanti alla Certosa del Cavaliere, il suo inconfondibile Force Blue, ex-rimorchiatore di 63 metri?”
Un caloroso “Ma chi se ne frega!” ha accolto la tapina che ha osato esternare il suddetto pissi-pissi sul Brio-Silvio alla “colazione intelligente” in casa di Giovanni Bollea. Il luminare della neuropsichiatria infantile, trascorre con la moglie Marika, le vacanze estive in una villetta sulla spiaggia di Marinella. I Bollea, in linea d’aria (ma solo in quella) sono vicini al molo e alla grotta dove, circondato dagli astri, Apicella suona per Berlusconi. Ma anche gli effetti speciali vesuviani sono un déjà vu per Marika Carniti, vulcanica designer e scenografa, pioniera degli scenari pompeiani e delle illusioni ottiche. Chiuso quindi l’argomento Berlusconi, si è incredibilmente parlato d’altro e oltre.
La solita tapina ha comunque provato a riandare sul leggero proponendo un succoso: “Ma è vero che Emilio Fede è rimasto folgorato da Anna Bonamigo che tutti chiamano Boba?”. Impossibile, questa volta, arginare commenti e note a margine sul fatto che “la Boba, affermato e bell’avvocato di Treviso, è la migliore amica di Daniela Santanchè. Nei giorni scorsi erano insieme in Costa Smeralda e si sono trovate spesso con Emilio Fede che, tra una partita di carte, un’uscita in barca e una cena al Billionaire, sembrava avere occhi solo per l’affascinante Boba. Per non farsi dimenticare, è arrivato a salutarla persino durante il telegiornale, appena rientrato in città”. Colazione sotto il sole dai Bollea con equivoco telefonico per Gabriella Marazzi che, nella sua casa di Punta Lada, sta ultimando i quadri per la sua prossima mostra milanese. Intitolata “Dei", sarà curata da Vittorio Sgarbi. La pittrice (di razza e temperamento) ha pensato bene di chiamare al cellulare il suo amico Sgarbone e di passargli Giovanni Bollea per un saluto visto che i due si conoscono.
La conversazione, infatti, si è prolungata per una decina di minuti ed ha toccato vari temi. Il colpo di scena è arrivato quando il prof. Bollea ha restituito il telefonino a Gabriella che desiderava definire alcuni dettagli sulla mostra. Solo in quel momento si è scoperto che non di Sgarbi si trattava ma di tutt'altro Vittorio (Dotti di cognome ed avvocato di professione).
sabato, settembre 02, 2006
Ottavia, tartaruga liberata nelle acque di Molarotto
Testo e foto di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com
Un paio di mesi fa, con un amo lungo 4 centimetri infilzato nell’esofago, una Tartaruga “Caretta caretta” di circa vent’anni, si era impigliata nelle reti di alcuni pescatori al largo delle coste ogliastrine. Tempestivamente soccorsa è stata subito portata al Centro di Recupero della Fauna Marina attivato a Cabras dalla Regione Sardegna. Dopo l’intervento chirurgico perfettamente riuscito ed un periodo di convalescenza, la Tartaruga chiamata affettuosamente Ottavia (troppo “freddo” il numero otto che la identificava durante il ricovero) è stata trasferita all’Area Marina Protetta di Tavolara. Per una settimana è stato ospitata in una vasca dello stabulario “Olbia Mitili”. Qui è stata nutrita con calamari e sardine in maniera da incrementare le riserve di grasso necessarie per affrontare nuovamente il mare.
Per niente scontrosa si è lasciata curare e rimettere in forma per il gran giorno del suo “ritorno a casa”. Stamattina, la Tartaruga Ottavia è stata protagonista di un’insolita trasferta di gruppo a Molarotto, in un punto dove la tutela è integrale. Ad accompagnare la Tartaruga c’era un piccolo corteo, imbarcato sui mezzi dell’Area marina protetta: il Sindaco di Olbia Settimo Nizzi che è anche Presidente dell’AMP di Tavolara, il Direttore Augusto Navone, diversi ricercatori, subacquei del Centro di Primo Soccorso, alcuni giornalisti e la Vedetta CP 2040 della Capitaneria di Porto di Olbia. La liberazione di Ottavia è stata seguita minuto per minuto, sia sopra che sotto l’acqua.
Già dal primo momento la Tartaruga ha dimostrato notevole energia. Estratta con delicatezza dal contenitore è subito apparsa molto vivace e perfettamente guarita. Appena immersa in acqua, al primo contatto con il suo elemento naturale, ha cominciato a nuotare velocemente. Per la fretta di allontanarsi dalla barca ha persino ignorato una coloratissima medusa che, in condizioni normali, avrebbe sicuramente catturato la sua attenzione.
Le tartarughe Caretta Caretta, infatti, sono ghiotte di meduse ma Ottavia ha resistito alla gola e non si è fermata. Ha continuato la sua corsa che forse la porterà ad incontrare Moby Dick, il capodoglio albino maschio già fotografato all’inizio dell’estate con un harem di tre femmine al largo dell’isola di Tavolara. Sembra che sia riapparso e anche questo nuovo, recentissimo avvistamento del grande capodoglio bianco è avvenuto nelle acque dell’Area marina protetta.
Un paio di mesi fa, con un amo lungo 4 centimetri infilzato nell’esofago, una Tartaruga “Caretta caretta” di circa vent’anni, si era impigliata nelle reti di alcuni pescatori al largo delle coste ogliastrine. Tempestivamente soccorsa è stata subito portata al Centro di Recupero della Fauna Marina attivato a Cabras dalla Regione Sardegna. Dopo l’intervento chirurgico perfettamente riuscito ed un periodo di convalescenza, la Tartaruga chiamata affettuosamente Ottavia (troppo “freddo” il numero otto che la identificava durante il ricovero) è stata trasferita all’Area Marina Protetta di Tavolara. Per una settimana è stato ospitata in una vasca dello stabulario “Olbia Mitili”. Qui è stata nutrita con calamari e sardine in maniera da incrementare le riserve di grasso necessarie per affrontare nuovamente il mare.
Per niente scontrosa si è lasciata curare e rimettere in forma per il gran giorno del suo “ritorno a casa”. Stamattina, la Tartaruga Ottavia è stata protagonista di un’insolita trasferta di gruppo a Molarotto, in un punto dove la tutela è integrale. Ad accompagnare la Tartaruga c’era un piccolo corteo, imbarcato sui mezzi dell’Area marina protetta: il Sindaco di Olbia Settimo Nizzi che è anche Presidente dell’AMP di Tavolara, il Direttore Augusto Navone, diversi ricercatori, subacquei del Centro di Primo Soccorso, alcuni giornalisti e la Vedetta CP 2040 della Capitaneria di Porto di Olbia. La liberazione di Ottavia è stata seguita minuto per minuto, sia sopra che sotto l’acqua.
Già dal primo momento la Tartaruga ha dimostrato notevole energia. Estratta con delicatezza dal contenitore è subito apparsa molto vivace e perfettamente guarita. Appena immersa in acqua, al primo contatto con il suo elemento naturale, ha cominciato a nuotare velocemente. Per la fretta di allontanarsi dalla barca ha persino ignorato una coloratissima medusa che, in condizioni normali, avrebbe sicuramente catturato la sua attenzione.
Le tartarughe Caretta Caretta, infatti, sono ghiotte di meduse ma Ottavia ha resistito alla gola e non si è fermata. Ha continuato la sua corsa che forse la porterà ad incontrare Moby Dick, il capodoglio albino maschio già fotografato all’inizio dell’estate con un harem di tre femmine al largo dell’isola di Tavolara. Sembra che sia riapparso e anche questo nuovo, recentissimo avvistamento del grande capodoglio bianco è avvenuto nelle acque dell’Area marina protetta.
Iscriviti a:
Post (Atom)