Le foto in www.marellagiovannelli.com
Articolo di Marella Giovannelli per la Gazzetta di Porto Rotondo
Porto Rotondo avrà il suo campanile in legno, unico al mondo, sia per i materiali usati che per le sue dimensioni. Il via libera del Comune di Olbia è arrivato a conclusione di un lungo iter amministrativo, iniziato nel marzo 2004. La torre campanaria, alta 22 metri, nasce da un progetto di Mario Ceroli e Gianfranco Fini. Il disegno originale, risalente agli anni Settanta, è stato rielaborato dall’architetto Sergio Malgaretto, dal punto di vista costruttivo e statico. Oggi, grazie all’utilizzo di legno lamellare, può essere garantita maggiore flessibilità e resistenza strutturale.
All’interno del campanile sarà sistemata una scala elicoidale in acciaio con i gradini rivestiti di legno. La torre è caratterizzata da sei campate e sulla sua sommità verrà posta una cuspide, sempre in legno e rivestita di rame.
Il disegno originale, firmato Ceroli-Fini, prevedeva, come posizionamento del campanile, la parte anteriore della Chiesa di San Lorenzo, affacciata sulla scalinata che porta sulla Piazzetta San Marco. Invece, considerati vari aspetti logistici e i flussi dei passaggi pedonali, si è deciso di collocare la torre campanaria sul retro dell’edificio sacro. Qui è stata individuata un’area, destinata esclusivamente ad ospitare un’opera tanto singolare quanto suggestiva. L’architetto Sergio Malgaretto è riuscito, senza alterare il progetto iniziale, ad “attualizzarlo” riguardo alla tecnica costruttiva e alle soluzioni tecnologiche. E’ importante anche, come sottolinea Malgaretto “aver recuperato un’idea valorizzandola. Infatti, rispetto al primo disegno,
è stata aumentata l’altezza del campanile, proprio in funzione di una visibilità ottimale anche per chi arriva a Porto Rotondo dal mare”. E poi si è voluto giustamente dare alla struttura uno spazio facilmente fruibile, nelle immediate vicinanze della Chiesa. L’impresa incaricata di realizzare il manufatto è la Kaufmann-Canducci di Pesaro che ha già eseguito varie opere per lo scultore Mario Ceroli. I lavori dovrebbero iniziare il prossimo autunno e concludersi nella primavera 2007; i relativi rapporti tra le parti, Consorzio di Porto Rotondo e il Comune di Olbia, sono regolati da apposita convenzione. Il costo della torre campanaria è di circa 200mila euro. Già attivata una sottoscrizione tra i consorziati che potranno contribuire, anche con piccole quote, a finanziare la realizzazione del campanile. Il conte Luigi Donà dalle Rose, presidente del Consorzio di Porto Rotondo, vede nell’attuazione di questo progetto “un segno positivo, che fa ben sperare per il completamento di altre opere”. In pratica si riferisce alla facciata posteriore della Chiesa, nel rispetto di un progetto di Ceroli, e all’inserimento del magnifico rosone già pronto. “ Restano da realizzare – aggiunge Donà dalle Rose- la macchina scenica e i tre altorilievi mancanti nel tamburo del teatro. Vorremmo anche rifare la pavimentazione in granito di via del Molo e via Riccardo Belli; ho già parlato con il grande scultore sardo Pinuccio Sciola perchè il mio desiderio è continuare a far vivere il villaggio nel segno dell’Arte, seguendo quel percorso d’autore iniziato quarant’anni fa”.
Siti e foto by Marella Giovannelli (Mara Malda)
sabato, giugno 24, 2006
Matrimonio balnear-pirotecnico a Porto Rotondo
Mara Malda per www.marellagiovannelli.com
Foto di Chiara Cazzamali e Antonio Privitera
Insolito allestimento, sabato 17 giugno, sulla spiaggetta di Punta Volpe a Porto Rotondo dove sorgono le villone di Ennio Doris Mediolanum e di Domenico Bonifaci. Capannelli di bagnanti hanno circondato gli operai al lavoro che hanno fatto trapelare solo poche notizie sui preparativi in corso per il balnear-pirotecnico matrimonio della figlia Diletta (di nome e di fatto) di Domenico Bonifaci, costruttore, finanziere, immobiliarista e anche editore del Tempo.
Diletta Bonifaci, trent’anni, e Cristiano Toffano, trentadue, si sono sposati ad Olbia nella Basilica di San Simplicio. Da Roma, i Bonifaci, oltre agli invitati, hanno portato anche il sacerdote che ha officiato le nozze. Effetti (fioriti) speciali nella splendida chiesa romanica con gli archi tutti profilati di rose bianche. Bianchi e gialli, anzi oro, i colori scelti per i spettacolari fuochi d’artificio che la sposa ha voluto molto raffinati e poco rumorosi. Gli uomini della "Pirotecnica Laziale" di Veroli si sono calati dal Frusinate a Porto Rotondo per allestire i marchingegni pirotecnici piazzandoli in punti strategici sia a mare (su delle zatterine) che a terra (specie di cannoncini).
Una decina di “addetti ai razzi” ha armeggiato fino al tardo pomeriggio in spiaggia mentre decine di curiosi cercavano di sbirciare dalle vetrate del grande gazebo presidiato da vigilantes. Visibili le ghirlande di fiori; si narra anche di un tappeto di rose calpestato dagli invitati al ricevimento nuziale. I fuochi d’artificio sono iniziati con una cascata di luci candide; illuminato a giorno e inondato di musica il parco della villa e persino il mare visto che i giochi pirotecnici gialli e bianchi, sono partiti anche dall’acqua. Un elicottero antincendio ha presidiato la zona per evitare pericolose mutazioni delle scintille giudicate più suggestive persino di quelle create dall’Artificiere- Silvio Berlusconi. Il Cavaliere, sempre esagerato, grande appassionato di fuochi d’artificio e finte colate laviche, ormai le propone a tutti gli ospiti della Certosa come digestivo.
Foto di Chiara Cazzamali e Antonio Privitera
Insolito allestimento, sabato 17 giugno, sulla spiaggetta di Punta Volpe a Porto Rotondo dove sorgono le villone di Ennio Doris Mediolanum e di Domenico Bonifaci. Capannelli di bagnanti hanno circondato gli operai al lavoro che hanno fatto trapelare solo poche notizie sui preparativi in corso per il balnear-pirotecnico matrimonio della figlia Diletta (di nome e di fatto) di Domenico Bonifaci, costruttore, finanziere, immobiliarista e anche editore del Tempo.
Diletta Bonifaci, trent’anni, e Cristiano Toffano, trentadue, si sono sposati ad Olbia nella Basilica di San Simplicio. Da Roma, i Bonifaci, oltre agli invitati, hanno portato anche il sacerdote che ha officiato le nozze. Effetti (fioriti) speciali nella splendida chiesa romanica con gli archi tutti profilati di rose bianche. Bianchi e gialli, anzi oro, i colori scelti per i spettacolari fuochi d’artificio che la sposa ha voluto molto raffinati e poco rumorosi. Gli uomini della "Pirotecnica Laziale" di Veroli si sono calati dal Frusinate a Porto Rotondo per allestire i marchingegni pirotecnici piazzandoli in punti strategici sia a mare (su delle zatterine) che a terra (specie di cannoncini).
Una decina di “addetti ai razzi” ha armeggiato fino al tardo pomeriggio in spiaggia mentre decine di curiosi cercavano di sbirciare dalle vetrate del grande gazebo presidiato da vigilantes. Visibili le ghirlande di fiori; si narra anche di un tappeto di rose calpestato dagli invitati al ricevimento nuziale. I fuochi d’artificio sono iniziati con una cascata di luci candide; illuminato a giorno e inondato di musica il parco della villa e persino il mare visto che i giochi pirotecnici gialli e bianchi, sono partiti anche dall’acqua. Un elicottero antincendio ha presidiato la zona per evitare pericolose mutazioni delle scintille giudicate più suggestive persino di quelle create dall’Artificiere- Silvio Berlusconi. Il Cavaliere, sempre esagerato, grande appassionato di fuochi d’artificio e finte colate laviche, ormai le propone a tutti gli ospiti della Certosa come digestivo.
venerdì, giugno 16, 2006
Tasse sul sul lusso: tu che sei sarda, fammi capire: (lettera di una "continentale")
Lettera inviata a www.marellagiovannelli.com
Cara Marella, tu che sei sarda: fammi capire.
Ti chiedo lumi sulla tua terra, sulla Sardegna, sui sardi. Il quesito è il seguente: ma veramente noi continentali risultiamo tanto stupidi?
Che non godessimo di grande stima da parte dei sardi me n’ero accorta. Ricordo le parole di un giardiniere che faceva la manutenzione del nostro piccolo prato nel Villaggio di Punta Volpe che un giorno mi disse: “Si ricordi che qui non è casa sua. Qui lei è ospite.” Non sono abituata così in Veneto, dove chi ti dà lavoro è considerata ancora una persona per lo meno rispettabile. Molti sardi, prendo atto (ma non tutti, per fortuna!) non hanno il senso dell’accoglienza tipico di certi popoli mediterranei: pazienza. Napoletani, pugliesi e siciliani in questo insegnano a tutti. Anche a noi veneti, che però abbiamo più fabbriche che spiagge e alberghi in fioritura… Tuttavia non sono arrabbiata con i tuoi conterranei: li capisco. Si sentono usurpati dei proprio territori. Se la Sardegna, infatti, e la Costa Smeralda in particolare, non avessero incontrato un certo Principe (AK), certi veneti (DDR), certi bresciani o bergamaschi (gente non sempre “crema”, ma lavoratori combattivi), sarebbe forse ancora terra di pascoli. Probabilmente questo è il rimpianto di tanti sardi. Ed è per questo che i “forestieri” danno così fastidio. Hanno usurpato i pascoli.
La ragione del mio sconcerto però, cara Marella, riguarda l’inquietante intervista del Vs. governatore Soru su Panorama di questa settimana a proposito della sua auspicata tassa sulle proprietà dei non residenti sull’isola. Soru dice: non è una patrimoniale. Né, tanto meno, una “patrimoniale etnica”. Va bene, non giriamo intorno alle parole, guardiamo i fatti: è una tassa per i ricchi-continentali. E, alla luce dell’intervista, aggiungo io: una tassa per i ricchi-continentali-stupidi.
Soru, oltre a non apprezzarci come molti suoi conterranei (ma questo non è un problema, pazienza), ci considera soprattutto stupidi: persone non in grado di capire le sue ragioni, i suoi problemi.
Il suo ragionamento più inquietante è il seguente: se un sardo possiede una seconda casa in Sardegna, paga le tasse alla regione Sardegna, e quindi è ok. Se invece il proprietario è un milanese, “la Sardegna non vede un euro”. E quindi, Soru non lo dice, ma la percezione ti assicuro è questa: “deve morire”, perché i soldi dell’ICI che paga, vanno in tasca alla Regione Lombardia. Domanda retorica di Soru al giornalista: “Le sembra giusto?” Risposta del giornalista: “In effetti…”
ALT!
A parte il fatto che non si capisce perché fatti riguardanti eventuali sospesi tra Regione Sardegna e Governo Centrale dovrebbero turbare la serenità del cittadino continentale (pagante le tasse!), mi risulta, quantomeno, che la distribuzione del gettito fiscale sia materia delle persone elette e preposte a governarci. O forse che minacciando i ricchi-continentali-stupidi Soru voglia ottenere più credito e più ascolto presso il Governo Centrale? (In ogni caso, affar suo, non mio.)
Ma se invece fosse tutto vero? Che Soru veramente riuscisse un giorno a riscuotere la sua tassa pro-stupidi?
Ancora ALT! Vorrei ricordare un’ovvietà: la Sardegna non è frequentata solo da arabi, americani, libanesi miliardari. E’ frequentata soprattutto da italiani, molti del nord, gente (mi riservo qualche possibile eccezione) che ha fatto i soldi onestamente (mi si passi il termine volgare del “fare i soldi” che non significa rubare (!), ma lavorare, creare posti di lavoro, pagare le tasse). Qualche pazzo o meglio, stupido, innamorato del mare, dell’Italia, della natura sarda, è riuscito a comprarsi pure una casa in Sardegna. Pochi hanno il villone; molti hanno appartamenti, grandi, medi ma anche piccolissimi. In effetti per tenere - e mantenere - una casa in Sardegna ci vogliono molta passione e molti soldi. Passione: la Sardegna, per un continentale, non è comoda. Per raggiungerla ci vuole l’aereo o la nave. Una volta raggiunta l’isola, senza un mezzo di trasporto (un’auto o una moto) sei praticamente “morto”. Inoltre, se non possiedi uno straccio di gommone o una qualsiasi imbarcazione da diporto, sei altrettanto “morto”. Le spiagge, spesso difficili da raggiungere, non sono attrezzate. Niente ombrelloni, né bar (ma forse questa è la bellezza dell’isola…organizzandosi per non morire di sete, fame o sole). Se a tutto questo aggiungi le spese che devi sostenere per la tua casa sarda: luce, acqua, gas, telefono, tassa per i rifiuti, spese per il “Consorzio”, ICI, tassa quotidiana al “Parco della Maddalena”, (qualora avessi l’idea – a questo punto “balzana” – di andare a fare un bagno a Mortorio dove alcuni scrupolosi esattori in gommoncino, transitando da un’imbarcazione all’altra per tutto il giorno, riscuotono il “dovuto”…A proposito, scusa la parentesi: che destinazione hanno quei soldi?…Non c’entrerà mica ancora la Regione Sardegna?!?) Se a tutto questo, dicevo, aggiungi anche la nuova tassa che il signor Soru vorrebbe appiopparci, allora sì: mi arrendo.
BANDUS! Si diceva giocando da piccoli. Soru ha vinto. Siamo proprio stupidi. Senza limiti. Stupidi da morire.
Pensierino della sera: e se invece questo fosse un piano strategico del Governatore per liberare la Sardegna dai continentali e farla diventare un paradiso per soli bilionari per lo più stranieri? Mah: non ci capisco proprio niente (infatti sono stupida). Avevo avuto la percezione che Soru fosse leggermente “sinistroide”(uno che pensa a difendere i più deboli, le classi meno abbienti) e invece mi dovrei ricredere: che sia fascista? Abbasso il duce.
Lilli Carraro
Cara Marella, tu che sei sarda: fammi capire.
Ti chiedo lumi sulla tua terra, sulla Sardegna, sui sardi. Il quesito è il seguente: ma veramente noi continentali risultiamo tanto stupidi?
Che non godessimo di grande stima da parte dei sardi me n’ero accorta. Ricordo le parole di un giardiniere che faceva la manutenzione del nostro piccolo prato nel Villaggio di Punta Volpe che un giorno mi disse: “Si ricordi che qui non è casa sua. Qui lei è ospite.” Non sono abituata così in Veneto, dove chi ti dà lavoro è considerata ancora una persona per lo meno rispettabile. Molti sardi, prendo atto (ma non tutti, per fortuna!) non hanno il senso dell’accoglienza tipico di certi popoli mediterranei: pazienza. Napoletani, pugliesi e siciliani in questo insegnano a tutti. Anche a noi veneti, che però abbiamo più fabbriche che spiagge e alberghi in fioritura… Tuttavia non sono arrabbiata con i tuoi conterranei: li capisco. Si sentono usurpati dei proprio territori. Se la Sardegna, infatti, e la Costa Smeralda in particolare, non avessero incontrato un certo Principe (AK), certi veneti (DDR), certi bresciani o bergamaschi (gente non sempre “crema”, ma lavoratori combattivi), sarebbe forse ancora terra di pascoli. Probabilmente questo è il rimpianto di tanti sardi. Ed è per questo che i “forestieri” danno così fastidio. Hanno usurpato i pascoli.
La ragione del mio sconcerto però, cara Marella, riguarda l’inquietante intervista del Vs. governatore Soru su Panorama di questa settimana a proposito della sua auspicata tassa sulle proprietà dei non residenti sull’isola. Soru dice: non è una patrimoniale. Né, tanto meno, una “patrimoniale etnica”. Va bene, non giriamo intorno alle parole, guardiamo i fatti: è una tassa per i ricchi-continentali. E, alla luce dell’intervista, aggiungo io: una tassa per i ricchi-continentali-stupidi.
Soru, oltre a non apprezzarci come molti suoi conterranei (ma questo non è un problema, pazienza), ci considera soprattutto stupidi: persone non in grado di capire le sue ragioni, i suoi problemi.
Il suo ragionamento più inquietante è il seguente: se un sardo possiede una seconda casa in Sardegna, paga le tasse alla regione Sardegna, e quindi è ok. Se invece il proprietario è un milanese, “la Sardegna non vede un euro”. E quindi, Soru non lo dice, ma la percezione ti assicuro è questa: “deve morire”, perché i soldi dell’ICI che paga, vanno in tasca alla Regione Lombardia. Domanda retorica di Soru al giornalista: “Le sembra giusto?” Risposta del giornalista: “In effetti…”
ALT!
A parte il fatto che non si capisce perché fatti riguardanti eventuali sospesi tra Regione Sardegna e Governo Centrale dovrebbero turbare la serenità del cittadino continentale (pagante le tasse!), mi risulta, quantomeno, che la distribuzione del gettito fiscale sia materia delle persone elette e preposte a governarci. O forse che minacciando i ricchi-continentali-stupidi Soru voglia ottenere più credito e più ascolto presso il Governo Centrale? (In ogni caso, affar suo, non mio.)
Ma se invece fosse tutto vero? Che Soru veramente riuscisse un giorno a riscuotere la sua tassa pro-stupidi?
Ancora ALT! Vorrei ricordare un’ovvietà: la Sardegna non è frequentata solo da arabi, americani, libanesi miliardari. E’ frequentata soprattutto da italiani, molti del nord, gente (mi riservo qualche possibile eccezione) che ha fatto i soldi onestamente (mi si passi il termine volgare del “fare i soldi” che non significa rubare (!), ma lavorare, creare posti di lavoro, pagare le tasse). Qualche pazzo o meglio, stupido, innamorato del mare, dell’Italia, della natura sarda, è riuscito a comprarsi pure una casa in Sardegna. Pochi hanno il villone; molti hanno appartamenti, grandi, medi ma anche piccolissimi. In effetti per tenere - e mantenere - una casa in Sardegna ci vogliono molta passione e molti soldi. Passione: la Sardegna, per un continentale, non è comoda. Per raggiungerla ci vuole l’aereo o la nave. Una volta raggiunta l’isola, senza un mezzo di trasporto (un’auto o una moto) sei praticamente “morto”. Inoltre, se non possiedi uno straccio di gommone o una qualsiasi imbarcazione da diporto, sei altrettanto “morto”. Le spiagge, spesso difficili da raggiungere, non sono attrezzate. Niente ombrelloni, né bar (ma forse questa è la bellezza dell’isola…organizzandosi per non morire di sete, fame o sole). Se a tutto questo aggiungi le spese che devi sostenere per la tua casa sarda: luce, acqua, gas, telefono, tassa per i rifiuti, spese per il “Consorzio”, ICI, tassa quotidiana al “Parco della Maddalena”, (qualora avessi l’idea – a questo punto “balzana” – di andare a fare un bagno a Mortorio dove alcuni scrupolosi esattori in gommoncino, transitando da un’imbarcazione all’altra per tutto il giorno, riscuotono il “dovuto”…A proposito, scusa la parentesi: che destinazione hanno quei soldi?…Non c’entrerà mica ancora la Regione Sardegna?!?) Se a tutto questo, dicevo, aggiungi anche la nuova tassa che il signor Soru vorrebbe appiopparci, allora sì: mi arrendo.
BANDUS! Si diceva giocando da piccoli. Soru ha vinto. Siamo proprio stupidi. Senza limiti. Stupidi da morire.
Pensierino della sera: e se invece questo fosse un piano strategico del Governatore per liberare la Sardegna dai continentali e farla diventare un paradiso per soli bilionari per lo più stranieri? Mah: non ci capisco proprio niente (infatti sono stupida). Avevo avuto la percezione che Soru fosse leggermente “sinistroide”(uno che pensa a difendere i più deboli, le classi meno abbienti) e invece mi dovrei ricredere: che sia fascista? Abbasso il duce.
Lilli Carraro
lunedì, giugno 12, 2006
Vip da sbarco a Porto Rotondo per l’inaugurazione del Peugeot à la Plage
Le foto in www.marellagiovannelli.com
Interviste rilasciate a raffica per la splendida Magda Gomez , in crisi di astinenza verbale dopo mesi di spogliarelli muti a Markette. La valletta di Chiambretti, insieme ad altri corpi e volti noti, ha partecipato (meno passivamente dei suoi colleghi ospiti incollati alle sedie del privè) all’inaugurazione del nuovo Peugeot à la Plage di Porto Rotondo.Trattasi, apparentemente, di un clone evoluto del Fiat Playa, aperto lo scorso anno, nel vicino Golfo di Marinella. Cambia il marchio dello sponsor ma l’idea di fondo è la stessa: uno stabilimento balneare in grado di suscitare l’ira funesta di Soru-Savonarola con tanto di spiaggia in uso esclusivo, ristorante, bar, area fitness e relax. E, ironia della sorte, si chiama Ira anche la spiaggia che ospita il club in odore sospetto di lusso. Forse per esprimere solidarietà preventiva alle centinaia di invitati più o meno-meno vip, alla serata inaugurale, ha partecipato il forzitaliota Mauro Pili ex presidente della Regione Sardegna, predecessore di Renato Soru. “Sembra di essere dentro un televisore” ha detto una signora di Olbia, evidentemente stordita da tanto vip-pollaio animato da madre Patrizia e figlia Giada De Blank. Vicine di sedia o tavolo, testimonialeggiavano Corinne Clery, Alba Parietti, Denny Mendez, Edelfa Chiara Masciotta, Rosalinda Celentano, Valeria Fabrizi e Francesca Rettondini. Al rombante richiamo della Peugeot hanno risposto anche Edoardo Costa, Fabio Canino, Guido Bagatta e Walter Nudo, arrivati puntuali (come tutti i vip-ospiti) nei pullman noleggiati per l’occasione.
Unica eccezione: Valeria Marini, ritardataria cronica ma irresistibile. E’ passata di tavolo in tavolo sfoggiando la borsetta in metallo a forma di palla, sua ultima creazione partorita tra le seduzioni di sexy slip e reggiseno terrazzati. Il cantante Ron è stato protagonista insieme a Mario Melazzini, presidente dell’Aisla, di una raccolta fondi con lotteria di beneficenza che ha portato nelle casse dell’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica più di 20mila euro. La presentatrice Rossella Brescia, proprio sul finale, ha sganciato un commento...incommentabile, una vera perla di gaffe. Rivolta a Maurizio Mulargia, ottimo cameraman di Videolina, vincitore del superpremio finale, una Peugeot 207, ha esclamato: “Ed è anche un sardo! Ajò! Ma cosa ci fai qui?”
Interviste rilasciate a raffica per la splendida Magda Gomez , in crisi di astinenza verbale dopo mesi di spogliarelli muti a Markette. La valletta di Chiambretti, insieme ad altri corpi e volti noti, ha partecipato (meno passivamente dei suoi colleghi ospiti incollati alle sedie del privè) all’inaugurazione del nuovo Peugeot à la Plage di Porto Rotondo.Trattasi, apparentemente, di un clone evoluto del Fiat Playa, aperto lo scorso anno, nel vicino Golfo di Marinella. Cambia il marchio dello sponsor ma l’idea di fondo è la stessa: uno stabilimento balneare in grado di suscitare l’ira funesta di Soru-Savonarola con tanto di spiaggia in uso esclusivo, ristorante, bar, area fitness e relax. E, ironia della sorte, si chiama Ira anche la spiaggia che ospita il club in odore sospetto di lusso. Forse per esprimere solidarietà preventiva alle centinaia di invitati più o meno-meno vip, alla serata inaugurale, ha partecipato il forzitaliota Mauro Pili ex presidente della Regione Sardegna, predecessore di Renato Soru. “Sembra di essere dentro un televisore” ha detto una signora di Olbia, evidentemente stordita da tanto vip-pollaio animato da madre Patrizia e figlia Giada De Blank. Vicine di sedia o tavolo, testimonialeggiavano Corinne Clery, Alba Parietti, Denny Mendez, Edelfa Chiara Masciotta, Rosalinda Celentano, Valeria Fabrizi e Francesca Rettondini. Al rombante richiamo della Peugeot hanno risposto anche Edoardo Costa, Fabio Canino, Guido Bagatta e Walter Nudo, arrivati puntuali (come tutti i vip-ospiti) nei pullman noleggiati per l’occasione.
Unica eccezione: Valeria Marini, ritardataria cronica ma irresistibile. E’ passata di tavolo in tavolo sfoggiando la borsetta in metallo a forma di palla, sua ultima creazione partorita tra le seduzioni di sexy slip e reggiseno terrazzati. Il cantante Ron è stato protagonista insieme a Mario Melazzini, presidente dell’Aisla, di una raccolta fondi con lotteria di beneficenza che ha portato nelle casse dell’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica più di 20mila euro. La presentatrice Rossella Brescia, proprio sul finale, ha sganciato un commento...incommentabile, una vera perla di gaffe. Rivolta a Maurizio Mulargia, ottimo cameraman di Videolina, vincitore del superpremio finale, una Peugeot 207, ha esclamato: “Ed è anche un sardo! Ajò! Ma cosa ci fai qui?”
domenica, giugno 04, 2006
Topi in esilio e maiali alla forca...anche questa è storia
Testo e foto in www.marellagiovannelli.com
All’inizio furono le anguille di Ginevra ad essere accusate di numerosi misfatti davanti al Tribunale Episcopale. Il loro avvocato le difese talmente bene che esse ottennero in uso esclusivo, una parte del lago Léman. Correva l’anno 1221 e, secondo lo scrittore francese Jean Réal, autore del saggio “Betes et Juges”, il processo alle anguille ginevrine fu solo il primo di una lunghissima serie che, non solo in Europa, vide come imputati animali domestici e selvatici.
Finirono alla sbarra, oltre ai gatti neri, accusati di stregoneria dai giudici dell'Inquisizione, topi, cavallette, insetti e bestie di vario tipo. Documentato, ad esempio, il processo ad un maiale che aveva tentato di mangiare un neonato, nel 1385. La bestia fu processata e condannata all'impiccagione, ma vestita con abiti umani e, sul muso, una maschera raffigurante un volto. Quando il tribunale era ecclesiastico il processo spesso si concludeva con la scomunica dell’animale. I giudici erano più tolleranti con le bestie selvatiche e molto meno con quelle domestiche, legate all’uomo per gli obblighi e i doveri derivanti dalla vita in comune.
Gli animali imputati beneficiavano persino di un avvocato difensore; cronache dell’epoca riportano i successi di Pierre Rambaud che, nel 1545, riuscì a far vincere i bruchi “guastatori” di culture da lui assistiti. Nel 1793 un pappagallo parlante venne usato come testimone dai rivoluzionari per giudicare un nobile francese colpevole di aver insegnato all'animale a ripetere “Viva il re”. Durante il processo l'uccello si mise a fischiare solo piacevoli motivetti e l'accusa al suo nobile padrone Louis de La Viefville venne tramutata in “aver cercato di insegnare al pappagallo ritornelli odiosi”.
Tra il 1600 e il 1700 in Canada furono delle pacifiche tortorelle a finire in tribunale. La causa fece scalpore considerata l’esemplare mitezza delle imputate mentre l’opinione pubblica commentava favorevolmente le pene inflitte a insetti, topi, porci e lupi. Gli animali potevano essere condannati all’esilio, finire sul patibolo o essere dichiarati colpevoli in contumacia. I galli sottoposti a visita medico-giudiziaria e i lumaconi colpiti da anatema, erano certo più fortunati dei roditori spesso incarcerati e poi condotti alla forca per essere giustiziati dal boia.
Documentata anche una vicenda accaduta nel comune di Stelvio, nel Tirolo. Qui, dopo aver iniziato un procedimento penale contro alcuni topi per i danni evidenti da loro causati in campagna, fu nominato un avvocato difensore, un certo Hans Grinebner. Nella sua arringa riuscì dimostrare che questi roditori, di frequente, avevano lavorato per il bene della comunità, mangiando larve di insetti e arricchendo il terreno.
Sarebbe stato quindi equo dare loro un altro domicilio e un salvacondotto per raggiungere la nuova dimora senza incontrare lungo la strada cani, gatti e altri nemici. Al giudice parve che la richiesta fosse legittima e sentenziò che “un libero salvacondotto, oltre a una moratoria di quattordici giorni, venisse concesso ai sorci con i figli piccoli e a quelli ancora bambini”.
All’inizio furono le anguille di Ginevra ad essere accusate di numerosi misfatti davanti al Tribunale Episcopale. Il loro avvocato le difese talmente bene che esse ottennero in uso esclusivo, una parte del lago Léman. Correva l’anno 1221 e, secondo lo scrittore francese Jean Réal, autore del saggio “Betes et Juges”, il processo alle anguille ginevrine fu solo il primo di una lunghissima serie che, non solo in Europa, vide come imputati animali domestici e selvatici.
Finirono alla sbarra, oltre ai gatti neri, accusati di stregoneria dai giudici dell'Inquisizione, topi, cavallette, insetti e bestie di vario tipo. Documentato, ad esempio, il processo ad un maiale che aveva tentato di mangiare un neonato, nel 1385. La bestia fu processata e condannata all'impiccagione, ma vestita con abiti umani e, sul muso, una maschera raffigurante un volto. Quando il tribunale era ecclesiastico il processo spesso si concludeva con la scomunica dell’animale. I giudici erano più tolleranti con le bestie selvatiche e molto meno con quelle domestiche, legate all’uomo per gli obblighi e i doveri derivanti dalla vita in comune.
Gli animali imputati beneficiavano persino di un avvocato difensore; cronache dell’epoca riportano i successi di Pierre Rambaud che, nel 1545, riuscì a far vincere i bruchi “guastatori” di culture da lui assistiti. Nel 1793 un pappagallo parlante venne usato come testimone dai rivoluzionari per giudicare un nobile francese colpevole di aver insegnato all'animale a ripetere “Viva il re”. Durante il processo l'uccello si mise a fischiare solo piacevoli motivetti e l'accusa al suo nobile padrone Louis de La Viefville venne tramutata in “aver cercato di insegnare al pappagallo ritornelli odiosi”.
Tra il 1600 e il 1700 in Canada furono delle pacifiche tortorelle a finire in tribunale. La causa fece scalpore considerata l’esemplare mitezza delle imputate mentre l’opinione pubblica commentava favorevolmente le pene inflitte a insetti, topi, porci e lupi. Gli animali potevano essere condannati all’esilio, finire sul patibolo o essere dichiarati colpevoli in contumacia. I galli sottoposti a visita medico-giudiziaria e i lumaconi colpiti da anatema, erano certo più fortunati dei roditori spesso incarcerati e poi condotti alla forca per essere giustiziati dal boia.
Documentata anche una vicenda accaduta nel comune di Stelvio, nel Tirolo. Qui, dopo aver iniziato un procedimento penale contro alcuni topi per i danni evidenti da loro causati in campagna, fu nominato un avvocato difensore, un certo Hans Grinebner. Nella sua arringa riuscì dimostrare che questi roditori, di frequente, avevano lavorato per il bene della comunità, mangiando larve di insetti e arricchendo il terreno.
Sarebbe stato quindi equo dare loro un altro domicilio e un salvacondotto per raggiungere la nuova dimora senza incontrare lungo la strada cani, gatti e altri nemici. Al giudice parve che la richiesta fosse legittima e sentenziò che “un libero salvacondotto, oltre a una moratoria di quattordici giorni, venisse concesso ai sorci con i figli piccoli e a quelli ancora bambini”.
venerdì, giugno 02, 2006
Da Terra Madre a Isola Matrigna
Testo e foto per www.marellagiovannnelli.com
Debellati i sequestri di persona, l’atavico astio di non pochi Sardi contro i continentali-ricchi-invasori-usurpatori-colonizzatori, doveva prima o poi trovare una valvola di sfogo. Per questo, nell’indifferenza quasi generale e nel silenzio compiaciuto di troppi, il Governatore Soru è riuscito ad imporre una legge iniqua e odiosa che, demagogicamente, punisce il “lusso”.
Gettata, insieme al logo, la maschera della Terra Madre ha scelto un’immagine a lui più rigorosamente affine: l’Isola Matrigna. Le tasse sulle seconde case dei non residenti, sugli attracchi delle barche e sugli scali degli aerei privati puzzano di taglieggiamento e vessazione. Sono la negazione dell’accoglienza e la mortificazione dell’ospitalità.
Ora tutti i giornali nazionali pubblicano, divertiti o imbarazzati (a seconda dei “padroni” politici) i dettagli dei soru-balzelli. Persino i super-ricchi, proprietari di barche dai 30 ai 60 metri, piuttosto che pagare 10mila euro, annunciano l’abbandono della Sardegna o l’ammucchiata in “rada selvaggia”.
Se poi il panfilo supera i 60 metri, gli euro diventano 15mila e l’armatore potrebbe essere anche tanto generoso da lasciare la sua elemosina a Soru il Questuante. Che, però, vuole i turisti “lussuosi” cornuti e mazziati, tutti in fila, alle Poste, in pieno agosto perchè, obbligatoriamente, il versamento dovrà essere fatto sul conto corrente postale numero 72729809 intestato a “Regione Autonoma della Sardegna”.
Le tasse (in base alla metratura) colpiranno anche le proprietà immobiliari dei non residenti, situate nella fascia dei tre chilometri dal mare, e le eventuali compravendite. Mentre per yacht e aerei privati, la legge è già in vigore ( dal primo giugno al 30 settembre), per le seconde case lo sarà a partire dall’11 giugno.
L’Isola dei Tassati più o meno Famosi vivrà un’estate più caotica del solito e sarà una gara tra metri e tabelle, furbetti e furboni, controllati e controllori, esattori ed evasori, finti scali tecnici e code vere agli uffici postali.
Iscriviti a:
Post (Atom)