domenica, gennaio 14, 2007

Da Posada a Berchida: un itinerario fiabesco tra storia e natura

Testo e foto di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com

Posada, arroccata in cima ad una rupe calcarea, è dominata dal Castello della Fava. Importante centro all’epoca dei Giudicati, decadde per le numerose incursioni saracene. Il borgo conserva la struttura medioevale con vicoli tortuosi collegati da ripide scalinate, archi e piccole piazze. Le antiche case si arrampicano sul roccione, alto 94 metri. Molte delle vecchie abitazioni in pietra grigia sono state ristrutturate; anche il castello è stato sottoposto ad un intervento di restauro e valorizzazione, una scala in legno porta alla sommità della torre quadrata. L’imponente torrione si affaccia sul mare circondato da pinete, sulla foce del fiume Posada, sullo stagno popolato da aironi e fenicotteri, sul Monte Albo e sulla fertile pianura, ricca di orti, coltivazioni di ortaggi ed agrumeti. La suggestione del centro storico medioevale viene esaltata da un paesaggio spettacolare per la sua varietà e bellezza naturalistica. Il toponimo “Posada” deriva da un'antica parola sarda, di origine spagnola che letteralmente vuol dire “sosta”, “luogo di riposo”. Qui, infatti, c’era una stazione di posta e cambio cavalli per i viaggiatori che, da Olbia si dirigevano verso l'interno della Sardegna e viceversa. Era anche considerato una sorta di nodo di scambio fra trasporto terrestre e marittimo. I Romani, che a San Giovanni avevano il loro Portus Luguidonis, la chiamavano “Pausata” mentre i Sardi la chiamavano “Pasatta”. Il villaggio, per la sua posizione strategica, fu abitato sin dall’età nuragica.
Secondo alcuni storici le sue coste furono utilizzate come approdo dal primo contingente di Shardana (popolo del mare) proveniente dalla Lidia, ricca regione nord occidentale dell'Asia Minore, popolazione da cui avrebbero avuto origine i Tirreni e poi gli Etruschi. Nella ricca e fertile valle alluvionale, attraversata dal rio Posada, sorgeva probabilmente la colonia cartaginese di Feronia, citata da Tolomeo nel II secolo d. C. In epoca giudicale divenne capoluogo della curatoria omonima nel Giudicato di Gallura. In questo periodo venne costruito il Castello della Fava (XII secolo), residenza dei Giudici galluresi, ed il centro abitato fu fortificato da cinte murarie. La virulenza della malaria, favorita dalla presenza dello stagno, causò lo spopolamento del paese intorno al 1345. Posada fece parte del Giudicato d'Arborea fino al 1410 e, nel Castello, passava le sue vacanze anche Eleonora, la Giudicessa condottiera e legislatrice. In seguito fu infeudato dalla Casa di Aragona ai Carroz, conti di Mandas e Terranova (1431) e venne formalmente elevato al rango di baronia. Questo territorio, oltre alla malaria, ai pirati e ai banditi, conobbe anche una terribile carestia nel 1681. La baronia di Posada è stata probabilmente l'ultimo feudo ad essere riscattato dai Savoia intorno al 1860. Secondo un'antica leggenda, nel 1300 una flotta di Saraceni sbarcò sulle coste di Posada. Nel Castello scoppiò il panico: il Giudice si rese conto che non sarebbero stati in grado di combattere l'assedio dei pirati ed ebbe l'idea geniale di ingozzare un piccione con le ultime fave rimaste, ferirlo leggermente e farlo volare in direzione degli accampamenti nemici. Il piccione, come previsto, cadde proprio nelle tende degli invasori che furono subito incuriositi dal suo strano gonfiore. Una volta aperto, trovarono le fave e questo particolare fece credere ai Saraceni che la popolazione aveva abbastanza cibo da nutrire persino i piccioni. Decisero, quindi, di togliere l’assedio e lasciare le coste di Posada. La leggenda narra che gli abitanti festeggiarono per giorni e giorni e che, da allora, il Castello dei Giudici galluresi venne chiamato Castello della Fava.
Sulla strada che da Posada conduce ad Orosei si trova uno dei posti più belli della Sardegna: la spiaggia di Berchida, selvaggia e meravigliosamente intatta, incastonata tra le colline rocciose dell’entroterra, una fitta vegetazione ed un mare trasparente dai colori cangianti e straordinari. Ci si arriva da una stradina sterrata lunga circa 4 km. che riserva continue sorprese come l’insediamento nuragico di Conca Umosa e il villaggio abbandonato di Rempellos.