lunedì, gennaio 14, 2008

Da Isola-lazzaretto a Isola-pattumiera: il precedente storico ricordato da Eugenia Tognotti

Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez. Mara Malda)
Sul caso dei rifiuti campani sbarcati in Sardegna, il commento più interessante, che riportiamo integralmente, è pubblicato sulla Nuova Sardegna di oggi. E’ firmato da Eugenia Tognotti, professore di Storia della medicina all'Università di Sassari, membro della "Society for the Social History of Medicine" di Oxford e nel Comitato Scientifico della rivista Medicina & Storia, oltre che opinionista del quotidiano la Stampa e collaboratore di Panorama.
Nel 1884 toccò all’Asinara. Quando, con il colera si scelse l’Isola come lazzaretto
di Eugenia Tognotti
Sarà “egoista”, politically uncorrect, ma sono contro la scelta di accogliere senza fiatare 6000 tonnellate di immondizia del “paese d’o sole”, divenuto un inferno a causa del rapporto malato fra camorra e politica e della colpevole imprevidenza di chi, in questi anni, ha consentito che i rifiuti inghiottissero una montagna di denaro pubblico senza risolvere mezzo problema.I cumuli di mondezza che ammorbano Napoli e insidiano la salute degli abitanti non sono la conseguenza di una catastrofe naturale, un terremoto o un’inondazione, come quella di Firenze: la solidarietà sarebbe in quel caso un dovere e un obbligo d’onore. Ma l’emergenza rifiuti a Napoli è un disastro annunciato per il quale nessuno sta pagando pegno: non il sindaco di quella città, non il governatore Bassolino, non il ministro dell’ambiente che ha combattuto i termovalorizzatori. Tutti sono rimasti al loro posto e davvero non si riesce a capire quale svolta dobbiamo attenderci dai poteri di mobilitare l’esercito del Commissario straordinario e dal pannicello caldo della divisione della “mondezza” tra le regioni italiane.
Non riesco ad esultare per essere “arrivati primi”. E non capisco perché la nostra regione sia candidata a ricevere più mondezza di tutte le altre in Italia, per decisione del presidente della Regione. Che, di certo, sa che la sua non è la carica “di Governatore delle province” al tempo di Roma imperiale, ma di rappresentante delle comunità, da ascoltare e da informare con chiarezza e precisione, attraverso i loro rappresentanti istituzionali.L’intera vicenda tocca un nervo scoperto: quello dell’antica predestinazione di questa terra-isola ad accogliere di tutto, come accadde, per fare un solo esempio, quando l’isola dovette prendersi a forza il lazzaretto, nel 1884-85.
Le cose andarono così. Il governo italiano - allarmato da un’epidemia alle porte d’Europa - era da anni alla ricerca di un luogo dove stabilire un lazzaretto. La Commissione sanitaria era alle prese con la spinosa questione, quando arrivò il colera, con migliaia di morti a Napoli, assediata dalla sporcizia. L’emergenza spinse ad affrettare i tempi. Sennonché nessun luogo era disposto a ospitare un lazzaretto e violente manifestazioni ebbero luogo a La Spezia e a Napoli. Dall’Italia tutta, appena unificata, si sollevava una sola voce: perché non scegliere “un’isola lontana dal Continente” da destinare alle quarantene. Ed ecco, dunque, il Governo orientarsi sull’isola dell’Asinara. Il 16 giugno 1884 il progetto fu presentato alla Camera dove i deputati sardi espressero la preoccupazione che “il lazzaretto potesse essere una minaccia alla pubblica incolumità” delle comunità locali. La legge fu approvata, anche in Senato, a tempo di record, anche perché l’epidemia continuava. Le “provenienze” spagnole, algerine e corse per le contumacie d’osservazione e di rigore furono dirottate nelle acque del golfo. Lazzaretto e locali di segregazione non erano ancora pronti, così i quarantenati dovevano restare a bordo, mentre una nave da guerra fungeva da ospedale. Decine di imbarcazioni stazionavano in acque sarde, ingenerando paura, allarme, proteste. Allora la Sardegna non era una regione “autonoma”: non sembra troppo pretendere oggi che le decisioni unilaterali siano un fatto del passato.