sabato, ottobre 18, 2008

“Un giorno sapremo abbracciare il cielo senza restare a mani vuote”: parola di Lorenzo Mullon, il poeta del parco


Testo e foto in www.marellagiovannelli.com (sez.Marella Giovannelli)


“Un giorno sapremo abbracciare il cielo senza restare a mani vuote”. Così mi ha scritto Lorenzo, forse intercettando a distanza, il mio bisogno di sentirmi dire qualcosa del genere. In un mio articolo del settembre 2006, intitolato “Non è un folletto, ma un poeta che si aggira nei parchi di Milano” raccontavo la singolare storia di Lorenzo Mullon. Nel sito digilander.libero.it/lorenzo.mullon/, dopo una delle sue fulminanti micro-poesie (“Non siamo altro che un soffio di materia intorno al cuore”) di lui si legge che “è rinato a Milano il 10 giugno 2003, dopo un lungo periodo di gestazione. Da allora gira quasi tutti i giorni nei parchi pubblici declamando poesie alle persone che incontra e proponendo, a prezzo poetico, offerta libera, i suoi libricini autoprodotti e autopubblicati da Edizioni Del Parco e Carmina Dant Panem Editore. Lorenzo ha compiuto cinque anni con entusiasmo e una gran voglia di crescere, nonostante qualche piccolo acciacco dovuto all’età e al tanto camminare avanti e indietro”.
Prima di “rinascere” poeta con una forte vena pittorica ( ha dipinto i Tarocchi del Desiderio, 1 Reliquiario e 15 icone dedicate a San Girolamo da Tubinga, patrono dei poeti vagabondi e mendicanti) Lorenzo lavorava a Milano in un’agenzia di pubblicità. Per quattro anni si è occupato di strategie di marketing; era ben pagato ma non si sentiva felice. Si è licenziato ha vissuto di pittura fino a quando il suo gallerista americano James Skeldon ha chiuso l’attività negli Stati Uniti e si è trasferito in Brasile. Poi ha cominciato a scrivere poesie, sempre più semplici, dopo quelle ermetiche ed arrabbiate degli inizi. Ha “fatto in casa” il suo primo libretto e tutti quelli che ha realizzato in questi anni, declamando poesie nei parchi di Milano.
Il rinato Lorenzo oggi in realtà ha 47 anni e segue le orme di quei poeti del passato che andavano incontro alla gente; spesso erano mendicanti e vagabondi come il grande Mendele Moher Seferim, ebreo che componeva in yiddish. In India e in Giappone i poeti girovaghi erano molto rispettati e ricevuti ovunque. Lorenzo ogni mattina infila in una morbida sacca di tela decine di libretti confezionati da lui. In copertina ci sono i suoi disegni; come nome d’arte ha scelto la sigla El, che significa “verso l’alto”. In primavera, estate, autunno e nelle belle giornate d’inverno, è facile trovarlo nei parchi dove ormai tutti lo conoscono. Il suo approccio è molto semplice come lui stesso racconta: “Io vedo una persona seduta sulla panchina o sull’erba, mi avvicino e chiedo se posso recitare una poesia". In quel momento nasce una comunicazione da cuore a cuore e in un attimo, nella città che corre, la magia della poesia crea un rapporto che dura per sempre.
Alla fine chiedono tutti i suoi libretti: le giovani mamme, le nonne che accudiscono i nipotini, studenti di tutte le età e poi, impiegati, manager e grandi industriali che lo hanno persino invitato a seguirlo in crociera. Lorenzo vende i suoi libretti a a un prezzo “poetico” e quindi, a offerta libera. Dice di aver trovato la felicità, in un mondo dove si comunica molto ma si dialoga poco. E, se i suoi amici sono lontani dai parchi di Milano, lui li raggiunge via posta elettronica con un semplice Ciao! e una “pillola” balsamica di stupefatta e stupefacente poesia.