sabato, gennaio 14, 2006


Il mistero di Atlantide
Le famose colonne d’Ercole, associate nell’immaginario collettivo dell’Occidente alla rocca di Gibilterra, devono essere spostate verso la strozzatura fra Sicilia, Malta, Libia e Tunisia. È lì che gli antichi Greci avrebbero collocato i confini occidentali del loro mondo. E la Sardegna, terra di nuraghi sommersi sotto cumuli di fango, non sarebbe altro che la mitica isola di Atlantide. Uno tsunami, molto più forte di quello che ha colpito il sud-est asiatico nel dicembre 2004, sarebbe all’origine della scomparsa della civiltà nuragica. Questa in estrema sintesi è la tesi “rivoluzionaria” sostenuta da Sergio Frau nel suo libro “Le Colonne d’Ercole. Un’inchiesta”. Settecento pagine di documentazioni e comparazioni, un clamoroso successo editoriale per un’ipotesi, frutto di una sorprendente ed approfondita ricerca storica. Per Frau “le vere Colonne d'Ercole - quelle originali, di cui ci parla per primo il poeta Pindaro, all'inizio del V secolo a.C. - erano lì, al Canale di Sicilia, dove Omero mette tutti i suoi mostri; dove i Greci non osavano; dove tutti i testimoni più antichi ci parlano di bassi fondali assassini e senza vento; dove l'Etna - quando fa il matto - erutta fuoco e sparge terrore; dove ancora oggi centinaia di disperati si giocano la vita nel sogno di arrivare da noi, nel Paradiso dei Ricchi...Slittarono poi a Gibilterra, quelle prime Colonne, alla fine del III secolo a.C. - poco dopo la caduta di Cartagine - per continuare a fare quel che avevano sempre fatto: il Limite del Mondo Conosciuto... Ma sono solo Colonne di Eratostene, però, quelle! Non Colonne d'Ercole. Fu infatti il Gran Bibliotecario di Alessandria - il Padre della Moderna Geografia - a piazzarle laggiù, riciclandole per aggiornare al meglio le nuove mappe... Fu così che la Geografia criptò la Storia. E inghiottì la Sardegna”. Quando ho saputo che Sergio Frau era ad Olbia per ricevere il premio “Amistade” gli ho chiesto un incontro per poter soddisfare le mie tante curiosità sulla sua ricerca che, restituendo la parola agli Antichi, ha trasformato il Mito in Storia. Le conclusioni di Frau hanno suscitato grande interesse, trovando sempre maggior credito negli ambienti specialistici, anche internazionali. A cominciare dall’Unesco che, a Parigi, ha ospitato la mostra Atlantikà e un convegno di altissimo livello, eventi strettamente collegati alla scoperta di Sergio Frau. Dal secondo millennio sino alla fine del primo millennio avanti Cristo l’isola-cerniera ebbe un ruolo di primo piano nei collegamenti, incontri e scambi del Mediterraneo. Frau esordisce dicendo: “La mia è la storia di un dubbio, nato il giorno in cui mi sono imbattuto in due cartine geografiche pubblicate nel 1999 dall'Accademico dei Lincei Vittorio Castellani che mostrano com’era il Mediterraneo prima della glaciazione. A quell’epoca la Sicilia e la Tunisia erano separate solo da uno stretto. Quello per me è stato il flash. Mi sono chiesto quando e chi avesse messo le Colonne d’Ercole a Gibilterra. Siamo sicuri che il limite fosse quello? Io sono partito da questo dubbio che mi ha obbligato a seguire un percorso autonomo. Appurato che il primo posizionamento delle Colonne d’ Ercole era nel canale di Sicilia, tutto il puzzle della geografia antica è tornato al suo posto. Ora mi danno ragione esperti di cartografia, ellenismo e geografia alessandrina”. E, rileggendo in modo analitico soprattutto i grandi autori greci, Frau ha risolto persino l’enigma di Atlantide: altro non sarebbe che la Sardegna, passata attraverso quello che Omero e Platone, poeticamente, chiamavano Schiaffo di Poseidone. Per lo scrittore-giornalista il problema della Sardegna, anzi delle due Sardegne è sotto l’occhio di tutti. Perchè vi è una parte dell’isola, preistorica ma intatta, con degli impianti monumentali del secondo millennio a.C ancora in piedi, tipo i Nuraghe Losa di Abbasanta o S.Antine di Torralba. Calando di quota, invece, al livello del Campidano e di altre zone, troviamo dei giganti abbattuti o intrappolati sotto il fango. “L’esempio più clamoroso è Barumini. Oggi lo vediamo ben ripulito e restaurato in tutta la sua monumentalità. Ma era completamente coperto dal fango come racconta il suo scopritore Giovanni Lilliu, oggi novantenne, che si calava in una specie di buco nella collina, convinto che fosse una grotta, a cacciare le civette con i suoi compagni di gioco quando era bambino”. L’inchiesta di Frau ha preso un altro, importante spunto dall’esistenza di una Sardegna nuragica marinara, storicamente conclamata. “Gli antichi Sardi –aggiunge Frau- i Shardana, erano navigatori abilissimi. Li abbiamo trovati in Egitto ma ci sono segnali nuragici anche a Creta e a Cipro. Lo studioso ricorda che una cintura di nuraghi blindava l’isola a mare, “penso che quella Sardegna-Manhattan del II millennio avanti Cristo, con le sue decine di migliaia di torri-grattacielo che facevano fantasticare l'intero Mediterraneo, florida, vivace e popolata, possa averla vinta solo la natura. Dei drappelli di Fenici non erano sicuramente in grado di spaventare a morte i Sardi fino a spingerli tutti in Barbagia. Dalle antiche testimonianze emerge il ricordo di un’isola fantastica in Occidente, al di là delle Colonne d’Ercole, quindi praticamente nell’Oceano di Omero che era il Mediterraneo occidentale, visto che lui non immaginava l’ Atlantico di oggi. Numerosi autori citano questa grande isola al tramonto del mondo greco e anatolico , ferita a morte da un cataclisma marino, quello “Schiaffo di Poseidone” che avrebbe spazzato via tanti nuraghi nel Campidano, provocando il collasso di una civiltà . Quando si esce dal canale di Sicilia, la prima grande isola che trovi è la Sardegna. E Platone racconta che “al di là delle Colonne c’era un’isola straordinaria, sacra ad Atlante, fratello di Prometeo, piena di vita, ricca di metalli, con edifici fantastici, più di ventimila torri, le eterne primavere, acque calde, navigatori esperti e i vecchi più vecchi del mondo. Da quella isola puoi arrivare ad altre isole, il continente che tutto circonda”. E poi pensiamo quanto fosse rischioso per gli Antichi il passaggio nelle Colonne d’Ercole. Di fatto, questo coincide con il vero punto pericoloso del Mediterraneo, ovvero quella zona “assassina” del canale di Sicilia dove ancora oggi si muore. Non ha senso pensare a Gibilterra dove, quando sei arrivato, il peggio è ormai passato. La mia ipotesi, suffragata da cinquanta studiosi contemporanei, tra i più importanti della cultura internazionale, spiega tantissime cose che sembravano incomprensibili. Proprio nel canale di Sicilia passava il confine tra il mondo greco e quello fenicio punico. Cioè, da Malta in poi, i Greci non sapevano proprio dove andare. Insomma, ormai l’onere della prova: dire che le Colonne d’Ercole sono state sempre a Gibilterra, tocca agli altri, non a me. Inoltre, alla luce della mia rivisitazione storico-geografica, acquistano un senso compiuto, riconducibile alla Sardegna, anche i racconti di Pindaro, Erodoto, Aristotele, Dicearco, Esiodo, Strabone, Ramses III, Ezechiele, Euripide, Quinto Curzio e Plutarco, oltre ai già citati Omero e Platone. Sono tutti tasselli che, fino ad oggi erano sempre sembrati strani e che, invece, uscendo dal canale di Sicilia, diventano normali, realistici”. E come muore una Sardegna che era eccezionale nel secondo millennio e poi diventa terra infetta e di conquista nel primo millennio? Perchè il nuraghe si trasforma in posto sacro tanto da costruirgli intorno dei luoghi cerimoniali? Secondo Sergio Frau lo “Schiaffo di Poseidone”, la furia devastatrice del mare, lascia un grande rimpianto per la bella vita di prima e la malaria, arrivata all’improvviso, è stata uno degli amarissimi frutti di quel cataclisma. “Anche perchè, è impensabile che ci sia stato un popolo che costruiva tutti quei nuraghe in una zona così malsana”. A, questo proposito cita Massimo Pallottino che nel suo La Sardegna nuragica scrive: “L’immagine dei fierissimi e semiselvaggi abitatori di caverne, che i Romani snidavano con i cani feroci, non si può confondere con quella dei ricchi e pacifici edificatori delle tholoi di Isili o di Ballao o dei sapienti artefici dei bronzi di Uta...” Nel suo libro, Sergio Frau ripete più di una volta che “la Sardegna, per i Greci risulta antica. L’Isola è già antica per gli antichi”. Ed è vista prima come un Paradiso e poi un Inferno. Un concetto, quello della doppia visione, espresso anche dall’archeologo Michel Gras quando scrive: “La tradizione classica vuole nella Sardegna una terra inospitale che volta le spalle all’Italia. Questa tradizione ne ha soppiantata un’altra più antica che faceva dell’isola un fertile Eldorado”. Quindi c’è sempre questa doppia marcia della Sardegna. Una terra fertilissima e meravigliosa che poi diventa un luogo di malaria. Il terribile cataclisma interruppe la storia dell’Isola; la popolazione si rifugiò in parte nella Barbagia e in parte sulle alture dell’Italia Centrale, dando origine agli Etruschi. “Osservate bene i bronzetti nuragici- fa notare Frau- sono incredibili per il livello di civiltà che fotografano. Nello scudo hanno 4 pugnali, i paramani fino alle prime nocche delle dita e i gambali che proteggono le ginocchia. Sono delle armature che sarebbero tecnologicamente efficaci ed avanzate persino nel Medioevo. E gli stessi bronzetti che in Sardegna si trovano nei luoghi sacri, sono stati rinvenuti nelle tombe etrusche, accanto al morto, come a rappresentare un segnale etnico. Ne sono stati trovati centinaia nella penisola, insieme a vasi di tipo sardo e ad altri reperti marinari. Questo fa pensare, insieme alle fonti antiche, che i primi Tirreni, termine che deriva da Tyrsenoi “costruttori di torri” abitassero in Sardegna mentre dopo il cataclisma li ritroviamo sulle alture a Orte, Orvieto, Arezzo e Perugia: tutti posti molto distanti dal mare”.
Intervista di Marella Giovannelli a Sergio Frau