mercoledì, maggio 09, 2007

Il richiamo della tradizione nella Festa di una chiesetta affacciata su due mari

Foto e testo di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com

Un richiamo irresistibile, che sembra tramandarsi di generazione in generazione, è quello della Festa alla chiesetta di Nostra Signora del Monte, affacciata su due mari, in cima ad una cresta isolata e panoramica.
Anche quest’anno, il Comitato organizzatore ha coinvolto le vicine comunità di Marinella, Rudalza, Porto Rotondo, Olbia e Golfo Aranci, facendo rivivere, nelle giornate del 5 e 6 maggio, una tradizione antica e molto sentita.
Le celebrazioni sacre si sono alternate ai momenti di aggregazione e convivialità nello spirito tipico delle sagre campestri. Oggi come ieri, le stesse famiglie si ritrovano sotto le stesse cumbessias, strutture caratteristiche dei santuari campestri sardi.
Infatti, ogni nucleo familiare, ha il suo vano chiuso, “ereditato” dagli avi. Ai forestieri e agli ospiti, curiosi e piacevolmente stupiti, vengono offerte specialità casalinghe preparate sul posto o tirate fuori dai grandi cesti portati da casa.
La disposizione planimetrica delle cumbessias, legate alla tradizione delle feste lunghe come i “novenari”, richiama sorprendentemente i recinti sacri della cultura nuragica dell’età del ferro.
Mentre assaggiamo uno squisito formaggio di capra (ricetta segreta e non reperibile sul mercato), un gruppo di giovani rudalzini segue la cottura del maialino sullo sfondo di Capo Figari. La stessa cosa, fatta a suo tempo, dai loro padri, dai nonni e dai bisnonni che raggiungevano la chiesetta con il carro a buoi.
Sono decisamente cambiati i tempi, i mezzi di trasporto, l’abbigliamento dei partecipanti ma, l’atmosfera è sempre quella: si respira devozione popolare e senso innato di ospitalità, attitudine particolare per la musica e il ballo, orgoglio della propria identità e delle proprie radici.
Parliamo con gli anziani presenti alla festa; per loro è un appuntamento sacro ed irrinunciabile. Precisano che “dal 1798 i rudalzini, per le loro pratiche di pietà, si recavano alla chiesetta della Madonna del Monte, fatta edificare come ex-voto dal comandante di un veliero scampato ad un naufragio nel Golfo di Marinella” e proseguono nel loro racconto:
“Questa chiesetta era per noi un punto di ritrovo molto importante. Ci si andava con i carri a buoi o a piedi per la novena di maggio. Trascorrevamo lì, tra le cumbessias, la chiesetta e il grande esterno dalla vista mozzafiato, nove giorni e nove notti.
Ci portavamo dietro i materassi, le coperte e le cose più belle del corredo, oltre al vino di proprietà e al cibo, per il nostro uso e da offrire. A quei tempi, ogni famiglia aveva la sua vigna e produceva il suo vino; una volta alla settimana, a turno, le famiglie ammazzavano una bestia e dividevano la carne.
C'era una grande cultura del pane e della pasta che si preparavano in tutti i modi e in tutte le occasioni. Specialità del posto erano la zuppa gallurese, la cacciagione cucinata in vari modi e tantissimi tipi di dolci, anche molto fantasiosi e decorati. In occasione della Festa, per il pranzo nelle cumbessias alla Madonna del Monte, si portavano le cose più buone e, anche oggi, si è mantenuta questa tradizione”.