mercoledì, novembre 01, 2006

Tra castagne e streghe, il sortilegio di Aritzo

Testo e foto di Marella Giovannelli per www.marellagiovannelli.com

Tra castagne, streghe, funghi e dolci squisiti la sagra di Aritzo ha fatto il pieno anche quest’anno attirando almeno trentamila persone arrivate da tutta la Sardegna.
Innumerevoli le bancarelle sistemate nel paese che, essendo lungo e stretto, con una via principale e tanti vicoletti, qualche problemino di viabilità, in una manifestazione del genere, lo presenta. Speriamo che, nel 2007, 18° compleanno della Sagra, gli organizzatori attivino un servizio-navetta per evitare tappi, ingorghi e code nell’afflusso e deflusso dei visitatori.
L’edizione 2006, la numero diciasette, non si è fatta mancare nulla, forse per un eccesso di scaramanzia che ha raggiunto il suo apice nell’inquietante mostra “Is bruxas: magia e stregoneria in Sardegna tra il XV e il XVII secolo”.
L’esposizione è ospitata nelle carceri spagnole: una vecchia e massiccia costruzione del Seicento adibita, fino al dopoguerra, a carcere di massima sicurezza. Nel 1793 vi furono tenuti prigionieri alcuni ufficiali francesi, catturati durante un tentativo di sbarco da parte di Napoleone.
L'edificio, realizzato con pietra scistosa, fango e legno di castagno, è caratterizzato da un sottopassaggio a sesto acuto, chiamato "sa bovida" (la volta). Gli ambienti interni, oggi completamente ristrutturati, comprendono quattro locali che anticamente erano utilizzati come postazione di sorveglianza e come celle femminili e maschili. La mostra permanente, basata su un’approfondita ricerca storica, ha consentito di “scovare” ed esporre oggetti rituali di tipo religioso, magico e stregonesco.
I visitatori sono coinvolti emotivamente, anche per la ricostruzione degli ambienti, degli antri e delle celle dove sembrano rivivere sortilegi e fatture, credenze popolari e terribili maledizioni. Impressionante la parte dedicata all'Inquisizione che comprende una collezione di strumenti di tortura, utilizzati per secoli su migliaia di innocenti, accusati di stregoneria e di malefici.
Usciti dalle vecchie carceri, è forte il contrasto con l’atmosfera di festa che si respira in paese. Castagne e nocciole sono le attrici principali ma, a ruota, seguono i dolci tipici di Aritzo, i formaggi e le salsicce passando per la moltiplicazione dei pani...e dei funghi, dei mieli e dei torroni.
Forse per un accordo, più o meno tacito, il serpentone di bancarelle, ha una testa e una coda extra-comunitaria. Gli ambulanti africani ed asiatici si sono sistemati all’inizio e alla fine della lunghissima esposizione che riserva la parte centrale ai produttori locali o, comunque, provenienti da altri centri della Sardegna. Per cui, l’artigianato multi-etnico è ben rappresentato ma il cuore della sagra è isolano doc. Qui è un susseguirsi di spiedi dove sfrigolano i porcetti, minuscole rivendite di specialità casalinghe, esposizioni di abiti in velluto, gambali e coltelli. Affollate anche le mostre collaterali: del fungo (con 450 specie schedate, esposte e spiegate), dei minerali, del costume tradizionale di Aritzo, delle sculture in ceramica del professor Renzo Becuzzi e degli animali selvatici.
Tra questi c’è anche la copia perfetta di Elune, il ghiro sardo catturato lo scorso settembre nel Supramonte. Il ritrovamento ha destato scalpore perchè la specie si credeva estinta e l’ultimo avvistamento risaliva alla fine degli anni Ottanta.
Il ghiro, con l’avvoltoio, la martora, il porcospino, la volpe, il cinghiale e altri animali si ritrovano impagliati anche nelle vecchie case dai tipici balconi in legno. Negli alberghi e negli agriturismo della zona hanno recuperato le vecchie ricette della tradizione locale.
Da non perdere un tris di primi con risotto alle castagne e salsiccia, tagliatelle di farina di marroni con crema di porcini e ravioli farciti con funghi e castagne. Altra specialità del posto è sa carapigna: un sorbetto al limone che affonda le sue origini nell’antichissimo commercio della neve praticato dagli abitanti di Aritzo in tutta la Sardegna.
Folgorato come tanti dalla bellezza di questo villaggio, Gaston Charles Vuillier , alla fine dell’Ottocento, scriveva: “...Inerpicandoci lungo il sentiero, scorgiamo Aritzo, addossata contro la montagna, in una gola, su cui si stagliano il campanile pisano e le case rosa, gialle o nerastre, adorne di vecchi balconi in legno intagliato, circondate da foreste ingiallite.
Percorrere questo villaggio è la realizzazione del sogno di un artista. Le case fatte di pietra di scisto color ardesia, sono come ornate di pagliuzze d’argento, il sole ne trae scintillii di diamante, le tegole rosse dei tetti luccicano...”